Che delusione la prima settimana di Trump per i mercati finanziari! E adesso?
La prima settimana di Donald Trump come presidente è stata sorprendentemente tranquilla dal punto di vista dei mercati finanziari. Nonostante…
La prima settimana di Donald Trump come presidente è stata sorprendentemente tranquilla dal punto di vista dei mercati finanziari. Nonostante le attese per una raffica di annunci e politiche che avrebbero potuto scuotere i mercati, le azioni concrete sono state minime, portando a un certo sollievo tra gli investitori.
I temi chiave di interesse – commercio e tasse – sono rimasti in gran parte non affrontati. Non c’è stato alcun annuncio di tariffe universali, nonostante le promesse pre-elettorali, e le minacce di imporre dazi su Canada e Messico a partire dal 1° febbraio sembrano più una tattica negoziale che una certezza. Anche sul fronte fiscale, non ci sono state novità significative. Nel frattempo, Trump ha continuato a spingere per tassi d’interesse più bassi e per un calo del prezzo del petrolio, mostrando un approccio spesso in conflitto con il presidente della Fed, Jerome Powell.
Tuttavia, l’assenza di azioni decisive non ha eliminato del tutto il rischio legato alla nuova amministrazione. I mercati potrebbero essere troppo compiacenti, sottovalutando la possibilità di futuri shock. Questa incertezza ha portato a una sorta di paralisi nel mercato: gli investitori preferiscono aspettare maggiore chiarezza prima di prendere posizioni significative.
Politica monetaria globale
Sul fronte della politica monetaria, la Banca del Giappone ha aumentato il tasso di riferimento di 25 punti base, portandolo allo 0,50%, il livello più alto dal 2008. Sebbene previsto, questo aumento potrebbe influenzare i “carry trade”, già messi a rischio da una maggiore volatilità nei mercati.
Altrove, la Norges Bank ha mantenuto i tassi stabili ma ha confermato un possibile taglio a marzo. Nel frattempo, la Banca Centrale Europea (BCE) si prepara a un taglio di 25 punti base questa settimana, nonostante i dati PMI dell’eurozona abbiano mostrato un lieve miglioramento, con l’indice composito tornato sopra il livello di espansione (50,2).
Nel Regno Unito, i dati PMI sono stati migliori del previsto, ma l’ottimismo è stato smorzato da un aumento della disoccupazione e dalla debolezza dell’economia in generale, soffocata da politiche fiscali restrittive.