Investimenti: crescono le probabilità di uno scenario di “no landing”
“Le recenti notizie economiche hanno avvalorato la tesi secondo cui lo scatenarsi degli “animal spirit” negli Stati Uniti, con l’elezione di Trump a Presidente degli Stati Uniti, ha aumentato la probabilità di uno scenario di “no landing”, in cui l’inflazione rimarrebbe vischiosa e i tassi di interesse potrebbero essere tenuti più alti più a lungo.... Leggi tutto
![Investimenti: crescono le probabilità di uno scenario di “no landing”](https://www.bluerating.com/wp-content/uploads/2023/02/soft-landing.jpg)
“Le recenti notizie economiche hanno avvalorato la tesi secondo cui lo scatenarsi degli “animal spirit” negli Stati Uniti, con l’elezione di Trump a Presidente degli Stati Uniti, ha aumentato la probabilità di uno scenario di “no landing”, in cui l’inflazione rimarrebbe vischiosa e i tassi di interesse potrebbero essere tenuti più alti più a lungo. Nel nostro quadro di riferimento, abbiamo portato questo scenario a una probabilità del 35%“. Parola di Julien Houdain, Head of Global Unconstrained Fixed Income di Schroders, che di seguito illustra nei particolari la view.
Questo a scapito dello scenario di “hard landing”, in cui si assisterebbe a un brusco calo dell’attività economica e si renderebbero necessari ulteriori tagli dei tassi, a cui ora assegniamo solo il 5% di probabilità. Nel breve termine, ci sono pochi motivi per essere preoccupati riguardo alle prospettive economiche degli Stati Uniti e, sebbene gli scenari siano di natura globale, l’attuale forza delle dinamiche a stelle e strisce fa sì che la regione abbia un impatto maggiore nel delinearne le probabilità.
Le probabilità dello scenario di “no landing”
Gli “animal spirit” sostengono la tenuta dell’economia statunitense
Dopo le elezioni, sembrava probabile che le aziende statunitensi assumessero una visione favorevole dell’amministrazione entrante e che, di conseguenza, i dati economici sarebbero rimasti solidi. Il mese scorso ci sono stati i primi segnali in tal senso e, a mano a mano che ci addentriamo nel 2025, continuiamo ad accumulare prove che confermano questa posizione. In particolare, la fiducia delle piccole imprese è aumentata ulteriormente, il sentiment del settore manifatturiero si sta consolidando e l’ultimo aumento delle offerte di lavoro negli Stati Uniti indica che le aziende americane sono sempre più incoraggiate dalle prospettive a medio termine.
Verso un surriscaldamento del mercato?
Se da un lato la crescita rimane sana e la fiducia nelle prospettive continua a migliorare, dall’altro ci sono segnali che indicano che il contesto economico sta diventando un po’ troppo forte. Sul fronte del mercato del lavoro, i piani di assunzione sono migliorati e la crescita dei salari continua a salire, per ora, mentre il tasso di disoccupazione ha cambiato timidamente rotta, scendendo a dicembre.
A sostegno dell’opinione ottimistica sull’economia statunitense nei prossimi mesi c’è la constatazione che, dal Covid, il primo trimestre dell’anno tende a mostrare una certa forza stagionale residua nei dati economici. Di conseguenza, anche se ci sono già state revisioni positive, c’è una probabilità maggiore che le aspettative di consenso per la crescita degli Stati Uniti nel 2025 debbano essere riviste al rialzo.
Dalla reflazione alla stagflazione al di fuori degli Usa
Mentre l’economia statunitense sta funzionando a pieno ritmo, non è così per l’area euro e per il Regno Unito. In questo caso, la risposta delle imprese britanniche al bilancio è stata stagflazionistica, in quanto hanno aumentato i prezzi e ridotto l’occupazione e gli ordini. L’aumento dell’imposta sull’assicurazione nazionale dei datori di lavoro si tradurrà in un aumento dei prezzi per i consumatori nel 2025 e porterà a una crescita più contenuta, poiché i datori di lavoro cercheranno di licenziare i lavoratori per proteggere i margini.
Con la crescita del Regno Unito che si è arrestata nell’ultimo trimestre del 2024 e le prospettive a breve termine che appaiono altrettanto limitate, l’orientamento della Banca d’Inghilterra ad allentare la politica appare giustificato. Tuttavia, la persistente vischiosità dei prezzi fa sì che ci si interroghi sull’entità dell’allentamento possibile per quest’anno.
Nelle ultime settimane il mercato dei Gilt ha registrato una discreta volatilità, a causa del protrarsi dell’impatto del bilancio di ottobre. La combinazione di un margine di manovra fiscale limitato e di un aumento dei rendimenti globali ha messo brevemente in discussione la praticabilità delle regole fiscali autoimposte dal governo britannico, provocando la debolezza della sterlina e la sottoperformance dei Gilt. Si tratta di un promemoria per ricordare che, soprattutto in un’economia che sta affrontando la stagflazione, il governo non ha il pieno controllo su quanto può spendere.
Nell’Europa continentale la crescita appare complessivamente stagnante. Tuttavia, ciò nasconde forti divergenze regionali. Mentre la Spagna continua a crescere più dei suoi omologhi regionali, l’economia tedesca continua a registrare performance inferiori e il mercato del lavoro è sul punto di deteriorarsi in tempi relativamente brevi. Di conseguenza, è evidente che la Bce ha la possibilità di allentare ulteriormente i tassi, portandoli al livello neutrale, se non al di sotto.
Infine, guardando al “Pacific Divide”, anche la Cina continua a trovarsi in una situazione opposta a quella degli Stati Uniti. In altre parole, mentre gli Stati Uniti continuano a beneficiare di un ritmo di crescita rispettabile, con un’inflazione un po’ troppo alta per essere confortante, la Cina rimane afflitta da una crescita lenta e dall’incapacità di generare molta inflazione. Il mercato obbligazionario sembra essere d’accordo: i rendimenti dei titoli sovrani cinesi a 10 anni sono crollati a nuovi minimi nelle ultime settimane, toccando l’1,6% a inizio di gennaio. A nostro avviso, questo è un chiaro segnale del fatto che l’economia abbia bisogno di maggiori stimoli per arrestare il calo della crescita e, di conseguenza, per porre un freno alle pressioni disinflazionistiche.
Dove trovare opportunità sui mercati
L’aumento della probabilità dello scenario di “no landing” continua a spingerci verso una certa cautela sulle posizioni a lunga duration, anche se nelle ultime settimane il mercato si è mosso nettamente per prezzare meglio questo scenario. Per il momento, una visione neutrale rimane appropriata, soprattutto alla luce di una certa ripresa dello slancio della crescita degli Stati Uniti, della crescita dei salari e dei limitati progressi in materia di disinflazione.
Tuttavia, siamo convinti che le curve possano riprendersi ulteriormente nei prossimi mesi, soprattutto negli Stati Uniti. Anche se è probabile che la parte anteriore rimanga in gran parte ancorata al tasso dei Fed fund, esiste un’interessante asimmetria nel caso in cui l’economia dovesse attraversare un momento di debolezza (che potrebbe far scendere le aspettative sui tassi a breve). Nella parte più lunga della curva, l’aumento del premio a termine ha tenuto sotto pressione i rendimenti nelle ultime settimane, ma riteniamo che questo fenomeno possa continuare, soprattutto in considerazione del basso punto di partenza su base storica.
Per quanto riguarda l’asset allocation, nell’ultimo mese non abbiamo apportato modifiche significative al nostro portafoglio. Il rischio politico della periferia europea è limitato nel breve termine, ma le valutazioni sembrano rifletterlo appieno e quindi offrono un trade-off rischio-rendimento poco attraente.
La nostra preferenza per i titoli garantiti da mutui ipotecari (MBS) statunitensi rimane inalterata, con valutazioni interessanti e una relativa tenuta dell’asset class nonostante il rialzo dei rendimenti sovrani. Per quanto riguarda il credito societario, privilegiamo la parte breve della curva del credito investment grade europeo, dove sembra esserci più valore che altrove. Più in generale, continuiamo a ritenere che l’high yield non sia attraente alle valutazioni attuali, ma che ci sia più valore nell’high yield europeo rispetto al mercato statunitense. Come il mese scorso, le obbligazioni garantite restano le preferite in assoluto, con valutazioni attualmente interessanti rispetto al credito investment grade e alle obbligazioni sovranazionali, sovrane e di agenzie (SSA).