Perché Trump difende Google, Facebook, X e non solo in Europa
Le indagini e le multe dell'Ue ai colossi americani e la posizione di Trump. Estratto dal Mattinale Europeo.
Le indagini e le multe dell’Ue ai colossi americani e la posizione di Trump. Estratto dal Mattinale Europeo
X, Meta, Tik Tok, le principali piattaforme sono state tutte messe sotto inchiesta dalla Commissione europea. La legge sui servizi digitali (il Digital Services Act o DSA) redatta da Thierry Breton è in vigore dal 2024. Progettata per proteggere i consumatori e i loro diritti fondamentali. Consente di sanzionare pesantemente le violazioni delle regole. Le multe possono raggiungere il 6 per cento del fatturato globale della piattaforma o del motore di ricerca. L’obiettivo del regolamento europeo non è quello di censurare gli utenti della rete o limitare la libertà di parola, ma di costringere i giganti del digitale a modificare le proprie politiche e pratiche per mitigare i rischi, secondo il principio “ciò che è illegale offline dovrebbe essere illegale online”.
I proprietari delle principali piattaforme temono questa legislazione europea e la vogliono neutralizzare. Elon Musk, proprietario di X, e Mark Zuckerberg, capo del gruppo Meta che comprende Facebook, Instagram e altri servizi come Whatsapp, sono i più schietti. Contano sull’appoggio di Donald Trump, al quale hanno ripristinato l’accesso alle loro piattaforme. Si sono seduti con gli altri grandi capi dei giganti digitali accanto alla famiglia di Trump nella tribuna Vip per l’insediamento del presidente americano. Trump deve a Musk il suo ritorno alla Casa Bianca. Protegge i magnati dei social network e sostiene le loro richieste in nome della libertà di espressione.
Trump si è lanciato in una lotta di potere e accusa gli europei di discriminare le imprese americane. “Hanno portato Apple in tribunale e hanno ottenuto 15 o 16 miliardi. Hanno ottenuto miliardi contro Google. Penso che vogliano miliardi e miliardi contro Facebook. Sono società americane, che vi piacciano o meno. Sono aziende americane e non dovrebbero farlo. Per quanto mi riguarda, la vedo come una forma di tassazione”, ha annunciato durante la sua apparizione in videoconferenza al Forum economico mondiale di Davos. L’intimidazione farà cedere gli europei? La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, è stata sollecitata ad agire dal Parlamento europeo e da diversi governi.
I servizi di Henna Virkkunen, la vicepresidente della Commissione responsabile per la sovranità digitale, stanno ultimando le indagini. Ma l’onere della prova è difficile. La domanda chiave è se Elon Musk abbia manipolato gli algoritmi utilizzati da X per favorire determinati contenuti e amplificare e massimizzare i suoi messaggi. È necessario trovare la scappatoia per poterlo “afferrare”. E deve essere “essere inattaccabile”. Musk ha arruolato un esercito di avvocati, tra cui quelli che si sono occupati del procedimento della Commissione contro Google per violazione delle leggi antitrust dell’Ue.
La posta in gioco è alta, perché il multimiliardario americano di origini sudafricane ha deciso di coinvolgersi nella campagna elettorale del movimento di estrema destra Alleanza per la Germania (AfD). Musk vuole che AfD vinca le elezioni generali del 23 febbraio in Germania. Il suo account personale ha oltre 200 milioni di follower – duecento milioni – e lo sta usando per sostenere la leader di AfD, Alice Weidel, dandole un’audience di cui non gode nessuno dei suoi avversari politici. Elon Musk non esita a interferire nella politica tedesca e il suo comportamento è spesso diffamatorio. Insulta i suoi critici e ha descritto il presidente della Repubblica federale, Frank-Walter Steinmeier, come un “tiranno antidemocratico”.
L’Ue potrebbe sanzionare Musk. Ma su quali basi? Ursula von der Leyen è esitante. Non osa nemmeno prendere posizione. Teme di inimicarsi Donald Trump e segue pedissequamente ciò che dicono e fanno i leader tedeschi. Se il governo di Berlino si muove, si muoverà anche lei. L’Ue è divisa quando si tratta dei padroni delle grandi piattaforme. Il primo ministro italiano, Giorgia Meloni, difende il suo amico Elon Musk, con cui fa potrebbe fare affari. Sta negoziando un contratto con Starlink per le comunicazioni sicure dell’Italia. Meloni non vede alcuna interferenza da parte di Musk nel suo sostegno all’AfD in Germania.
D’altra parte, il presidente del governo spagnolo, Pedro Sanchez, è molto arrabbiato e chiede di intervenire per contrastare le azioni dei boss delle piattaforme. “L’internazionale reazionaria, come ha detto il presidente Macron qualche giorno fa, (…) guidata dall’uomo più ricco del pianeta, attacca apertamente le nostre istituzioni, incita all’odio e chiede apertamente di sostenere gli eredi del nazismo in Germania alle prossime elezioni”, ha accusato il leader socialista spagnolo.
Pedro Sanchez si è spinto oltre durante il suo intervento al Forum economico mondiale di Davos: “Le reti social che avrebbero dovuto portare unità, chiarezza e democrazia ci hanno invece portato divisione, vizio e un’agenda reazionaria”, ha accusato Sanchez. Il capo del governo spagnolo ha chiesto la fine dell’anonimato per combattere i profili falsi e i bot che amplificano la diffusione di false informazioni e propaganda. “Il proprietario di un piccolo ristorante è responsabile se il suo cibo avvelena i clienti”, ha sottolineato Sanchez. “I magnati dei social network dovrebbero essere ritenuti responsabili se i loro algoritmi avvelenano le nostre società”.
Il problema è che negli Stati Uniti le piattaforme internet sono protette dalla Sezione 230 , il che significa che non hanno la responsabilità legale che hanno i media tradizionali (giornali, radio, televisione). “Se altri Paesi non hanno le loro leggi, la Sezione 230 li costringe a trattare le società di social network come se esistessero al di fuori del loro sistema legale”, spiega la giornalista americana Anne Applebaum. Ma dall’entrata in vigore del regolamento sui servizi digitali nell’Ue (il famoso DSA), per la prima volta le piattaforme online sono responsabili del modo in cui i loro servizi sono o possono essere utilizzati per scopi dannosi. Devono rimuovere i contenuti illegali e consentire agli utenti di segnalarli. “Questo vale per tutti gli account, compresi quelli anonimi”, spiega la Commissione.
Tuttavia, è molto complicato porre fine all’anonimato online, perché sulla maggior parte delle piattaforme è facile creare account basati su false identità, sottolinea l’istituzione. La richiesta di Pedro Sanchez potrebbe quindi non avere successo. “Non abbiamo una legislazione che possa, in senso stretto, porre fine all’anonimato online. La nostra legislazione mira piuttosto a garantire la sicurezza online”, spiegano a Bruxelles. Tuttavia, la Commissione è obbligata ad agire. Questo potere le è stato delegato dagli Stati membri e, se non lo userà, rischia di farselo revocare. “Non ci arrenderemo. Ma potrebbe volerci del tempo”, ha dichiarato la vicepresidente Virkkunen.