7 febbraio 1497, quando Savonarola bruciò capolavori nel ‘Falò delle vanità’

Nel fuoco andarono distrutti per sempre opere del Rinascimento come libri, gioielli, statue e persino alcuni dipinti di Sandro Botticelli

Feb 7, 2025 - 05:13
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7 febbraio 1497, quando Savonarola bruciò capolavori nel ‘Falò delle vanità’

Firenze, 7 febbraio 2025 - Era il 7 febbraio del 1497, martedì grasso, il giorno che è passato alla storia come quello del “falò delle vanità”. Tra le fiamme, insieme a libri giudicati ‘immorali’ e gioielli, dadi e carte da gioco, liuti e altri strumenti musicali, canzonieri e sculture di corpi nudi, finirono anche alcune opere di Sandro Botticelli. Dopo aver fomentato la sollevazione popolare che portò alla cacciata dei Medici, Girolamo Savonarola intendeva portare a compimento la sua opera di purificazione, spazzando via per sempre da Firenze tutto ciò che giudicava dissoluto. Le sue prediche avevano infiammato il cuore dei fiorentini, soprattutto quelli dei ceti più umili. Dopo la morte di Lorenzo il Magnifico, il suo potere spirituale crebbe a dismisura, tant’è che divenne non solo guida religiosa, ma anche politica della neonata Repubblica. Aveva indicato ai cittadini un’unica via per la salvezza: quella della penitenza. Tutto ciò che ai suoi occhi appariva contrario a tale visione, era da considerasi deplorevole, e giudicato fonte di corruzione dei costumi. Il lusso venne messo al bando, così come l’arte, proprio quella tanto esaltata e privilegiata dai Medici, signori e indiscussi mecenati di Florentia. Quel giorno del lontano 1497, la cerchia di fedeli del frate domenicano andò casa per casa, sequestrando per poi bruciare pubblicamente migliaia di oggetti considerati ‘peccaminosi’. Tra cui quelli che accarezzavano la vanità umana, come vestiti sontuose, cosmetici o semplici specchi. Tutto quanto aveva avuto origine dalla dissolutezza rinascimentale, venne ingoiato dalle fiamme e ridotto in cenere, sotto lo sguardo di severa contemplazione del Savonarola, predicatore e fustigatore del suo tempo. Fra Bartolomeo, che entrò in convento dopo aver ascoltato le sue prediche, noto come Baccio della Porta, fu autore di un celebre ritratto del monaco, rimasto scolpito nell’immaginario collettivo. L’iconografia classica di Girolamo Savonarola e del suo carattere complesso, sintesi perfetta di rigore morale, grande carisma e ferrea intimità conventuale, è ben rappresentata in quell’immagine consegnata alla storia. Che vede il frate domenicano ritratto nel suo carattere rigoroso e austero, quasi imprigionato nel nero della veste monastica. Dal cappuccio calato sul capo spunta uno sguardo altero e fisso. Che non piegò neppure il 23 maggio del 1498, poco più di un anno dopo quel falò. Quando, in piazza della Signoria, dopo essere stato scomunicato dal Papa e tacciato come eretico, fu lui ad essere giustiziato: impiccato ed arso.