"Rivoluzione IA?. Sarà paragonabile al boom del computing"
UNA RIVOLUZIONE, quella prodotta dall’intelligenza artificiale, che avrà un impatto simile a quello del computer e dell’informatica. Ma l’impatto concreto...
UNA RIVOLUZIONE, quella prodotta dall’intelligenza artificiale, che avrà un impatto simile a quello del computer e dell’informatica. Ma l’impatto concreto sull’economia è tutto da verificare e le imprese dovranno rivedere i loro processi produttivi. Parola di Vincenzo Baglieri (nella foto in alto), Associate Dean dei programmi Master di SDA Bocconi School of Management e docente di gestione della tecnologia e dell’innovazione.
Professor Baglieri, Che impatto avrà l’intelligenza artificiale sull’economia mondiale?
"Tutte le fonti scientifiche e gli istituti di ricerca concordano nel sostenere che l’impatto delle tecnologie dell’AI sarà pervasivo sull’economia mondiale. Per trovare un fenomeno assimilabile, immaginiamo la trasformazione prodotta dalla diffusione del computing in generale. Un dato è sufficiente, tra tutti quelli disponibili, per valorizzare questo impatto: secondo IDC l’effetto combinato di investimenti, ricavi incrementali e recuperi di produttività dell’adozione di tecnologie IA varrà circa il 3.5% del Pil mondiale del 2030, a valore intorno a 20 trilioni di dollari".
Quali sono i Paesi che investono di più su questo fronte?
"I big spender sono le grandi economie, in primo luogo la Cina e gli Stati Uniti, con strategie diverse, centralizzate nel primo caso e distribuite nelle grandi corporations nel secondo caso. L’Europa risulta anche in questo frangente molto confusa, ma del resto è la conseguenza del dibattito continuo sul senso dell’Unione stesso. Parafrasando Tito Livio, potremmo dire che mentre a Bruxelles si discutono le politiche del gambero, complici anche i nostri governi, il controllo tecnologico dell’economia viene espugnato dal resto del mondo!".
Le imprese italiane come si stanno comportando al riguardo?
"Le imprese italiane hanno comunque preso coscienza di questo megatrend molto rapidamente, credo che l’esempio più eclatante sia il nuovo piano industriale di Leonardo, che vuole tornare a essere un’azienda della tecnologia a tutti gli effetti. Per dare una misura più generale, il più recente HIT Report del DEVO Lab - il laboratorio di ricerca di SDA Bocconi School of Management sulla digital evolution della nostra economia e che censisce ogni anno i principali trend di sviluppo tecnologico delle imprese associate al laboratorio medesimo - conferma che circa il 40% dei progetti di innovazione tecnologica in Italia sono focalizzati sulle applicazioni dell’intelligenza artificiale. In particolar modo, il 27% sulla Generative AI, il 15% su applicazioni di AI predittiva a vari contesti industriali e ben 8% nel campo dei servizi e delle attività legate alle applicazioni mediche e della salute".
Ci si sta aspettando troppo dall’IA? Cosa può effettivamente fare per l’economia?
"Il rischio di semplificare troppo e sovrastimare le aspettative c’è sempre, esattamente come tra il 1999 e il 2001 per il boom di Internet. Numerosi esperti e persino l’Economist già da qualche mese hanno lanciato un grido d’allarme sull’eccesso di aspettative verso l’IA: in quanto a recuperi di produttività, a impatto sull’occupazione e a effetto leva sulla redditività i dati più recenti dimostrano che negli Stati Uniti, Paese barometrico in quanto a investimenti in IA, gli effetti sono inferiori alle attese. Addirittura le aziende più “laiche” nei confronti dell’adozione dell’IA performano (in termini di valorizzazione del titolo azionario) meglio delle imprese che stanno adottando strategie pionieristiche".
Su quali comparti aziendali l’IA impatterà maggiormente?
"Potremmo per semplicità distinguere tra processi operativi e routinari; processi decisionali e processi relazionali. L’IA consente l’automazione dei processi operativi e routinari, ad esempio in larga parte dei servizi e della pubblica amministrazione, favorendo il fenomeno dell’industrializzazione dei servizi stessi; accelera e moltiplica la produttività dei processi decisionali, idealmente migliorando anche l’efficacia del management delle aziende; consente di liberare risorse di tempo e persone dedicate ad attività di natura relazionale (si pensi a un servizio clienti) per la porzione di interazioni più comuni e ripetitive, consentendo così di dedicare competenze e risorse alla personalizzazione del prodotto e del servizio. Io ritengo che comparti come la Sanità e l’Istruzione ne potrebbero trarre benefici notevoli, soprattutto perché potremmo garantire accesso più semplice ed efficiente e indirizzare i risparmi verso le categorie di servizi e di destinatari più delicati per l’equilibrio del bilancio pubblico".
Quanto costerà alle imprese sviluppare l’IA al loro interno?
"Onestamente credo che lo sviluppo in house di tecnologie IA sia ormai precluso per larga parte delle nostre imprese, specie in un Paese dominato dal nanismo imprenditoriale come l’Italia. Un po’ come se quaranta anni fa ognuno avesse voluto costruire il proprio Pc. Il fattore differenziante, a questo punto, diventa essere in grado di usare l’IA e costruire processi aziendali che si basano su logiche efficaci e dati adeguati".
E quanto costerà non sviluppare questi processi?
"Il costo-opportunità è la definitiva perdita di competitività. L’errore principale che si commette è credere che l’adozione delle tecnologie migliori le performance dei processi aziendali a prescindere. Tuttavia, senza prima averli ridisegnati e ottimizzati e senza aver costruito processi decisionali guidati dai dati e non dalle “sensazioni”, si finisce solo per digitalizzare l’inefficienza e gli sprechi, come già accaduto per tanti casi di applicazioni delle cosiddette tecnologie dell’Industria 4.0 negli anni passati".