Dopo un mese, ancora non si sa l’entità del disastro causato dalle petroliere russe nel mar Nero
Potrebbero essere addirittura 5mila le tonnellate di carburante riversate nel mar Nero da due petroliere russe, travolte da una tempesta il 15 dicembre.
- A dicembre una violenta tempesta ha travolto due petroliere russe nel mar Nero.
- Il combustibile si è riversato in mare e sulle spiagge, con pesanti conseguenze su flora e fauna.
- Il governo russo ha stanziato altri fondi per la bonifica che appare ancora difficile.
A distanza di oltre un mese, ci sono ancora molte cose che non sappiamo delle due petroliere russe che sono state travolte da una tempesta nel mar Nero a dicembre. Ma, per quanto le informazioni siano spesso parziali e ufficiose, appare sempre più chiaro che gli incidenti abbiano provocato un disastro ambientale di enormi proporzioni. Secondo alcuni esperti interpellati dalle testate internazionali, addirittura il peggiore a cui la Russia abbia dovuto far fronte nel Ventunesimo secolo.
Cosa sappiamo degli incidenti delle due petroliere russe
Era il 15 dicembre quando, durante una violenta tempesta, la nave Volgoneft-212 si è spezzata a metà nei pressi dello stretto di Kerch, quello che separa la Russia continentale dalla Crimea, annessa illegalmente da Mosca nel 2014. L’incidente ha provocato la morte di un membro dell’equipaggio. Una seconda petroliera (la Volgoneft-239) è rimasta incagliata a circa 80 metri di distanza dalla costa, all’altezza del porto di Taman.
Entrambe erano navi molto vecchie (la prima era stata costruita nel 1969 e poi ristrutturata, la seconda nel 1973) e, messe insieme, trasportavano circa 9mila tonnellate di combustibile. Le autorità russe sostengono che si tratti di Mazut M100, un sottoprodotto della lavorazione del petrolio, denso e viscoso, che di norma viene bruciato nelle centrali termiche, negli impianti di cogenerazione o in altre industrie che necessitano di fonti di calore a basso costo.
Il disastro ambientale in corso nel mar Nero
Dopo aver esaminato i comunicati ufficiali, le notizie diffuse dai mass media e le immagini satellitari, la Bbc sostiene che siano finite in mare fino a 5mila tonnellate di combustibile, disperse tra il mar Nero e il mare di Azov. I media locali parlano di un’area coinvolta che, considerando il mare e la costa, in tutto si estende su circa mille chilometri quadrati. Stime che sono complesse di per sé e lo diventano ancora di più nel momento in cui circolano informazioni tardive e lacunose. Stando a quanto dichiarato da Viktor Danilov-Danilyan, responsabile scientifico dell’Accademia russa delle scienze, “è il primo sversamento di una simile quantità di combustibile”.
Pesantissimo l’impatto su flora e fauna. Un comunicato di Greenpeace Ucraina parla di 32 cetacei morti (soprattutto focene) e migliaia di uccelli con le piume impregnate di petrolio. Essendo così denso e pesante, inoltre, il combustibile non resta in superficie ma tende a sprofondare. Ciò significa che, se non viene rimosso immediatamente, bisogna aspettare che si biodegradi naturalmente. Un processo che richiede decenni. Nel frattempo, si accumula negli organismi filtratori come i molluschi, avvelena quelli bentonici (come alghe e crostacei) e i pesci che se ne nutrono. Con possibili conseguenze sulla catena alimentare.
Gli interventi di bonifica coordinati dalle autorità russe
Altrettanto difficile è capire a che punto siano gli interventi di bonifica. Il New York Times fa sapere ad esempio che la costa di Anapa, località balneare affacciata sul mar Nero, non sono state ripulite abbastanza in fretta: l’unica opzione rimasta dunque è quella di rimuovere grandi masse di sabbia impregnata di petrolio, sventrando le spiagge. Gli operatori, affiancati anche da centinaia di volontari, si sono già messi all’opera su circa 800 chilometri di costa, raccogliendo circa 160mila tonnellate di terreno e sabbia contaminata e 25 tonnellate di liquidi. Ma è un lavoro lungo, lento e faticoso.
Nella giornata di domenica 26 gennaio, il governo russo ha reso noto di avere stanziato altri 1,5 miliardi di rubli (circa 14,7 milioni di euro) per le operazioni di bonifica. Tre giorni prima il presidente Vladimir Putin aveva ordinato uno studio sulle condizioni della flotta di petroliere russe e sulle ultime novità scientifiche sulla bonifica di simili disastri ambientali.