Chi crede in Dio non ha bisogno né di Trump, né del suo ufficio per la fede con il quale vuole solo idolatrare se stesso

Un’avanzata enorme e ignobile di ignoranza, superbia, spocchia, superiorità verso storia, leggi, norme e tradizioni. E poi dicono anche che sono cristiani. E vescovi e preti e laici impegnati non hanno niente da dire? Solo e tanti assordanti L'articolo Chi crede in Dio non ha bisogno né di Trump, né del suo ufficio per la fede con il quale vuole solo idolatrare se stesso proviene da Globalist.it.

Feb 8, 2025 - 17:15
 0
Chi crede in Dio non ha bisogno né di Trump, né del suo ufficio per la fede con il quale vuole solo idolatrare se stesso

Il Vangelo odierno: In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono
(Lc 5, 1-11 – V/C).

Quante fatiche inutili, nella vita! Come Simon Pietro tante volte abbiamo detto: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. Con un sano pragmatismo dobbiamo riconoscere che le fatiche inutili fanno parte del gioco della vita. Se tutto andasse a buon fine, avesse sempre valore e senso, non saremmo umani. In famiglia, nel lavoro, nelle relazioni, nella vita sociale ed ecclesiale, associativa e politica spesso ci impegniamo, dedichiamo e impieghiamo energie fisiche, emotive e spirituali per… niente, o molto poco. Con annesse frustrazioni e senso di impotenza, per non dire della tentazione di mollare tutto dicendo: “Ma chi me lo fa fare?”

Fatiche inutili. Senza dimenticare che qualche volta sono solo apparentemente inutili e, nel disegno di Dio, hanno un senso e una utilità, che a noi sfuggono. Ritorniamo a Pietro. Lui non accetta la fatica inutile, come me, come molti di noi. La maturità – sappiamo bene – è saper accettare, integrare e superare le fatiche inutili, ovviamente con l’attenzione a non ripeterle. E’ innegabile, comunque, che parecchio del nostro equilibrio e serenità dipenda da questo. Ma accanto a riflessioni antropologiche credo sia importante, come cristiani, riflettere sul senso che diamo alle fatiche inutili, sulla loro incidenza dal punto di vista di fede.

Consideriamo le parole di Simon Pietro: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”. Pietro è onesto nel riconoscere la sua fatica inutile, spesa lungo tutta la notte. Forse c’è anche un po’ di fastidio nelle sue parole. Ma c’è un “ma”. Un “ma” di non poco conto. “MA sulla tua parola getterò le reti”.

Che vuol dire fare qualcosa di cui non si è tanto convinti e farlo “sulla sua Parola”? Vuol dire fare qualcosa conservando la misura di sé, l’umiltà di vita, il desiderio di imparare e collaborare con chi ne sa più di me. Vuol dire “decentrarsi”. Esattamente il contrario dei populisti dei nostri giorni. Uomini e donne che si sentono salvatori della Patria, credono di avere la soluzione per tutto (guerre, economia, sviluppo dei popoli, tecnologie, amministrazione della giustizia). Non solo loro ma anche milioni di persone – ricchi e poveri, colti o meno, religiosi o atei – che li seguono per ignoranza e/o interessi, persino li idolatrano nel grande circo mediatico.

Chi crede in Dio o nei principi fondanti della democrazia ha il sacrosanto dovere di resistere, con ogni mezzo pacifico, a questa deriva. Altro che Trump e il nuovo “ufficio della fede”, ultimo tentativo gnostico di assoggettare religioni e culture idolatrando se stessi. Credo che il prossimo passo sarà forse quello di proclamarsi “Divino Trump” e sarà chiesto di andare ad adorarlo come fu per gli imperatori romani. Non so cosa la Meloni proporrà per sé. Ma in tutta questa storia c’è più da piangere che da ridere: un’avanzata enorme e ignobile di ignoranza, superbia, spocchia, sentimento di superiorità verso storia, leggi, norme e tradizioni. E poi dicono anche che sono cristiani. E vescovi e preti e laici impegnati non hanno niente da dire? Solo e tanti assordanti silenzi.

Ha scritto papa Francesco: “Il populismo è cattivo e finisce male, come ci ha mostrato il secolo scorso… (…). Populismo significa usare il popolo, giusto? Pensi al 1933, dopo il fallimento della Repubblica di Weimar. La Germania era disperata, indebolita dalla crisi del ’29, e allora arrivò quest’uomo che disse: io posso, io posso, io posso! Si chiamava Adolf. È andata così. Ha convinto il popolo che lui poteva. Il populismo ha sempre bisogno di un Messia. E anche di una giustificazione: noi custodiamo l’identità del popolo” (marzo 2017)”.

L'articolo Chi crede in Dio non ha bisogno né di Trump, né del suo ufficio per la fede con il quale vuole solo idolatrare se stesso proviene da Globalist.it.