Fringe benefit - Auto aziendali, si fa strada lipotesi di un rinvio

stato calcolato che la riforma del fringe benefit auto aziendale contenuta nella legge di bilancio per il 2025 - che dall'1 gennaio ha fatto aumentare il valore della retribuzione in natura, e quindi della tassazione a carico dei dipendenti e dei contributi a carico delle imprese sulle vetture a benzina e a gasolio - potrebbe provocare un crollo delle immatricolazioni di veicoli assegnati in uso promiscuo stimato tra il 30 e il 40% rispetto al 2024. Il provvedimento, il cui iter iniziò a fine ottobre in fase di stesura della legge di Bilancio, avrebbe inoltre un impatto non indifferente sia sui conti dello Stato in termini di gettito Iva sia su quelli delle province in termini di gettito Ipt, quest'ultimo stimato in circa 32 milioni di euro.Tre emendamenti per due alternative. Ecco perché si sta facendo strada una modifica non della riforma il Governo non può rinunciare al maggior gettito Irpef atteso e ormai scolpito sul bilancio dello Stato, pari a 560 milioni di euro nel periodo 2025-2031 - bensì delle sue modalità di entrata in vigore, diciamo così. Lo strumento a cui i legittimi portatori di interessi stanno guardando è il cosiddetto decreto Milleproroghe, attualmente in discussione in commissione alla Camera e atteso alla prova dell'aula per il prossimo 17 febbraio. Tre gli emendamenti che sono stati presentati e che hanno anche superato il vaglio dell'ammissibilità. Soluzione 1: rinvio all'1 luglio. I primi due, che vedono un'insolita convergenza tra Pd e Forza Italia, prevedono, in buona sostanza, una: proroga della riforma all'1 luglio 2025. In pratica, per i veicoli concessi in uso promiscuo con contratti stipulati entro il 30 giugno 2025 resterebbe ferma l'applicazione della precedente disciplina, basata sulle emissioni di anidride carbonica delle vetture e non, come adesso, sull'alimentazione con un vantaggio fiscale per le macchine elettriche e plug-in e uno svantaggio per tutte le altre (tranne quelle con emissioni superiori a 190 g/km).Soluzione 2: clausola di salvaguardia. Il terzo emendamento, invece, stabilisce che le nuove disposizioni non si applichino ai veicoli immatricolati a partire dal 1 gennaio 2025 ma contrattualizzati entro il 31 dicembre 2024. In pratica, una sorta di clausola di salvaguardia che farebbe salve le vetture ordinate prima dell'entrata in vigore della riforma, in molti casi persino prima che la proposta di riforma fosse resa pubblica dal governo con il disegno di legge approvato a metà ottobre. La prossima settimana il verdetto. Come finirà? Impossibile prevederlo. Di certo c'è che i primi due emendamenti, se approvati nella loro identica formulazione, impatterebbero sui fragili conti dello Stato. Dunque, non è detto che il governo nella persona del guardiano del bilancio, il ministro dell'Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti conceda la sua benedizione nonostante le pressioni del mondo imprenditoriale. Molte più possibilità, invece, avrebbe la terza proposta di modifica, coerente, oltretutto, con l'impostazione data dal governo giallo-verde allora in carica in occasione della precedente modifica introdotta con la legge di bilancio per il 2020. Se ne saprà di più la prossima settimana, quando si inizierà a votare.

Feb 1, 2025 - 04:12
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Fringe benefit - Auto aziendali, si fa strada lipotesi di un rinvio

stato calcolato che la riforma del fringe benefit auto aziendale contenuta nella legge di bilancio per il 2025 - che dall'1 gennaio ha fatto aumentare il valore della retribuzione in natura, e quindi della tassazione a carico dei dipendenti e dei contributi a carico delle imprese sulle vetture a benzina e a gasolio - potrebbe provocare un crollo delle immatricolazioni di veicoli assegnati in uso promiscuo stimato tra il 30 e il 40% rispetto al 2024. Il provvedimento, il cui iter iniziò a fine ottobre in fase di stesura della legge di Bilancio, avrebbe inoltre un impatto non indifferente sia sui conti dello Stato in termini di gettito Iva sia su quelli delle province in termini di gettito Ipt, quest'ultimo stimato in circa 32 milioni di euro.

Tre emendamenti per due alternative. Ecco perché si sta facendo strada una modifica non della riforma il Governo non può rinunciare al maggior gettito Irpef atteso e ormai scolpito sul bilancio dello Stato, pari a 560 milioni di euro nel periodo 2025-2031 - bensì delle sue modalità di entrata in vigore, diciamo così. Lo strumento a cui i legittimi portatori di interessi stanno guardando è il cosiddetto decreto Milleproroghe, attualmente in discussione in commissione alla Camera e atteso alla prova dell'aula per il prossimo 17 febbraio. Tre gli emendamenti che sono stati presentati e che hanno anche superato il vaglio dell'ammissibilità.

Soluzione 1: rinvio all'1 luglio. I primi due, che vedono un'insolita convergenza tra Pd e Forza Italia, prevedono, in buona sostanza, una: proroga della riforma all'1 luglio 2025. In pratica, per i veicoli concessi in uso promiscuo con contratti stipulati entro il 30 giugno 2025 resterebbe ferma l'applicazione della precedente disciplina, basata sulle emissioni di anidride carbonica delle vetture e non, come adesso, sull'alimentazione con un vantaggio fiscale per le macchine elettriche e plug-in e uno svantaggio per tutte le altre (tranne quelle con emissioni superiori a 190 g/km).

Soluzione 2: clausola di salvaguardia. Il terzo emendamento, invece, stabilisce che le nuove disposizioni non si applichino ai veicoli immatricolati a partire dal 1 gennaio 2025 ma contrattualizzati entro il 31 dicembre 2024. In pratica, una sorta di clausola di salvaguardia che farebbe salve le vetture ordinate prima dell'entrata in vigore della riforma, in molti casi persino prima che la proposta di riforma fosse resa pubblica dal governo con il disegno di legge approvato a metà ottobre.

La prossima settimana il verdetto. Come finirà? Impossibile prevederlo. Di certo c'è che i primi due emendamenti, se approvati nella loro identica formulazione, impatterebbero sui fragili conti dello Stato. Dunque, non è detto che il governo nella persona del guardiano del bilancio, il ministro dell'Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti conceda la sua benedizione nonostante le pressioni del mondo imprenditoriale. Molte più possibilità, invece, avrebbe la terza proposta di modifica, coerente, oltretutto, con l'impostazione data dal governo giallo-verde allora in carica in occasione della precedente modifica introdotta con la legge di bilancio per il 2020. Se ne saprà di più la prossima settimana, quando si inizierà a votare.