Fideiussioni specifiche: per il Tribunale di Alessandria possono essere (parzialmente) nulle al pari delle omnibus.

Nota a Trib. Alessandria, 20 gennaio 2025, n. 37. Massima redazionale Con la nota sentenza n. 41994/2021 le Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, in tema di nullità della fideiussione omnibus, hanno definitivamente aderito alla tesi della nullità parziale del contratto, affermando il seguente principio di diritto: «i contratti di fideiussione “a valle” […]

Feb 6, 2025 - 17:02
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Fideiussioni specifiche: per il Tribunale di Alessandria possono essere (parzialmente) nulle al pari delle omnibus.

Nota a Trib. Alessandria, 20 gennaio 2025, n. 37.

Massima redazionale

Con la nota sentenza n. 41994/2021 le Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, in tema di nullità della fideiussione omnibus, hanno definitivamente aderito alla tesi della nullità parziale del contratto, affermando il seguente principio di diritto: «i contratti di fideiussione “a valle” di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge citata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata – perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza – salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti». I Giudici di legittimità hanno avvalorato tale soluzione partendo dalla considerazione che l’interesse protetto dalla normativa antitrust è principalmente quello del mercato in senso oggettivo, e non soltanto l’interesse del singolo contraente pregiudicato; hanno, pertanto, evidenziato l’inidoneità del solo rimedio risarcitorio, ritenendolo atto a proteggere gli interessi del singolo consumatore danneggiato, ma non sufficientemente dissuasivo nei confronti delle imprese aderenti all’intesa – o che ne hanno recepito le clausole illecite nel proprio schema negoziale – posto che non tutti i danneggiati agiscono in giudizio e non tutti i danneggiati riescono ad ottenere il risarcimento del danno.

Di talché, se ne deve inferire che il risarcimento del danno sia solo il minimo comune denominatore della tutela antitrust all’interno dello spazio europeo (definita anche come tutela base), e che il rimedio più adeguato e completo sia altro, da individuarsi a cura dei giudici dei singoli Stati. Esclusa dunque la idoneità della sola tutela risarcitoria, le Sezioni Unite ritengono che la forma di tutela più adeguata allo scopo sia appunto la nullità parziale del contratto, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.

Ciò premesso, nel caso di specie, le fideiussioni sottoscritte, sulla base dei modelli sottopostigli, riproducono del tutto fedelmente le note clausole nn. 2, 6 e 8 dello schema ABI, sanzionato da Banca d’Italia con il noto provvedimento n. 55/2005, e, in particolare, la clausola di rinuncia ai termini dell’art. 1957 c.c., la c.d. “clausola di reviviscenza” e la c.d. clausola di sopravvivenza. Può, pertanto, ravvisarsi quel nesso funzionale tra intesa “a monte” e contrattazione “a valle”, che consente di ritenere che le fideiussioni in parola siano ex se strumento di attuazione dell’intesa anticoncorrenziale.

Orbene, a parere del Tribunale alessandrino, la circostanza che le fideiussioni stipulate non siano omnibus ma specifiche, in quanto riferite a determinate obbligazioni contrattuali, non esclude la violazione della normativa antitrust. Difatti, è vero che lo schema ABI oggetto dell’accertamento condotto dalla Banca d’Italia concerneva un modello di fideiussione omnibus, ma, come si è visto, ciò che comporta la nullità del contratto “a valle” non è tanto l’ascrivibilità del contratto alla fattispecie esaminata dall’autorità di vigilanza, quanto piuttosto la riproduzione in maniera standardizzata delle tre clausole di deroga all’archetipo codicistico ritenute violative della concorrenza, e la ravvisabilità quindi di un collegamento funzionale tra l’intesa e l’atto negoziale “a valle”, che diviene esso stesso mezzo per violare la concorrenza.

Detto collegamento funzionale, in ossequio a quanto chiarito dalle Sezioni Unite nel summenzionato pronunciamento, ben può essere ravvisato anche in relazione a contratti conclusi da banche rimaste del tutto estranee all’intesa “a monte”, dichiarata nulla dall’autorità di vigilanza, e che tuttavia il contenuto dell’intesa vietata ripropongano, in tutto in parte, nei contratti stipulati a valle con i propri clienti. Ciò perché, la nullità dell’intesa “a monte” è una nullità “speciale”, ossia in grado di colpire tutti gli atti, anche non negoziali, avvinti da un collegamento funzionale con l’intesa vietata. Se così stanno le cose, questa nullità “speciale”, espressione del principio generale di tutela della libertà di concorrenza, deve evidentemente operare a prescindere dalla natura del contratto di garanzia che riporti le clausole dell’intesa anticoncorrenziale “a monte”.

Non è, infatti, ravvisabile alcuna ragione per effettuare dei distinguo tra contratti di fideiussione – omnibus o specifica – del tutto identici dal punto di vista sostanziale, e differenti soltanto per l’ampiezza dell’obbligazione garantita, in quanto tutti astrattamente idonei – laddove reiteratamente proposti dalle banche attraverso la riproduzione delle clausole di cui agli artt. 2, 6 e 8 dello schema ABI del 2003 – a falsare il gioco della libera concorrenza del mercato creditizio.

In tal senso, si è, peraltro, recentemente espressa la stessa Corte di Cassazione, sia pur con obiter dictum[1] e si sta ponendo la giurisprudenza di merito prevalente[2]. L’unica differenza opera sul piano probatorio, in quanto, ponendosi la fideiussione specifica al di fuori del perimetro dell’accertamento condotto dalla Banca d’Italia, l’azione volta ad accertarne la nullità parziale si configura come azione “stand alone”, sicché il Provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005 non può costituire prova privilegiata dell’esistenza dell’intesa restrittiva della concorrenza, ma spetta all’attore, in applicazione del generale principio di cui all’art. 2697 c.c., allegare e provare tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, tra i quali rientra quello della perdurante esistenza, all’epoca della sottoscrizione del contratto, dell’intesa illecita.

Siffatto onere probatorio può, tuttavia, considerarsi attenuato alla luce della presumibile asimmetria informativa esistente tra il soggetto che subisce l’illecito (il fideiussore) e l’autore dello stesso (la Banca). Per tale motivo, in corso di causa, e dinanzi a una già corposa produzione attorea di modelli contrattuali di fideiussioni omnibus e specifiche adottati da gruppo e da altre società tra il 2018/2019, è stata ammessa l’istanza ex art. 210 c.p.c. formulata dalla parte attrice, e si è ordinato ad un novero di istituti bancari, di diverso dimensionamento, l’esibizione dei moduli standard di fideiussioni omnibus e specifiche utilizzati in epoca coeva a quella della stipulazione delle garanzie oggetto di causa (febbraio 2018 – febbraio 2019). Ebbene, dalla documentazione prodotta dall’attore emerge come effettivamente i modelli di fideiussione omnibus e specifiche adottati ancora nel 2018/2019 abbiano continuato a riprodurre le tre clausole dello schema ABI oggetto dell’accertamento condotto dalla Banca d’Italia. Inoltre, dai documenti acquisiti a seguito dell’ordine di esibizione disposto in corso di causa, è emerso come le tre clausole dello schema ABI abbiano continuato ad essere uniformemente riprodotte, ancora all’epoca delle fideiussioni per cui è causa (2018/2019), nei moduli di fideiussione omnibus e specifiche utilizzati da altre banche, sul territorio nazionale.

Sulla base delle predette evidenze, si può, pertanto, ritenere provata la diffusione fra istituti di credito operanti sia in ambito locale, in varie regioni, sia in ambito nazionale, di una prassi relativa all’applicazione delle dette clausole nella modulistica delle fideiussioni omnibus e specifiche proposte ai clienti in epoca coeva alla sottoscrizione, e conseguentemente dimostrata la perdurante esistenza dell’intesa illecita.

Sussistono, quindi, nel caso di specie, i presupposti per ritenere provata la violazione della disciplina della concorrenza, per contrasto con l’art. 2, comma 2, lett. a), legge n. 287/1990.

Al tempo stesso, il giudice alessandrino non ravvisa ragioni per estendere la nullità parziale all’intero contratto, non avendo alcuna delle parti fornito la prova di cui all’art. 1419 c.c. Del resto, si deve ritenere che il garante avrebbe sottoscritto comunque le fideiussioni in parola anche con l’espunzione delle tre clausole contestate, stante la volontà di prestare garanzia personale nell’interesse della società di cui era socio nonché consigliere di amministrazione; dall’altra, è difficile sostenere che la Banca non avrebbe concluso i contratti di fideiussione senza le predette clausole, stante il prevalente interesse a farsi rilasciare garanzia del credito concesso alla società debitrice principale. Acclarata, dunque, la nullità parziale delle tre fideiussioni per cui è causa, e, in particolare, della clausola di rinuncia ai termini, di cui all’art. 1957 c.c., deve dichiararsi, nella specie, la decadenza della Banca opposta dalla possibilità di agire nei confronti del fideiussore e l’estinzione delle fideiussioni medesime.

 

 

 

 

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[1] Cfr. Cass. n. 27243/2024.

[2] Cfr. Trib. Milano, Sez. Spec. Imprese, 24 giugno 2024, n. 4511; Trib. Ancona, Sez. II, 13 giugno 2024, n. 1202; Trib. Lecce, Sez. III, 14 novembre 2024, n. 3544; Trib. Milano Sez. Spec. Imprese, 3 ottobre 2023, n. 7526; Trib. Alessandria, 9 settembre 2023; Trib. Alessandria, 10 agosto 2023; Trib. Roma, Sez. Spec. Imprese, 24 giugno 2022, n. 10206.

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