Come il Festival di Sanremo si è trasformato in un fenomeno globale contemporaneo
Perché Sanremo è Sanremo, dicevano un tempo. Ma è davvero così? Beh sì, in parte. In parte, però, si è rivoluzionato davanti ai nostri occhi e ce ne siamo resi conto solo fino a un certo punto. Correvano gli anni Novanta. Pippo Baudo era la guida incontrastata di svariate edizioni. Sanremo stava vivendo alcune tra… Leggi di più »Come il Festival di Sanremo si è trasformato in un fenomeno globale contemporaneo The post Come il Festival di Sanremo si è trasformato in un fenomeno globale contemporaneo appeared first on Hall of Series.
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Perché Sanremo è Sanremo, dicevano un tempo. Ma è davvero così? Beh sì, in parte. In parte, però, si è rivoluzionato davanti ai nostri occhi e ce ne siamo resi conto solo fino a un certo punto.
Correvano gli anni Novanta. Pippo Baudo era la guida incontrastata di svariate edizioni. Sanremo stava vivendo alcune tra le sue stagioni televisive più fortunate, e un motivetto accompagnava il Festival con una solennità tale da entrare a far parte del linguaggio comune: Sanremo è Sanremo. La sigla, composta dal maestro Pippo Caruso per il Sanremo del 1995, è diventato uno di quegli elementi iconici che accompagnano ancora oggi l’evento. Una sigla che evoca, attraverso il più essenziale ed efficace dei versi, una visione monolitica del Festival. Un rituale dai contorni quasi atavici, un punto fisso nel tempo che si rinnova di anno in anno senza mai perdere di vista le tendenze conservatrici di quella che è una delle principali messe laiche del nostro Paese.
Ma è davvero così? In parte. Se da un lato il Festival attuale è molto più figlio di Pippo Baudo di quanto si pensi (ci arriveremo), dall’altro è evidente che Sanremo è cambiato profondamente negli ultimi anni.
Più contemporaneo e al passo coi tempi, sempre più slegato dalle rigide logiche della Rai, più aperto sul mondo reale e dinamico nell’intercettare un pubblico trasversale. Il grande pubblico, quello vero: non solo il pubblico che la tv la guarda ancora, ma anche quello che non sa manco più cosa sia la tv lineare (se non un oggetto d’antiquariato buono, al massimo, per i genitori più esperti) e l’accende solo una volta all’anno (avevamo detto qualcosa di simile a proposito di GialappaShow, ma quella è un’altra storia).
Risultato? Il quinquennio portato a termine da Amadeus, conduttore del Festival di Sanremo tra il 2020 e il 2024, ha registrato alcuni tra i record più significativi dell’evento. Numeri altissimi, alieni nell’epoca più estrema della frammentazione televisiva. Numeri che certificano solo in parte l’impatto globale di Sanremo: anche chi non lo guarda, si ritrova immerso per una settimana all’interno di un loop che dalla Riviera dei Fiori si espande in tutta Italia, finendo per “fermare” il Paese per giorni. Sui social sì, ma anche per strada e un po’ ovunque. Poi ci sono le settimane successive, altrettanto importanti (se non decisive, a dirla tutta): le classifiche dello streaming musicale sono dominate dai brani sanremesi, riprodotte ovunque per mesi con dati impressionanti che li portano spesso a entrare nelle graduatorie mondiali.
Sì, Sanremo è Sanremo, ma il mondo è cambiato e l’evento è cambiato di conseguenza. Ok, come? E sarà altrettanto quest’anno, dopo il cambio della guardia che ha riportato in sella Carlo Conti, già conduttore di tre edizioni tra il 2015 e il 2017? Affrontiamo la questione.
![Fabio Fazio e Luciana Littizzetto nel Sanremo del 2013](https://www.hallofseries.com/wp-content/uploads/2025/01/image-85.png)
Pur avendo attraversato più di una fase difficile nel corso della sua lunga e gloriosa storia, Il Festival non ha mai smesso di essere il riferimento assoluto per una porzione importante degli italiani. Non si è mai arrivati a crisi acute come quella che attraversò per gran parte degli anni Settanta, quando il Festival aveva rischiato davvero di diventare un fenomeno marginale e periferico. Nonostante ciò, i Festival di una quindicina d’anni fa erano distanti anni luce rispetto a quello che sono oggi. I grandi artisti, i veri riferimenti del mercato musicale, snobbavano spesso l’evento, e il Festival era musicalmente molto più marginale. Non necessariamente meno valido, ma senza dubbio meno connesso ai trend dominanti.
Facciamo allora un excursus e torniamo brevemente al 2013, anno del vero turning point del Sanremo attuale. Fabio Fazio, conduttore dell’edizione, riportò al centro dell’attenzione la musica con un approccio che rispondesse maggiormente ai gusti del grande pubblico. Disse al TG1 di aver creato “un cast che rispetti il senso della musica di oggi”. A posteriori, è semplice affermare che fu una scelta vincente: da quel momento in poi, il Festival tornò a essere un palcoscenico appetibile per gli artisti d’alto e altissimo profilo, mostri sacri inclusi. Chi andava a Sanremo sapeva di aver ritrovato una vetrina prestigiosa che fosse davvero all’altezza di tutti, e così fu negli anni successivi. Le edizioni condotte da Carlo Conti e Claudio Baglioni, successori di Fazio, risposero sempre più a questa esigenza. La musica stava cambiando, il pubblico aveva orizzonti sempre più estesi e il Festival si evolveva di conseguenza.
Una delle indicazioni più chiare in tal senso fu la vittoria di Mahmood nel 2019 con Soldi, trionfatore con un brano tutt’altro che canonicamente sanremese.
Fu in quel momento che il passaggio allo schema attuale, giovanile e tendente al progressismo senza mai marginalizzare la centralità del pubblico generalista tradizionale, si concretizzò una volta per tutte. Un fenomeno nuovo, ma con alcuni vagiti riscontrabili nei Festival di Baudo degli anni Novanta: lo storico conduttore televisivo, uno dei maestri assoluti del mezzo, era l’artefice di cast piuttosto “ingessati” che in quella fase storica avevano ancora ragion d’esistere, ma fu lo stesso che nel 1996 portò sul palco dell’Ariston Elio e le Storie Tese.
Un esempio, e manco l’unico possibile (a Sanremo ci hanno cantato anche artisti come Francesco Salvi o Pippo Franco, per dire). Con un risultato che però disse qualcosa a proposito di quello che Sanremo sarebbe diventato alcuni decenni dopo: il gruppo di outsider, infatti, sfiorò la vittoria e si piazzò al secondo posto. Tuttavia, erano ancora eccezioni: il Festival era ancora convintamente conservatore e non era pronto a una vera rivoluzione. I primi Sanremo di Carlo Conti e i due di Baglioni, invece, arrivarono al momento giusto per cogliere la portata storica di un fenomeno che ha cambiato l’evento senza snaturarne il Dna.
Così fu per tutti gli anni Dieci, e altrettanto fece Amadeus, direttore artistico e conduttore dal 2020 al 2024.
![Amadeus, conduttore di Sanremo dal 2020 al 2024](https://www.hallofseries.com/wp-content/uploads/2024/02/amadeus-attends-the-74th-sanremo-music-festival-2024-at-news-photo-1707398292-1024x576.jpg)
Le sue edizioni si caratterizzano per cast sempre più connessi ai gusti musicali dominanti, interpretati da artisti più disponibili a partecipare in gara grazie al notevole ritorno che ne consegue. Combina con essi un certo eclettismo che ha accontentato le esigenze di tutti. Davvero di tutti. Da Blanco ai Ricchi e Poveri, da Orietta Berti a Mahmood, i registri assecondano la tendenza tradizionalista del Festival e la combinano con la vocazione indie del panorama underground, i dominatori delle classifiche dello streaming e alcune piacevoli scoperte impreviste, trovando così l’alchimia perfetta per accontentare una porzione sempre maggiore di pubblico. I giovani si sono così riavvicinati attraverso il catalizzatore musicale, foriero di evoluzioni secondarie che costituiscono, tuttavia, l’essenza della portata globale dell’evento.
Aver ritrovato per strada un pubblico non strettamente televisivo, d’altronde, ha generato una serie di fenomeni satellite che costituiscono oggi una delle assi portanti del rinnovato successo sanremese. L’invasione sui social, per esempio, dove si sprecano i primati di interazioni: il commento delle serate, codificato attraverso l’espressione di un evento collettivo che riunisce tutti nello stesso momento e sul medesimo argomento, è parte fondamentale dell’esperienza interattiva, distante dalla fruizione più “passiva” di un tempo.
Nel mondo della frammentazione e dei contenuti on demand, si riscopre così la valenza dell’esperienza collettiva.
Noi, dal canto nostro, ne parlammo approfonditamente qualche tempo fa in relazione alla sua importanza nell’ambito delle serie tv. Il Festival di Sanremo è in qualche modo sintomo e conseguenza del fenomeno. Mentre un tempo era questa la fruizione base della tv e dei principali appuntamenti legati a varie sfere dell’intrattenimento, oggi non è più possibile farlo. Non è più possibile farlo, ma è ancora necessario. Banalmente, siamo animali votati alla socialità.
Ne ha parlato meglio del sottoscritto Luca Barra, riportato dal Post in un articolo di alcuni anni fa incentrato sul medesimo tema. Questo il passaggio in questione: “Per un po’ ci siamo convinti, e siamo stati convinti dalle dinamiche della bolla, che vogliamo vedere le cose dove ci pare e quando ci pare, che cerchiamo la libertà totale delle nostre fruizioni mediali”, spiega Barra. “In realtà questo risponde solo in parte ai nostri bisogni. Ho il sospetto che Sanremo stia andando così bene perché è una specie di antidoto alla frammentazione. Più siamo abituati e consapevoli della frammentazione delle nostre vite, più abbiamo bisogno di raccoglierci almeno qualche volta all’anno attorno a eventi collettivi e condivisi, di sincronizzare le nostre visioni e i nostri discorsi a una temporalità trasversale e generalista”.
Altrettanto si può dire per il Fantasanremo, altro fenomeno “sfuggito” al controllo degli organizzatori al punto da aver attraversato la quarta parete ed essere sbarcato sul palco dell’Ariston nei modi più disparati.
![Bugo e Morgan, protagonisti di un momento iconico](https://www.hallofseries.com/wp-content/uploads/2023/11/Screenshot-2023-11-22-103107-1024x576.jpg)
Amadeus ha colto la dinamica meglio di chiunque altro e ne ha fatto un tratto distintivo della sua conduzione. La centralità della sua direzione, solida e chirurgica, viene valorizzata anche dalla sapiente tendenza a cavalcare gli imprevisti e i momenti irrituali, facendo un passo a lato nei momenti topici per assecondare le irruzioni dal basso. Sono esempi, ma certificano la tendenza a una sovrascrittura del pattern principale che a un certo punto diventa parte integrante della “liturgia”.
L’esempio è funzionale in tal senso, e qui ritorna al centro la lunga e fortunata esperienza di Pippo Baudo, artista che aveva colto la necessità “rituale” del Festival, valorizzata allo stesso tempo dagli elementi irrituali e di rottura che spezzano la narrazione all’improvviso, generano stupore e – spesso – polemiche. Quasi fosse una messa laica, anche la “noia” e i tempi morti delle dirette fiume sono parte di un’esperienza che si codifica attraverso punti fermi associabili a quelli di uno schema necessario e prezioso. L’unica condizione è che a un certo punto “succeda qualcosa”.
Un colpo di scena, una scheggia impazzita: elementi del racconto ancor prima che qualcuno li scriva, più o meno consapevolmente. Immaginate, in tal senso, una vera messa: è come se a un certo punto qualcuno si alzasse in piedi nel bel mezzo della preghiera dei fedeli e urlasse qualcosa di inopportuno. Se si associa questo all’iconico litigio sul palco tra Bugo e Morgan, si coglie l’importanza del fattore nell’algoritmo sanremese.
Per questi motivi, Sanremo è (ancora) Sanremo e si è trasformato negli ultimi anni nel fenomeno globale che oggi conosciamo.
Da un lato si è evoluta una proposta musicale che è concretamente al passo coi tempi e che i tempi ormai li detta, dall’altra abbiamo uno show rituale che si alimenta con le rotture della liturgia, sovrascritture esterne, le polemiche e la necessità di essere parte di un evento collettivo di vastissima portata. Sanremo, in questo modo, infrange le barriere sempre più circoscritte del pubblico televisivo e si apre al Paese reale con una centralità assoluta. Milioni di persone lo guardano e lo apprezzano, altri lo fanno senza apprezzarlo, altri ancora non lo guardano ma ne parlano lo stesso.
Insomma, un successo su ogni fronte. E il passaggio di testimone da Amadeus a Carlo Conti non dovrebbe spostare granché l’inerzia. Il timoniere è cambiato, ma si parla di due artisti dalla grandissima esperienza: con ogni probabilità, si andrà incontro all’ennesimo trionfo. L’alchimia creatasi, d’altronde, ha regole ormai chiare che arrivano a prescindere dagli interpreti, se accompagnati col posizionamento dei fattori necessari. Passano gli anni, cambiano i volti, ma Sanremo è ancora lì, più forte che mai. Prepariamoci, allora: pochi giorni ancora e non si parlerà d’altro.
Antonio Casu
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