Combattimenti nella Repubblica democratica del Congo: i ribelli dell'M23 hanno preso la città di Goma

Sempre più drammatica la situazione nel Nord Kivu, provincia orientale della Repubblica Democratica del Congo (RDC). I ribelli del Movimento del 23 Marzo (M23) dopo aver ucciso il governatore della provincia, il generale Peter Cirimwami, sono riusciti a conquistare Goma, capoluogo già teatro di combattimenti con l'esercito regolare. Le Nazioni Unite hanno confermato il decesso del generale Cirimwami, colpito mentre si trovava in prima linea.Mentre scriviamo continuano gli scontri a Goma, nonostante l’annuncio del gruppo ribelle M23, sostenuto dal Ruanda, di aver preso il controllo della principale città dell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC). Durante una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, tenutasi domenica, è stato richiesto di fermare immediatamente l’offensiva. L’avanzata dei ribelli nell’est del Paese, una regione ricca di risorse minerarie, ha già costretto migliaia di persone ad abbandonare le proprie case, alimentando i timori di una possibile escalation del conflitto interno in una guerra regionale. Secondo alcune testimonianze raccolte dalle agenzie Reuters e France Press, nella città, che conta circa 2 milioni di abitanti, si registrano saccheggi, sparatorie e colpi di artiglieria, in particolare nella zona dell’aeroporto e nel centro urbano. Inoltre, c'è stata un’evasione di massa dalla prigione municipale, che ospitava circa 3.000 detenuti, con diverse vittime durante la fuga. I ribelli hanno imposto ai soldati governativi un ultimatum, ordinando loro di arrendersi entro le 3:00 di lunedì, ora locale. In risposta, un centinaio di militari congolesi ha consegnato le armi alle truppe della missione di pace delle Nazioni Unite in Congo (Monusco), attiva nel Paese da vent’anni con un contingente di 14.000 unità. Negli ultimi giorni, i combattimenti contro i ribelli dell’M23 hanno causato la morte di almeno 13 peacekeeper stranieri, ha dichiarato sabato l’ONU, che ha iniziato a evacuare il proprio personale dal Paese.Secondo quanto riferito da un funzionario delle Nazioni Unite all’Associated Press, due militari sudafricani sono stati uccisi venerdì, mentre un peacekeeper uruguaiano ha perso la vita sabato. Inoltre, tre Caschi Blu del Malawi e sette militari della missione della Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale (Samidrc), attiva nella Repubblica Democratica del Congo dal 2021, sono morti durante gli scontri. L’ONU accusa il Ruanda di aver dispiegato tra i 3.000 e i 4.000 soldati in supporto ai ribelli dell’M23. Domenica, il Consiglio di Sicurezza ha condannato il «flagrante disprezzo per la sovranità e l’integrità territoriale della RDC» esortando al ritiro immediato delle forze esterne".Nel frattempo, il presidente del Kenya, William Ruto, che presiede anche la Comunità dell’Africa Orientale, ha convocato una riunione d’emergenza dei leader regionali per affrontare la crisi in corso.Nei giorni scorsi gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia hanno invitato i propri cittadini ad abbandonare Goma, dove restano circa un milione di abitanti, la metà rispetto alla popolazione prima del conflitto. La nuova escalation è scoppiata dopo il fallimento della mediazione dell'Angola tra Kinshasa e il Ruanda, accusato dal governo congolese di sostenere i ribelli. Kigali giustifica il proprio intervento dichiarando di voler proteggere la minoranza tutsi, a cui appartiene gran parte dei combattenti dell’M23. Per contro, le autorità congolesi sostengono che il Ruanda stia utilizzando il gruppo ribelle per impadronirsi delle ingenti risorse minerarie del Kivu. Intanto, il presidente congolese Félix Tshisekedi ha convocato una riunione di crisi e presiederà oggi il consiglio di difesa per discutere le misure d’emergenza.Il Nord Kivu, in particolare l'area che si estende da Bunagana (al confine con l’Uganda) passando per Kanyabayonga fino a Goma (al confine con il Ruanda), è una delle regioni minerarie più ricche al mondo. Qui si trovano abbondanti giacimenti di coltan, stagno e tungsteno, noti – insieme all’oro – come minerali di conflitto: risorse estratte in contesti di guerra o caratterizzati da gravi violazioni dei diritti umani. Questi stessi minerali sono al centro di accordi commerciali tra il Ruanda e l’Unione Europea. In un contesto di conflitto come quello delle province orientali della Repubblica Democratica del Congo (RDC), la presenza di risorse minerarie diventa un motore della violenza armata. Tuttavia, l’interesse dei gruppi armati non si riduce semplicemente all’avidità o al controllo diretto delle miniere per arricchirsi. Per molti di questi gruppi, i minerali – spesso contrabbandati – rappresentano una fonte di finanziamento essenziale per perseguire obiettivi politici, economici, sociali e militari.Anche per gli Stati vicini, come Ruanda, Uganda e Burundi, le risorse congolesi rivestono un’importanza cruciale. Le forze militari di questi Paesi sono spesso presenti nell’est della RDC – talvolta con il consenso di Kinshasa, altre v

Gen 27, 2025 - 15:21
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Combattimenti nella Repubblica democratica del Congo: i ribelli dell'M23 hanno preso la città di Goma


Sempre più drammatica la situazione nel Nord Kivu, provincia orientale della Repubblica Democratica del Congo (RDC). I ribelli del Movimento del 23 Marzo (M23) dopo aver ucciso il governatore della provincia, il generale Peter Cirimwami, sono riusciti a conquistare Goma, capoluogo già teatro di combattimenti con l'esercito regolare. Le Nazioni Unite hanno confermato il decesso del generale Cirimwami, colpito mentre si trovava in prima linea.

Mentre scriviamo continuano gli scontri a Goma, nonostante l’annuncio del gruppo ribelle M23, sostenuto dal Ruanda, di aver preso il controllo della principale città dell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC). Durante una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, tenutasi domenica, è stato richiesto di fermare immediatamente l’offensiva. L’avanzata dei ribelli nell’est del Paese, una regione ricca di risorse minerarie, ha già costretto migliaia di persone ad abbandonare le proprie case, alimentando i timori di una possibile escalation del conflitto interno in una guerra regionale. Secondo alcune testimonianze raccolte dalle agenzie Reuters e France Press, nella città, che conta circa 2 milioni di abitanti, si registrano saccheggi, sparatorie e colpi di artiglieria, in particolare nella zona dell’aeroporto e nel centro urbano. Inoltre, c'è stata un’evasione di massa dalla prigione municipale, che ospitava circa 3.000 detenuti, con diverse vittime durante la fuga. I ribelli hanno imposto ai soldati governativi un ultimatum, ordinando loro di arrendersi entro le 3:00 di lunedì, ora locale. In risposta, un centinaio di militari congolesi ha consegnato le armi alle truppe della missione di pace delle Nazioni Unite in Congo (Monusco), attiva nel Paese da vent’anni con un contingente di 14.000 unità. Negli ultimi giorni, i combattimenti contro i ribelli dell’M23 hanno causato la morte di almeno 13 peacekeeper stranieri, ha dichiarato sabato l’ONU, che ha iniziato a evacuare il proprio personale dal Paese.

Secondo quanto riferito da un funzionario delle Nazioni Unite all’Associated Press, due militari sudafricani sono stati uccisi venerdì, mentre un peacekeeper uruguaiano ha perso la vita sabato. Inoltre, tre Caschi Blu del Malawi e sette militari della missione della Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Meridionale (Samidrc), attiva nella Repubblica Democratica del Congo dal 2021, sono morti durante gli scontri. L’ONU accusa il Ruanda di aver dispiegato tra i 3.000 e i 4.000 soldati in supporto ai ribelli dell’M23. Domenica, il Consiglio di Sicurezza ha condannato il «flagrante disprezzo per la sovranità e l’integrità territoriale della RDC» esortando al ritiro immediato delle forze esterne".Nel frattempo, il presidente del Kenya, William Ruto, che presiede anche la Comunità dell’Africa Orientale, ha convocato una riunione d’emergenza dei leader regionali per affrontare la crisi in corso.Nei giorni scorsi gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia hanno invitato i propri cittadini ad abbandonare Goma, dove restano circa un milione di abitanti, la metà rispetto alla popolazione prima del conflitto. La nuova escalation è scoppiata dopo il fallimento della mediazione dell'Angola tra Kinshasa e il Ruanda, accusato dal governo congolese di sostenere i ribelli. Kigali giustifica il proprio intervento dichiarando di voler proteggere la minoranza tutsi, a cui appartiene gran parte dei combattenti dell’M23. Per contro, le autorità congolesi sostengono che il Ruanda stia utilizzando il gruppo ribelle per impadronirsi delle ingenti risorse minerarie del Kivu. Intanto, il presidente congolese Félix Tshisekedi ha convocato una riunione di crisi e presiederà oggi il consiglio di difesa per discutere le misure d’emergenza.

Il Nord Kivu, in particolare l'area che si estende da Bunagana (al confine con l’Uganda) passando per Kanyabayonga fino a Goma (al confine con il Ruanda), è una delle regioni minerarie più ricche al mondo. Qui si trovano abbondanti giacimenti di coltan, stagno e tungsteno, noti – insieme all’oro – come minerali di conflitto: risorse estratte in contesti di guerra o caratterizzati da gravi violazioni dei diritti umani. Questi stessi minerali sono al centro di accordi commerciali tra il Ruanda e l’Unione Europea. In un contesto di conflitto come quello delle province orientali della Repubblica Democratica del Congo (RDC), la presenza di risorse minerarie diventa un motore della violenza armata. Tuttavia, l’interesse dei gruppi armati non si riduce semplicemente all’avidità o al controllo diretto delle miniere per arricchirsi. Per molti di questi gruppi, i minerali – spesso contrabbandati – rappresentano una fonte di finanziamento essenziale per perseguire obiettivi politici, economici, sociali e militari.

Anche per gli Stati vicini, come Ruanda, Uganda e Burundi, le risorse congolesi rivestono un’importanza cruciale. Le forze militari di questi Paesi sono spesso presenti nell’est della RDC – talvolta con il consenso di Kinshasa, altre volte illegalmente – e sfruttano il conflitto per estendere la propria influenza su territori strategicamente ed economicamente rilevanti. Non di rado, i minerali vengono saccheggiati dai soldati, inviati nei rispettivi Paesi e successivamente venduti sul mercato internazionale come prodotti originari di Ruanda, Uganda o Burundi. Il conflitto, che da tre anni oppone le forze di Kinshasa all’M23 supportato da un contingente ruandese stimato in 3-4 mila uomini, ha ulteriormente aggravato la crisi umanitaria in una regione già martoriata da decenni di instabilità.