Festival di Sanremo e non solo: la triste attualità dell’antimeridionalismo nell’Italia di oggi

Ma facciamo un passo indietro. Geolier, giovanissimo rapper partenopeo, gareggia nella scorsa edizione del festival con la viralissima I p’ me tu p’ te, canzone in dialetto napoletano, e si classifica secondo dopo aver vinto la tanto amata serata cover insieme ai colleghi Guè, Luchè e Gigi D’Alessio. Da lì in poi, il web si […] The post Festival di Sanremo e non solo: la triste attualità dell’antimeridionalismo nell’Italia di oggi appeared first on The Wom.

Gen 31, 2025 - 14:03
 0
Festival di Sanremo e non solo: la triste attualità dell’antimeridionalismo nell’Italia di oggi
Finalmente possiamo dirlo: Sanremo è alle porte. Il tanto atteso momento sta arrivando. E come ogni anno, oltre alla musica e al sano gossip, il festival porta con sé anche diverbi e polemiche su questioni culturali e politiche. C’è chi non sopporta questo risvolto, in quanto crede che l’unico scopo del festival debba essere l’intrattenimento e c’è chi, come me, sfrutta la cosiddetta “settimana santa” per osservare il modo in cui un fenomeno di massa è capace di portare all’attenzione pubblica temi che spesso sono oggetto di discussione solo in piccole “bolle”. In attesa quindi di scoprire quali saranno quelle che animeranno la settantacinquesima edizione dell’evento più atteso d’Italia, ripercorriamo brevemente la polemica 2024 che vede come protagonisti il dialetto, Geolier e l’anteridionalismo. Polemica di cui quest’anno non sentiremo parlare, perché dopo il suo scandaloso epilogo, in questa edizione del Festival si è deciso di non ammettere canzoni in dialetto

Ma facciamo un passo indietro. Geolier, giovanissimo rapper partenopeo, gareggia nella scorsa edizione del festival con la viralissima I p’ me tu p’ te, canzone in dialetto napoletano, e si classifica secondo dopo aver vinto la tanto amata serata cover insieme ai colleghi Guè, Luchè e Gigi D’Alessio. Da lì in poi, il web si è rivoltato. Sui social arrivano migliaia di commenti d’odio, insinuano che il televoto sia pilotato e fanno poco velatamente leva sul fatto che “i napoletani avranno sicuramente imbrogliato per farlo vincere, lo sapete quelli come sono”. C’è chi addirittura propone fieramente di vietare il televoto da Roma in giù.

Sì, l’antimeridionalismo esiste ancora

Quello che succede pre e post televoto finale rivela una delle piaghe sociali di questo paese, una di quelle che facciamo ancora un po’ fatica a riconoscere come vera e propria discriminazione: l’antimeridionalismo, ovvero la discriminazione agita nei confronti delle persone del sud, che si manifesta in tanti sudboli modi diversi. Dallo scandaloso e sempreverde “non si affitta a meridionali” sugli annunci di case e stanze per fuorisede nei grandi centri urbani del nord (sì, ancora oggi) alle fastidiose imitazioni dell’accento, fino alla generalizzata presunzione di ignoranza o criminalità meridionale. Tutti comportamenti che rendono ancora oggi dolorosa la quotidianità delle persone che sono costrette a spostarsi dal sud verso il centro-nord per studiare o per cercare lavoro. Certo, non siamo più negli anni Sessanta, ma la mobilità forzata delle persone del sud non si è mai arrestata e questo specifico tipo di discriminazione è stata silenziata così a lungo da rimanere indisturbata nel nostro tessuto sociale, pronta a manifestarsi qua e là ad ogni occasione. I commenti insultanti sotto i post instagram di Geolier, i video risposte alla classifica di Sanremo, i fischi della platea e le fastidiose domande dei giornalisti in sala stampa hanno solo reso questo fenomeno, finalmente, esplicito. Talmente esplicito che, onde evitare che il brutto fatto si ripeta e che altri cantanti vivano quello che ha vissuto Geolier,

quest’anno la direzione artistica del Festival di Sanremo ha ben pensato di vietare qualsiasi canzone il cui testo sia interamente in dialetto

Vanno bene i ritornelli, ma senza esagerare, che poi si fa di nuovo polemica e si sa, l’interesse del Festival è la musica, mica aprirsi a tradizioni e culture meridionali. Insomma, una gestione tipicamente italiana: invece di educare alle differenze, rendiamole il meno visibili possibile. Così, alla prossima canzone neomelodica passata in radio, storceremo nuovamente il naso pensando a quanto è più bella Va’ Pensiero.

LEGGI ANCHE – Aggressioni omofobe: l’Italia che non ci appartiene

L’importante è che se ne parli? 

Tornando allo scorso anno, il tema è diventato talmente centrale da monopolizzare per giorni il dibattito sia sui social che sui giornali. Tutto bello, ma si sa che quando non si hanno gli strumenti si fa parecchia confusione. Infatti si è parlato troppo spesso di “razzismo nei confronti delle persone del sud” e troppo poco di  “antimeridionalismo”, nemmeno fosse una parolaccia. Pur comprendendo le buone intenzioni di chi usa questi termini come intercambiabili, è necessario fare una piccola-grande specifica: ogni discriminazione, pur avendo radici storiche e culturali vicine o addirittura assimilabili, nel contesto odierno assume nuovi significati e nuove manifestazioni. In questo caso, usare il termine razzismo per raccontare un’altra storia – per quanto simile in alcune caratteristiche – ci può confondere.

La discriminazione messa in atto verso le persone meridionali lascia profonde ferite e traumi non indifferenti, portando a mettere in discussione il valore della propria identità e della propria cultura, portando talvolta a nasconderle, pur di ricevere accettazione da chi discrimina

E non c’è nulla di più triste di perdersi per strada e rinunciare a parte della propria storia in nome delle convenzioni sociali. Ma anche se l’antimeridionalismo è ben lontano dall’essere un ricordo di epoche passate, non possiamo dimenticarci che viviamo in un paese in cui è legale il sistema dei Cpr – Centri di Permanenza per il Rimpatrio e della detenzione amministrativa per le persone definite migranti irregolari, paese in cui è stato più volte indagato il rapporto tra etnia e abusi di potere da parte delle forze dell’ordine, paese in cui le aggressioni violente a sfondo razziale sono tristemente quasi all’ordine del giorno. Usare le stesse parole per raccontare tutte le storie vuol dire appiattire le differenze che le rendono uniche, e che rendono uniche anche le singole storie di resistenza delle comunità schiacciate da stereotipi e discriminazioni. 

Questo non identifica una gerarchia di sofferenze, il punto non è questo. Il punto è che sono cose diverse, e per quanto sia le teorie razziste che antimeridionaliste abbiano alla base le stesse radici teoriche, che definiscono le persone razzializzate e le persone meridionali come inferiori rispetto a una norma bianca e settentrionale, la forbice tra i due fenomeni si è, nei secoli, allargata e oggi necessitano di parole diverse per essere compresi, analizzati e risolti.

C’è bisogno di un nuovo vocabolario per la resistenza meridionalista, che non sovrascriva altri vissuti dolorosi. Ce lo insegnano le preziose alleanze tra le comunità

Non è vero che sono due facce della stessa medaglia, sono piuttosto facce simili di medaglie diverse. Possiamo e dobbiamo riconoscere la responsabilità che abbiamo in quanto società di prenderci cura di tutte le persone e culture che abbiamo obbligato ai margini, che si tratti del sud della nazione o del sud del mondo. Possiamo e dobbiamo dare dignità a tutte le storie, con le loro similitudini e differenze. E per farlo dobbiamo imparare a chiamare le cose con il loro nome.

The post Festival di Sanremo e non solo: la triste attualità dell’antimeridionalismo nell’Italia di oggi appeared first on The Wom.