Possibili vincitori e vinti della scienza con il ritorno di Trump
Con l'insediamento di Trump scienziati e accademici, in base ai loro settori di appartenenza, si dividono tra chi si aspetta politiche favorevoli e chi, invece, teme tagli nel proprio ambito di ricerca. La Cina, intanto, occuperà il vuoto lasciato dagli Usa con l'addio all'Oms? Ecco cosa aspettarsi dal prossimo mandato
Con l’insediamento di Trump scienziati e accademici, in base ai loro settori di appartenenza, si dividono tra chi si aspetta politiche favorevoli e chi, invece, teme tagli nel proprio ambito di ricerca. La Cina, intanto, occuperà il vuoto lasciato dagli Usa con l’addio all’Oms? Ecco cosa aspettarsi dal prossimo mandato
Durante il suo primo mandato alla Casa Bianca (2017-2021), Donald Trump ha promosso rimedi e trattamenti contro il Covid-19 non provati e ha negato i rischi del cambiamento climatico. Ha anche indebolito gli scienziati delle sue stesse agenzie e ha ripetutamente cercato di tagliare i fondi per la scienza, sebbene il Congresso abbia protetto agenzie federali come i National Institutes of Health (NIH), la National Science Foundation (NSF) e l’Environmental Protection Agency (EPA) dai tagli più drastici.
Memori di questo, ora i ricercatori sostengono che per settori come le scienze ambientali e le malattie infettive, i prossimi quattro anni potrebbero essere ancora più avversi. Attraverso il Dipartimento per l’efficienza del governo nuovo di zecca, co-diretto dal miliardario Elon Musk, Trump ha dichiarato che taglierà il numero di “burocrati non eletti” che sviluppano regolamenti. Questo, osserva Nature, potrebbe includere migliaia di scienziati presso l’EPA e la Food and Drug Administration (FDA). Il neopresidente sta anche pianificando di eliminare le tutele occupazionali per molti lavoratori federali, il che gli permetterebbe di sostituire più facilmente scienziati e altri specialisti con fedeli incaricati politici.
Tuttavia, non tutti gli scienziati e accademici si sentono minacciati. Ecco come si dividono sull’argomento.
GLI SCIENZIATI DEL CLIMA E DELL’AMBIENTE TEMONO IL PEGGIO
Tra i meno fiduciosi nelle politiche del presidente degli Stati Uniti ci sono sicuramente gli scienziati che si occupano di clima e ambiente. Difficile dargli torto considerando che, con uno degli ordini esecutivi firmati il giorno dell’insediamento, Trump ha siglato, di nuovo, l’uscita dall’Accordo di Parigi, trattato simbolo dell’impegno contro il cambiamento climatico.
“Come nel suo primo mandato – scrive Nature -, Trump dovrebbe ridurre o allentare le norme sulle sostanze chimiche tossiche, sui gas serra e su altri tipi di inquinamento, sostenendo che queste norme danneggiano l’economia. Gli sforzi per tagliare i costi e il personale probabilmente colpiranno in modo particolare l’EPA, ma anche i programmi di ricerca ambientale di altre agenzie, come la NASA e l’Amministrazione Nazionale Oceanica e Atmosferica”.
Inoltre, se durante il primo mandato il Congresso aveva contrastato le iniziative di Trump, ora, secondo la rivista scientifica, “molti repubblicani si stanno schierando dietro le richieste di Musk di ridurre massicciamente la spesa federale”. E visto che gli sforzi per ridurre il personale potrebbero richiedere tempo, Russell Vought, scelto per guidare l’Ufficio per la gestione e il bilancio della Casa Bianca, non esclude le maniere forti.
CAPITOLO SALUTE
Non mancano le preoccupazioni anche sul fronte delle politiche sanitarie, mentre altri ricercatori confidano in un rinnovato interesse per le malattie croniche, come diabete e obesità, e i rischi per la salute dei cibi ultra-processati – stando alle dichiarazioni di Robert F. Kennedy Jr, il quale dirigerà il dipartimento per la Salute (HHS), che ha la supervisione di agenzie come NIH, FDA e Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC), per un valore di quasi 2 trilioni di dollari.
Come pensa di fare, per Nature, “non è chiaro” ma in quanto capo dell’HHS, avrebbe ampio potere sulla regolamentazione di farmaci e vaccini, sul pagamento dei servizi sanitari, sul finanziamento della ricerca biomedica e sulla comunicazione delle iniziative di salute pubblica.
Stando agli addetti ai lavori, nell’agenda di RFK Jr non figurano un piano per rafforzare la preparazione degli Stati Uniti alle malattie infettive – nonostante i vari appelli lanciati dagli esperti a non sottovalutare l’influenza aviaria che si teme possa causare la prossima pandemia.
Infine, anche per la biomedicina, soprattutto per quanto riguarda la ricerca dell’innovazione, potrebbero esserci spiacevoli sorprese, specialmente a causa della presenza di Elon Musk, il quale ha criticato l’eccessiva lentezza delle approvazioni dei farmaci. Si veda la fretta e la segretezza che contraddistingue la sua azienda di dispositivi di interfaccia cervello-computer, Neuralink.
CHI PUÒ (FORSE) RILASSARSI
Più tranquilli, secondo Nature, sono invece gli scienziati e gli accademici che si occupano di esplorazione spaziale ma soprattutto di “industrie del futuro” quali intelligenza artificiale (IA), scienze quantistiche e tecnologia. Anche perché, come ha osservato Mohammed Soliman, direttore del programma di tecnologie strategiche e cybersicurezza presso il Middle East Institute di Washington DC: “L’intelligenza artificiale e la scienze quantistiche sono il nuovo terreno di scontro tra Stati Uniti e Cina, ed entrambi lo sanno. Non si tratta solo di politica, ma di una corsa agli armamenti tecnologici”.
GLI USA CEDONO IL POSTO ALLA CINA NELLA SALUTE GLOBALE?
Ma fuori dai confini e proprio a proposito di Cina, c’è chi si chiede se l’addio all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), altro decisione presa con i primi ordini esecutivi, lascerà campo libero alla Cina – con possibili rischi per la salute mondiale. “Il loro ritiro – scrive Quotidiano Sanità – crea di fatto un vuoto politico che solo un paese ad oggi può colmare, anche sotto il profilo della capacità di finanziamenti: la Cina. Il primo passo del sovranismo a stelle e strisce, dell’America First, diventa indirettamente una cessione di leadership e influenza a livello globale alla Cina. Paese che non ha di certo brillato in termini di trasparenza e collaborazione durante la pandemia di Covid”.
L’uscita da trattato ha poi molte altre implicazioni, dalla drastica diminuzione di fondi per le emergenze sanitarie come quelle a Gaza e in Ucraina, alla minore sorveglianza delle malattie, dalla stesura del trattato pandemico ancora in via di definizione allo sviluppo di vaccini che hanno un impatto sulla salute globale.