Accordo Generali-Natixis, il governo chiede garanzie al gruppo italiano
Il governo vuole ulteriori garanzie che Generali mantenga il pieno controllo dell'allocazione dei risparmi raccolti in Italia
Ci sarebbero grandi preoccupazioni sull’accordo tra Generali e la francese BPCE da parte del governo, che ha richiesto garanzie riguardo al mantenimento del controllo da parte del gruppo italiano sull’allocazione dei risparmi raccolti nel paese. La conferma è arrivata da tre fonti molto vicine alla questione.
L’accordo tra Generali e Natixis
L’accordo non vincolante tra Generali e BPCE raggiunto questo mese punta a creare il più grande asset manager europeo per fatturato, unendo le attività di Generali Investments Holding (GIH) e Natixis Investment Managers.
L’operazione porterà alla creazione di uno dei principali operatori globali nel settore dell’asset management, con 1.900 miliardi di euro di asset in gestione. Generali Investments (GIH) contribuirà con oltre 630 miliardi di euro in asset under management, mentre BPCE, attraverso Natixis Investment Managers, apporterà 1.300 miliardi di euro, come confermato dal Group Ceo di Generali, Philippe Donnet, in conferenza stampa.
Generali e BPCE hanno dichiarato che manterranno piena autonomia decisionale sull’allocazione dei rispettivi asset. In base all’accordo, la loro gestione sarà centralizzata in una joint venture, detenuta pariteticamente da Natixis Investment Managers (Natixis IM) e Generali Investments Holding (GIH), che ha tra i suoi investitori di minoranza l’assicurazione taiwanese Cathay Life con il 16,75%.
A margine dell’Investor Day, Donnet, ha definito l’accordo “un’opportunità unica, strategica per Generali, per costruire un soggetto leader in Europa e nel mondo. Questa operazione creerà molto valore per Generali, e porta benefici ai clienti”.
Le preoccupazioni del governo
Il governo richiede maggiori chiarimenti riguardo alla distinzione tra le figure di asset owner (proprietario degli asset) e asset manager (gestore degli asset) nell’ambito di questa operazione. A quanto riferito da fonti, Roma ha sempre preteso di esaminare attentamente tutti i contratti prima di autorizzare le operazioni che rientravano nella sua sfera di competenza. Ancora di più quando in campo ci sono 5.000 miliardi di euro di ricchezza finanziaria degli italiani, una risorsa ritenuta fondamentale da Giorgia Meloni per rifinanziare il debito pubblico da 3.000 miliardi di euro.
L’accordo in questione è soggetto all’approvazione del governo italiano, in conformità alla normativa sul golden power, che conferisce a Roma la facoltà di proteggere le aziende considerate di rilevanza strategica nazionale da interessi indesiderati. Nell’applicazione di tali regole, occorre tener conto dei trattati dell’Unione Europea che tutelano la libera circolazione dei capitali, limitando di fatto qualsiasi altro potere di intervento. Tuttavia, il governo può stabilire condizioni per l’operazione per garantire che i centri decisionali chiave rimangano in Italia, come ha confermato una delle fonti.
Durante la presentazione dell’operazione ai mercati il 21 gennaio, Donnet, ha dichiarato che il governo era stato informato in anticipo sull’operazione, quindi non avrebbe dovuto esserci alcuna sorpresa. Tuttavia, a causa degli accordi di riservatezza che vincolano i dirigenti di Generali, i rappresentanti del governo non sono stati in grado di ottenere i dettagli che desideravano, ha riferito una delle fonti. La stessa fonte ha aggiunto che i contatti tra le parti continueranno e che è previsto un nuovo incontro già la prossima settimana.