Crisi industriale europea: i lavoratori di tutta Europa protestano a Bruxelles
Ieri a Bruxelles migliaia di lavoratori provenienti da tutta Europa hanno manifestato per chiedere alla Commissione europea azioni concrete e immediate per arginare la grave crisi industriale che affligge il Vecchio Continente, in particolare per quanto riguarda il settore dell’automotive, affermando che a pagare i costi della transizione energetica non debbano essere i lavoratori. Alla […] The post Crisi industriale europea: i lavoratori di tutta Europa protestano a Bruxelles appeared first on L'INDIPENDENTE.
Ieri a Bruxelles migliaia di lavoratori provenienti da tutta Europa hanno manifestato per chiedere alla Commissione europea azioni concrete e immediate per arginare la grave crisi industriale che affligge il Vecchio Continente, in particolare per quanto riguarda il settore dell’automotive, affermando che a pagare i costi della transizione energetica non debbano essere i lavoratori. Alla manifestazione, indetta da IndustriALL–Europe, la Federazione Europea dei sindacati dell’industria, hanno partecipato circa tremila persone, secondo le forze dell’ordine, e almeno settemila secondo le sigle sindacali: i partecipanti provenivano da vari settori industriali, tra cui quello metalmeccanico, siderurgico, chimico, farmaceutico, tessile e dell’energia. Al loro fianco, si sono schierate anche le associazioni industriali: Eurofer, l’Associazione europea dell’Acciaio, in un comunicato ha appoggiato la manifestazione, avvertendo che «Senza un’azione immediata da parte dell’Unione Europea, ci saranno altre chiusure di impianti e perdite di posti di lavoro nell’industria siderurgica». La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha risposto alle proteste dei lavoratori e delle associazioni sindacali e industriali promettendo di trasformare il Green Deal della scorsa legislatura in un Clean Industrial Deal, nel quale sarà l’industria a dettare i tempi della transizione verde, e non più il contrario. Si tratta, dunque, di un nuovo Patto industriale che dovrebbe vedere la luce alla fine del mese.
Alla manifestazione erano presenti anche i rappresentanti dei sindacati italiani Fiom, Uilm, Fim, Filctem, Uilca e Femca, oltre agli esponenti di Partito Democratico, Movimento 5 Stelle (M5S) e Alleanza Verdi Sinistra. Questi ultimi hanno incontrato insieme i vertici delle sigle sindacali per stabilire i temi da portare al tavolo di Bruxelles e Strasburgo, partendo dal presupposto che l’industria europea è al collasso. Un’attenzione particolare è stata dedicata al settore dell’auto, quello più in difficoltà e sotto i riflettori, sul quale la Commissione europea ha aperto un dialogo strategico con l’industria per accoglierne le richieste più urgenti. Secondo il capodelegazione del M5S, Pasquale Tridico, tuttavia, la Bussola per la competitività presentata la scorsa settimana dalla Commissione europea «è soltanto fuffa, per dare risposte inutili», in quanto «non è con la semplificazione, con la sburocratizzazione che si risolve un problema così drammatico come quello dell’industria». I dati sulla condizione dell’industria europea li ha esposti dal palco di piazza Jean Rey la segretaria di IndustriALL, Judith Kirton-Darling: «Dal 2009 l’industria siderurgica europea ha perso quasi 100 mila occupati. Da giugno sono stati annunciati oltre 90 mila tagli nell’automotive. I licenziamenti si stanno accumulando anche nei settori chimico, tessile e dei materiali di base».
Una delegazione di IndustriALL-Europe ha quindi incontrato il vicepresidente esecutivo della Commissione europea con delega all’Industria, Stéphane Séjourné, e la commissaria europea per i Diritti sociali e il Lavoro, Roxana Mînzatu. Dopo l’incontro Séjourné ha assicurato che «Il futuro Clean Industrial Deal è prima di tutto un patto sociale. Ha un obiettivo: mantenere i posti di lavoro in Europa». Si attende, dunque, il 26 febbraio, giorno in cui la Commissione dovrebbe presentare un nuovo Patto industriale: secondo la segretaria di IndustriALL, esso dovrà essere figlio di un «accordo tra lavoratori, industria e governi nazionali” e basarsi «su investimenti nella transizione giusta, con diritti sicuri alla sicurezza dell’occupazione e alla formazione».
La crisi economico-industriale europea si è acuita in particolare negli ultimi anni, a causa di diversi fattori, tra cui gli alti costi energetici, le direttive “green” imposte dalla Commissione a agricoltori e industrie e la mancanza di un piano industriale strategico a lungo termine, oltre che di investimenti e incentivi a investire nel Vecchio continente. Un contesto in cui hanno potuto affermarsi e vincere facilmente la competizione altre economie come quella cinese e americana. Non è un caso che l’economia d’oltreoceano cresca, mentre quella europea ristagni, anche per via dell’interruzione di tutti i rapporti energetici e commerciali con la Russia, in seguito alla quale proprio le aziende americane hanno potuto esportare grandi quantità di GNL (gas naturale liquefatto) in Europa a prezzi elevati e, dunque, non competitivi per l’industria europea, in particolare per quella tedesca. A risentirne di più è stato proprio il settore dell’auto, la cui crisi è rappresentata massimamente dalle difficoltà in cui versa lo storico marchio tedesco Volkswagen, che a ottobre aveva confermato l’intenzione di voler chiudere tre stabilimenti in Germania. In questo contesto, i dati continuano a prospettare orizzonti cupi: secondo l’Eurostat, nell’ultimo trimestre del 2024 la crescita dell’Eurozona è stata pari a zero rispetto ai tre mesi precedenti, quando aveva fatto registrare un aumento dello 0,4%. Ciò è dovuto in gran parte alla crisi dell’economia tedesca, ormai al secondo anno di contrazione.
Una situazione che, come fanno notare i lavoratori e i sindacati europei, richiede l’intervento urgente delle istituzioni comunitarie per non innescare un grave disagio sociale e occupazionale, il cui effetto non sarebbe altro che quello di indebolire ulteriormente la condizione economica e industriale del Vecchio continente.
[di Giorgia Audiello]
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