Perché ci sono troppi allarmi (e qualche bugia) sulla sventagliata trumpiana di dazi

I dazi decisi da Trump contro Canada, Messico e Cina. Gli effetti potenziali. E i veri obiettivi. L'approfondimento di Giuseppe Liturri

Feb 3, 2025 - 06:38
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Perché ci sono troppi allarmi (e qualche bugia) sulla sventagliata trumpiana di dazi

I dazi decisi da Trump contro Canada, Messico e Cina. Gli effetti potenziali. E i veri obiettivi. L’approfondimento di Giuseppe Liturri

Oggi il Corriere della Sera si distingue per la “sobrietà” dei titoli. Si spazia da “Usa, parte la guerra dei dazi”, in prima pagina, per proseguire con «Commercio, la guerra mondiale, scattano i dazi di Trump» e per finire con la granitica certezza di «aumenteranno i prezzi dei beni sui mercati internazionali».

Rassicuriamo subito i lettori magari impauriti da questi toni da ultima spiaggia, le cose non stanno affatto così. Sono mesi che si rincorrono le ipotesi più fantasiose sulle misure di Trump e i relativi effetti, spesso elencati senza avere la benché minima cognizione di causa.

Poi basta dare la parola a qualche imprenditore, che con gli Usa ci lavorano e le preoccupazioni svaniscono, almeno in parte perché «Dipende da noi. I dazi Usa possono essere anche una buona opportunità, una sfida ad aumentare la competitività deinostri prodotti. Ai dazi si risponde prima di tutto con prodotti ancora più competitivi sia sul piano del prezzo che su quello della qualità. Va tenuto conto poi che le nostre imprese, anche le medio-piccole, sono diventate molto brave nel diversificare i mercati di approdo».

Con questo non si vuole dire che saranno rose e fiori ma che è un argomento troppo complesso e articolato per semplificarlo in questo modo.

I dazi sono un’imposta che paga l’importatore che quindi, in prima battuta, vede aumentare il costo del prodotto acquistato. Di conseguenza, gli si aprono diverse alternative:

1) Può acquistare quei prodotti altrove, in tutto o in parte, magari privilegiando fornitori nazionali. (Questo sarebbe il principale intento di Trump).
2) Può decidere di scaricare a valle quegli aumenti, verso il proprio cliente, che sia un’impresa o il consumatore finale.
3) Può decidere di comprimere i propri profitti, così come possono decidere di farlo le imprese sue clienti.

Probabilmente l’importatore deciderà di fare, in diversa misura, tutte e tre queste scelte.

Gli effetti a valle sulla catena di fornitura possono essere molto diversi in relazione a:

1) La lunghezza della catena di fornitura. Più è lunga, più ci sarà spazio per la scelta 2 e 3. È ragionevole supporre che la maggiore lunghezza della catena di fornitura offrirà maggiore spazio per ammortizzare l’impatto dei maggiori costi con una modesta riduzione dei profitti di tutti gli attori coinvolti nella catena di fornitura, al punto da renderli poco impattanti.
2) La tipologia di prodotto e l’elasticità al prezzo della sua domanda, a sua volta dipendente dalla rapida disponibilità per il consumatore di prodotti alternativi. Anche in questo caso, gli effetti complessivi sono molto incerti e, per molte produzioni di nicchia difficilmente non sostituibili (come l’alimentare italiano per esempio), l’impatto sui fornitori potrebbe essere modesto, perché i dazi finiranno frazionati tra aumenti dei prezzi per i consumatori finali e diminuzione dei profitti dei distributori Usa.
3) Il generale contesto macroeconomico Usa. Se la domanda resta sostenuta, come sembra essere ormai da diversi anni senza cenni di recessione, il mercato non avrà difficoltà a sostenere i maggiori costi dei beni, senza impattare sui volumi acquistati dai fornitori esteri. Anche in questo caso, l’esito finale è molto diversificato in relazione ai prodotti e ai diversi settori industriali coinvolti. Ognuno ha le sue specifiche dinamiche.
4) Poiché i dazi sono maggiori entrate per l’amministrazione Usa, Trump ha già annunciato che farà seguire riduzioni di altre imposte (sui redditi personali e societari) almeno per pari importo. Quindi, il reddito disponibile del consumatore USA non dovrebbe subire contrazioni. Accadde così anche nella precedente presidenza Trump: prima i tagli di imposte e poi i dazi.
5) Bisogna vedere come si muoverà il cambio euro/dollaro, che già è ai minimi, con ciò favorendo gli esportatori UE. Un ulteriore rafforzamento del dollaro, potrebbe indurre gli esportatori europei a ridurre i prezzi in dollari delle loro merci (perché quelli in euro resterebbero inalterati), con ciò compensando l’effetto dei dazi.

Da ultimo, siccome ««chiacchiere e tabacchiere di legno il Monte Santo non ne accetta in pegno», dobbiamo stare ai fatti. E i fatti sono l’ordine esecutivo emesso da Trump ieri sera per disporre dazi a carico delle merci provenienti da Canada e Messico.

Buona parte del documento è dedicato a spiegare che questa decisione ha l’unico fine di punire quei due Paesi per la scarsa collaborazione («failing to devote sufficient attention and resources or meaningfully coordinate with United States lawenforcement partners to effectively stem the tide of illicit drugs») dimostrata nel cooperare gli Usa nella lotta al traffico di stupefacenti e immigrati clandestini. Un impressionante network che opera quasi indisturbato lungo la frontiera nord degli Usa da cui transitano micidiali droghe come il Fentanyl (che potrebbe uccidere fino a 9,5 milioni di cittadini Usa). Dettagli (decisivi) ignorati dai giornali di casa nostra.

Questo dice Trump. Ora, gli si potrà credere o non credere, considerando il tema degli stupefacenti come un pretesto, ma quando si negozia si fa così. Si mette la pistola sul tavolo e si fa capire al proprio interlocutore che nessuna opzione è esclusa ed è difficile che Trump voglia spararsi… nei piedi.