Alan Friedman: “Trump minaccia e poi tratta. L’Ue ascolti Mattarella”
Il giornalista e scrittore Usa: siamo solo all’inizio di quattro lunghi anni, allacciamo le cinture. “The Donald calpesta ogni regola, l’Europa sia unita davvero e alzi la voce”
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Roma, 6 febbraio 2025 – Un presidente che ha fatto saltare tutte le regole, un’Europa che deve trovare una sua identità e fare sentire la sua voce. Alan Friedman, giornalista e scrittore statunitense, autore del libro La fine dell’Impero americano, edito da La nave di Teseo, spiega quali siano le caratteristiche del secondo mandato del tycoon.
Alan Friedman, che idea si è fatto di queste prime mosse di Donald Trump?
“Siamo soltanto all’inizio di quattro lunghi anni. Bisogna allacciare le cinture perché Donald Trump sta per calpestare ogni norma, prassi e valore della democrazia liberale che abbiamo costruito in questi ultimi 80 anni. Il mondo non è abituato ad avere un’America che non solo non difende la democrazia, ma con un presidente degli Stati Uniti che si comporta come i peggiori aggressori del mondo”.
Anche il registro linguistico sembra più quello di un uomo d’affari spregiudicato che di un capo di Stato. Quale strategia si cela dietro a questa scelta?
“Trump tende a minacciare prima e a negoziare dopo. All’inizio la spara sempre grossa, qualunque sia il tema, che si parli di Groenlandia, di Panama, di Canada o Messico poco importa. Per quanto riguarda le dichiarazioni sul Medio Oriente, invece, c’è una differenza qualitativa importante”.
Quale?
“Quando Trump dice che gli Stati Uniti dovrebbero impadronirsi della Striscia di Gaza e farne, per usare le sue parole, una riviera del Mediterraneo, non è una minaccia. Rappresenta un desiderio del presidente degli Stati Uniti, il desiderio di realizzare un piano. Il problema è che non solo queste dichiarazioni sono difficilmente concretizzabili, ma per la prima volta, anche se in modo non violento, il presidente degli Stati Uniti ha proposto una specie di pulizia etnica e questo è un grosso problema perché il capo della Casa Bianca deve condannare l’idea di una pulizia etnica, non proporla”.
Quali possono essere le conseguenze della sua retorica?
“C’è una vera e propria escalation, non solo della retorica. Credo che questa politica genererà ancora più problemi in Medio Oriente. La settimana prossima, il re Abdallah di Giordania sarà ricevuto a Washington e Trump farà di tutto per metterlo sotto pressione. Poi sarà la volta del presidente egiziano Al-Sisi. Anche lui non ne vuole sapere del piano del presidente. Oltre ai diretti interessati, abbiamo visto altri contrari all’idea di Trump. La Cina di Xi Jinping, la Francia di Macron. Alcuni europei, ma troppo pochi. Sembra che l’Europa sia ancora incerta e divisa su come comportarsi con Trump, ma questo non porta nulla di buono”.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, due giorni fa a Marsiglia, ha pronunciato un discorso dai toni molto chiari su come debba essere l’Europa di domani, non vassalla ma protagonista.
“Penso che Mattarella, con il solito stile sobrio, elegante ed eloquente, abbia espresso la realtà. L’Unione Europea deve decidere se essere un vassallo o una potenza mondiale, se unirsi o frammentarsi. Deve decidere se subire quello che Trump imporrà o resistere. In questo momento vedo europei divisi, impauriti e preoccupati. È ora che l’Europa alzi la sua voce. Il problema è: quale Europa”.
A proposito di frammentazione, gli Usa di Trump stanno minando anche le istituzioni e le organizzazioni multilaterali. Crede che questo porterà vantaggi a Washington?
“Al contrario, smantellare il sistema multilaterale è più che una stupidaggine. Ed è un errore grosso, a mio avviso, perché crea una grande opportunità per la Cina, la Russia e i dittatori di tutto il mondo. La politica isolazionista non solo danneggia la reputazione dell’America, ma crea vuoti di potere geopolitici e commerciali che la Cina è prontissima a riempire”.