Sci alpino, perchè i trionfi in serie delle ragazze non fanno presa sul grande pubblico? È l’età dell’oro, ma pochi se ne accorgono
Sabato 25 gennaio 2025 abbiamo assistito all’uno-due italiano nella discesa libera femminile di Garmisch-Partenkirchen. Federica Brignone si è imposta davanti a Sofia Goggia, superandola per un solo centesimo. Il risultato è significativo, poiché ha permesso allo sci alpino azzurro di archiviare la ventesima doppietta nella storia della Coppa del Mondo. Certo, niente di comparabile alle […]
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Sabato 25 gennaio 2025 abbiamo assistito all’uno-due italiano nella discesa libera femminile di Garmisch-Partenkirchen. Federica Brignone si è imposta davanti a Sofia Goggia, superandola per un solo centesimo. Il risultato è significativo, poiché ha permesso allo sci alpino azzurro di archiviare la ventesima doppietta nella storia della Coppa del Mondo.
Certo, niente di comparabile alle 103 firmate dall’Austria o alle 61 di fattura elvetica. Anche il movimento francese (31) e quello tedesco (25) nelle sue varie declinazioni sono ancora davanti a quello tricolore. Cionondimeno, il dato da sottolineare è un altro. Riguarda la frequenza con cui si stanno verificando le gare con due italiane nelle prime due posizioni.
Tutto cominciò nello slalom di Limone Piemonte, disputato il 23 gennaio 1984. Daniela Zini si impose davanti a Maria Rosa Quario. Sono poi trascorsi nove anni prima del successivo uno-due, conseguito da Bibiana Perez e Morena Gallizio nella combinata di Hafjell del marzo 1993. È venuto poi l’impulso di Deborah Compagnoni e Sabina Panzanini (1996-1997), seguito da quello sempre capitanato da Karen Putzer (con Alessandra Merlin, Daniela Ceccarelli e Denise Karbon) tra il 1999 e il 2003.
Poi, un vuoto. Si è arrivati a cinquanta stagioni di Coppa del Mondo con un totale di sette doppiette azzurre. Dopodiché, dal 19 marzo 2017, tutto è cambiato. È cominciata l’epoca di Federica Brignone e Sofia Goggia, ma anche Marta Bassino ed Elena Curtoni hanno fatto la loro parte. Così, lo sci alpino femminile d’Italia, ha festeggiato la bellezza di tredici uno-due in meno di otto anni solari.
C’è la concreta possibilità che nell’arco di nove inverni, le azzurre completino un numero doppio di doppiette (il gioco di parole è voluto, colpevole vostro onore) rispetto ai cinquanta precedenti! Questo per sottolineare in quale epoca d’oro stiamo vivendo. Non si scopre niente di nuovo, ma è giusto rimarcare la piega presa dagli eventi anche, e soprattutto, quando vanno bene.
Purtroppo si vive una fase storica della società in cui vanno per la maggiore tagli editoriali feroci, improntati su critica, sensazionalismo e risonanza riservata soprattutto alle emozioni negative (rabbia, sconforto, indignazione). Così facendo, però, si vanno a perdere aspetti positivi e periodi di grazia, che vengono irrazionalmente ignorati.
Peraltro, bisognerebbe chiedersi perché e percome un’età aurea quale quella dello sci alpino femminile non faccia presa sul grande pubblico quanto – in passato – sia risuscita a fare Deborah Compagnoni, oppure la “Valanga Azzurra”. Alberto Tomba non lo si cita neppure, poiché è stato quel genere di fenomeno nazionalpopolare che si verifica una volta ogni decennio (siamo nella stessa categoria di Marco Pantani, Valentino Rossi e Jannik Sinner).
Questo è però un tema più ampio, degno di un’analisi sociologica approfondita. Non è questa la sede per disquisirne o trattarlo, a chi di dovere il compito di farlo (se vorrà). Qui ci si limita a rimarcare come le ragazze dello sci abbiano raggiunto una significativa pietra miliare; ed altre ne raggiungeranno, sino a quando la salute e la motivazione di questa generazione persevereranno.