Crans-Montana, un posto normale. Dove in tanti scelgono di vivere

La fama di destinazione per vip danarosi di cui gode la località del Vallese è meritatissima. Ma servizi, progetti sociali e ampi spazi a disposizione di chi predilige la natura ne fanno un luogo dove è bello abitare tutto l’anno. Come hanno fatto in molti. Pur senza carta di credito no-limits L'articolo Crans-Montana, un posto normale. Dove in tanti scelgono di vivere proviene da Montagna.TV.

Feb 5, 2025 - 18:08
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Crans-Montana, un posto normale. Dove in tanti scelgono di vivere

Ho trascorso un weekend sulle nevi di Crans-Montana. No, non sono diventato improvvisamente ricco. Mi ci hanno invitato, sapendo il mio interesse per i “modelli di sviluppo alpino”. E ci sono andato con curiosità, anche perché pur avendo una lunga frequentazione con il Vallese (quello della Corona Imperiale che va dal Monte Rosa al Cervino, ma anche il bellissimo fondovalle tra Briga e Martigny), a Crans-Montana non c’ero mai stato.

Il primo impatto è stato quello di una (rassicurante) conferma di ogni mio pregiudizio. Un posto da jet set: campo da golf 18 buche, alberghi 5 stelle, incongrui grattacieli alpini e un fastidioso sciamare di Porsche e Bentley sulle strade. E ancora, après-ski a mille decibel, skipass da aprire un mutuo, comitive di giovani donne saudite più interessate alle griffe e ai cocktail bar di Rue de Prado che ai campi innevati. 

Felice delle conferme, passeggiavo tra i laghetti di Montana, che dei due centri del comune è quello a frequentazione più “popolare”, quando ho sentito una sirena e un tipico rumore di bastoni sul ghiaccio. Era una partita di hockey tra ragazzini: a bordo pista si accalcavano i genitori per un tifo composto, come noi quando andiamo a tifare (un po’ meno composti) alle partite di basket dei nostri figli. E ho avuto un’illuminazione: anche qui, mi sono detto, c’è gente normale!

Certo che c’è gente” mi ha confermato Evan, responsabile di Crans-Montana Turismo per l’Italia, “siamo 15.000 a viverci tutto l’anno. La maggior parte di noi impiegata nell’industria del turismo, che è una delle maggiori imprese vallesane, ma non solo”. Insomma, a 1500 metri, la stessa quota delle nostre stazioni invernali alle testate delle valli, c’è una città vivace e in crescita, grazie a una stagione turistica che dura otto mesi, circa il doppio delle normali stagioni a sud delle Alpi, e a tante altre imprese non legate al turismo: “Abbiamo un assessorato dedicato all’innovazione tecnologica, il 5G c’è da sempre, ed è nato un incubatore di start up” spiega ancora Evan. “Molti prendono residenza qui, attirati dal clima secco e soleggiato, e dalla qualità dei servizi”. Uno dei residenti più famosi, lo scorso secolo, è stato Roger Moore/007, e moltissimi anglofoni l’hanno seguito. Come racconta il giornalista Robert Thorne, “l’altra sera ho parlato con un ingegnere informatico franco-canadese, con un globetrotter brasiliano, con un neurochirurgo italiano proveniente da Harvard. Nel ristorante giapponese del mio albergo ho conosciuto un allevatore di polli portoghese e un attore lituano. Sono venuto qui per migliorare il mio francese, ma ogni giorno sento un diverso accento inglese”.
Moltissimi anche i vallesani doc che scelgono di vivere in alta quota pur lavorando in valle, a Sierre o Sion, ma anche a Losanna e Ginevra: il miracolo è propiziato dalle ferrovie svizzere, (quasi sempre) affidabili e puntuali, e dalla funicolare che da Sierre in 12 minuti supera mille metri e porta a Crans-Montana. 

Radici antiche. E profonde

È interessante capire come tutto questo abbia avuto inizio. Fin dalle origini, in era pre-turistica, la costa che sovrasta Sierre, rivolta a sud, è stata teatro della transumanza verticale. Gli abitanti dei vari villaggi sparsi sul pendio, come Veyras, Venthône, Mollens, in autunno e in inverno si occupavano di agricoltura, soprattutto dei vigneti che ancora rivestono la costa (a proposito: il Fendant e la Petite Arvine sono le eccellenze enologiche da provare). In primavera salivano con le bestie, soprattutto pecore e capre, ai mayens: non solo pastori e greggi si muovevano, ma l’intero villaggio, maestro, sindaco e parroco compresi. D’estate un altro balzo di quota verso gli alpeggi, e con l’autunno di nuovo la discesa in basso. Così l’intero territorio era curato in ogni stagione come un giardino: lo stato dei pascoli e del bosco, dei sentieri e delle strade forestali ancora lo attesta. 

Il 1893 fu l’anno in cui arrivò la modernità. Venne con due amici cacciatori, Louis Antille e Michel Zufferey, che giunti su un colle si innamorarono della vista e decisero di fondarvi un albergo, il Parc Hotel, inizialmente per gli inglesi sofferenti di malattie polmonari (erano gli anni della Montagna Incantata), poi per i giocatori di golf, infine dal 1911 per gli sciatori: fu Arnold Lunn, il padre britannico dello sci, a organizzare qui la prima discesa libera della storia. Era nato il turismo. Ma a differenza di tanti altri resort anche elvetici, come St. Moritz e Zermatt, Crans-Montana si è sviluppata come una vera, piccola metropoli alpina, che non si svuota mai troppo e non si riempie mai troppo. A fronte dei 15.000 residenti stabili, i posti letto sono 60.000, un rapporto di uno a quattro molto minore della media (per esempio, a Valtournenche-Cervinia il rapporto è di 1:10). E offre tutti i normali servizi di una normale città, non solo banche e gioiellerie (anche quelle, certo), ma supermercati a prezzi standard, scuole, cliniche.


Qual è il futuro, per Crans-Montana? Io non ho certo la sfera di cristallo, ma intravedo due strade. Da un lato, l’incremento del turismo nel segmento del lusso: gli impianti sono stati acquisiti recentemente dall’americana Vail Resorts, che porterà sempre più turisti danarosi d’oltreoceano, mentre continuano a moltiplicarsi le offerte di altissima gamma nel settore alberghiero, ultimo nato il 5 stelle lusso Six Senses. Dall’altro, l’incremento della popolazione residente, spinto anche dai cambiamenti climatici. Le temperature più fresche, l’abbondanza d’acqua garantita dal ghiacciaio della Plaine Morte, l’ambiente naturale ben conservato, favoriranno forse il primo vero insediamento stabile, di nuova generazione, sulle Alpi: una città contemporanea con radici antiche. 

Non solo vip e skipass a prezzi da gioielleria

“Va bene” direte giustamente voi. “Però Crans-Montana resta una bolla per ricchi”. Vero: il mio weekend non avrei potuto permettermelo di tasca mia. Però i vallesani sono previdenti, e non guardano solo ai turisti sauditi. Un’intera zona, quella di Aminona a est del centro, è stata “liberata” dagli impianti ed è oggi dedicata alle ciaspole e allo scialpinismo. Senza comprare skipass, ho camminato con le racchette per molti chilometri dal parcheggio allo Hameau de Colombire (rifugio e museo delle case rurali), mentre con le pelli si può proseguire verso il Petit Mont Bonvin (2400 m) o le Violettes (2200 m): qui è il festival della natura e del paesaggio, con decine di 4000 che spuntano da ogni punto cardinale, a est il Dom, a sud la Dent Blanche e il Cervino, a ovest il Monte Bianco. Al costo di una corsa in funivia poi ho raggiunto i 3000 metri della Plaine Morte, che in inverno conserva ancora la sua dignità di ghiacciaio. Anche qui, molti i chilometri di piste battute per le ciaspole, sotto la mole del Wildstrubel.
Gli scialpinisti mediamente allenati possono raggiungere in giornata la cima della montagna, a 3244 metri. E ancora, in economia, si può fare tanto sci di fondo, attorno alla città e sulla Plaine Morte. Il panorama è sempre lo stesso, e noi non-vip ci accontentiamo, eccome.

Ultima questione: il modello di sviluppo di Crans-Montana è replicabile altrove? Per esempio, sulle Alpi italiane? Non saprei, oltre a non avere la palla di cristallo non sono nemmeno un economista né un sociologo. Ma sospetto che si tratti soprattutto di scelte politiche. La scelta di costruire strade, d’asfalto e digitali. Di incrementare i trasporti pubblici. Di creare servizi e posti di lavoro. Di favorire un’edilizia residenziale a prezzi equi. Di conservare il paesaggio e le risorse naturali. E anche la scelta di perseguire un serio piano industriale, che sia di turismo ricco o popolare. Non ovunque (per fortuna) può essere Crans-Montana, ma è ora di pensare le nostre montagne come un luogo dove vivere. Normalmente. 

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