Snello e pelle di bronzo. Il comandante Siligato. Candido per amor patrio. Partigiano per coscienza

Abbandonò la X Mas quando gli chiesero di rastrellare i ribelli. E abbracciò, con ’Richetto’, i destini della brigata Centocroci. Fu ucciso a Codolo di Zeri, insieme a tre suoi compagni russi.

Feb 3, 2025 - 08:13
 0
Snello e pelle di bronzo. Il comandante Siligato. Candido per amor patrio. Partigiano per coscienza

Don Luigi Canessa, cappellano della brigata Centocroci, operante tra Val di Vara e Val di Taro, così ricordò il suo primo incontro con il comandante di plotone Nino Siligato: ''Era in piedi, sul tavolo, e stava arringando calorosamente i suoi uomini. Era un giovane dalla pelle di bronzo, dalla corporatura snella e con un paio di pantaloncini molto sopra al ginocchio. Un cinturone nero, dal quale pendeva una pesante pistola, gli teneva aderente la camicia militare inglese, maniche rimboccate sopra i gomiti. Sotto il casco caki coloniale gli scendevano tre dita di barba e i lisci, lucenti capelli; brillavano in un viso di bimbo due occhi meravigliosi che, in quella arringa, facevano scintille. La più felice fantasia non potrebbe creare un tipo di capo partigiano più caratteristico di Nino Siligato''.

Nino era siciliano, di Limina di Messina. Un marinaio nocchiero, nominato sergente, che aveva combattuto in Grecia. In lui, come in tanti altri giovani, il generoso amor patrio non si poneva allora il problema se la guerra fosse giusta o ingiusta, né che era stata imposta al popolo da un regime che non lo rappresentava.

La storia di Nino è una storia insieme di candore e di sofferta presa di coscienza. L’8 settembre 1943 si ritrovò a Spezia, disperato, senza più una nave. Dopo un paio di settimane terribili decise di arruolarsi nella X Mas di Junio Valerio Borghese, che era al servizio dei tedeschi. Nino voleva proseguire, da marinaio, la guerra sul fronte meridionale. Quando gli dissero: “Si va in Piemonte a rastrellare i ribelli”, tornò a Spezia. La voce della coscienza lo spinse a diventare anch’egli un ribelle. Tra le lusinghe di Borghese e una disobbedienza dai prezzi altissimi Nino scelse. Una scelta morale, emblematica di ciò che fu in primo luogo la Resistenza: un atto di disobbedienza, per la libertà.

Il caso portò Nino a Stra, sulle colline spezzine, in casa di Bruno Brizzi, un giovane operaio comunista che con un gruppo di compagni del luogo e di marinai siciliani sbandati che erano stati addetti alla batteria di Castellazzo aveva raccolto qualche arma. A Stra Nino trovò ospitalità e anche l’amore di una ragazza, Lidia Torrini. Con Bruno decise di salire ai monti. Arrivarono il 13 febbraio 1944, indirizzati dai comunisti spezzini alla banda Beretta, badogliana.

Le prime impressioni dei capi furono negative. "Sotto l’impermeabile chiaro – scrisse don Canessa – c’erano i calzoni e il maglione della X Mas!". Ma Nino voleva combattere. Scese con Bruno in città e portarono su le armi nascoste a Stra. I sospetti continuarono. Fino al 24 marzo, quando Nino e Bruno combatterono sul passo Centocroci a fianco di Federico Salvestri “Richetto” – nel frattempo era nata la brigata Centocroci, con Gino Cacchioli “Beretta” comandante e “Richetto” vice – a fronteggiare il primo rastrellamento, condotto proprio dalla X Mas. Nel combattimento si distinsero “Richetto” e Nino, che “Richetto” nominò comandante di plotone. Diventò il plotone più ardimentoso, autore di numerosissime azioni. Nel gennaio 1945 il maggiore inglese Gordon Lett, a capo del “Battaglione Internazionale”, chiamò “Richetto”, nel frattempo diventato comandante della Centocroci, e gli chiese di impegnare Nino in una importante e pericolosa missione da compiere nel Pontremolese. Nino era febbricitante per l’itterizia, gli consigliarono in tutti i modi di non andare. Ma lui volle partire. E disse a Bruno: “Tu rimani qui”. Nino fu ucciso a Codolo di Zeri, al ritorno dall’azione, insieme a suoi tre compagni russi. Secondo Lett era il 20 gennaio 1945, secondo don Canessa il 17 gennaio. Il gruppo fu attaccato dai tedeschi per una delazione di un fascista di Codolo.

Pochi giorni dopo le tensioni che da tempo attraversavano la Centocroci esplosero. La brigata si divise in due: la componente più “militare”, con “Richetto”, si spostò nel Parmense, la componente più “politica”, legata al Partito comunista, nello Spezzino. Non sapremo mai dove sarebbe andato Nino: se con il suo capo “Richetto” o con l’amico Bruno, più vicino a Lidia. Certo è che entrambe le Centocroci considerarono sempre Nino il loro eroe.

Copresidente del Comitato Unitario della Resistenza