Revocazione di una donazione immobiliare per "ingratitudine": il parere della Cassazione
lentepubblica.it Il caso in esame analizzato dalla Corte di Cassazione riguarda la revocazione per ingratitudine di una donazione immobiliare, ex art. 801 c.c. Il donante (B.B.), dopo aver donato un appartamento all’ex convivente (A.A.), ha scoperto che quest’ultima aveva una relazione sentimentale con un altro uomo, già in essere al momento della donazione. Mentre il Tribunale […] The post Revocazione di una donazione immobiliare per "ingratitudine": il parere della Cassazione appeared first on lentepubblica.it.
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Il caso in esame analizzato dalla Corte di Cassazione riguarda la revocazione per ingratitudine di una donazione immobiliare, ex art. 801 c.c.
Il donante (B.B.), dopo aver donato un appartamento all’ex convivente (A.A.), ha scoperto che quest’ultima aveva una relazione sentimentale con un altro uomo, già in essere al momento della donazione.
Mentre il Tribunale di Imperia ha rigettato la domanda, la Corte d’Appello di Genova, con sentenza n. 717 del 20 giugno 2022, ha accolto il ricorso del donante, stabilendo la revocazione della donazione per ingratitudine e dichiarando che i beni mobili presenti nell’appartamento fossero di proprietà del donante e, dunque, da restituire.
La Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla questione, ha fornito importanti precisazioni circa i doveri intercorrenti tra due soggetti conviventi.
Che cosa si intende per revocazione per ingratitudine?
Prima di addentrarci nell’esame della pronuncia della Suprema Corte, è opportuno analizzare brevemente la fattispecie di cui all’art. 801 c.c. La norma, rubricata “Revocazione per ingratitudine”, dispone che la domanda di revocazione per ingratitudine è proponibile se il donatario:
- a) ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere il donante, il coniuge del donante, un discendente o un ascendente di quest’ultimo;
- b) ha commesso un fatto che, secondo la legge penale, è punibile come omicidio nei confronti delle persone suddette;
- c) denuncia di una delle persone sopra citate per un reato punibile con l’ergastolo o con reclusione di almeno tre anni, se dichiarata calunniosa in sede penale. Lo stesso vale per la testimonianza falsa contro tali persone in processi penali;
- d) ha commesso un’ingiuria grave, la cui qualificazione è lasciata al giudice, che deve considerare il contesto sociale, le relazioni tra donante e donatario, e le specifiche circostanze in cui sono avvenute le offese;
- e) ha realizzato un pregiudizio doloso al patrimonio del donante;
- f) rifiuta di corrispondere gli alimenti.
Lo svolgimento del processo
Tanto premesso, torniamo al caso oggetto della pronuncia della Cassazione.
Ebbene, la Corte d’Appello, nell’accogliere il ricorso del donante, ha valutato che la condotta di A.A. manifestasse un’ingratitudine tale da ledere la dignità del donante.
La decisione si è basata su una serie di elementi probatori che evidenziavano una crisi preesistente nella relazione tra i due, nonché l’esistenza di una relazione clandestina di A.A. con un altro uomo già prima della donazione dell’immobile.
In particolare, la Corte ha sottolineato che, a pochi giorni dalla donazione, B.B. era stato costretto ad allontanarsi dall’abitazione, e successivamente il nuovo compagno di A.A. era stato avvistato nell’appartamento donato. Questo comportamento indicava non solo la volontà di A.A. di interrompere il legame con B.B., ma anche l’intenzione di ottenere la liberalità senza alcun vero sentimento di riconoscenza nei confronti del donante.
Un ulteriore aspetto che ha contribuito alla decisione è stata la visita di A.A. dal notaio prima della donazione, durante la quale si era informata sulla possibilità di rivendere liberamente il bene donato. Questo comportamento è stato interpretato dalla Corte come prova di una pianificazione strategica, volta a ottenere la donazione con la consapevolezza di voler terminare il rapporto con B.B., evidenziando una mancanza di buona fede e di sincerità nella relazione.
Il mancato rispetto della dignità del donante
La Corte ha ritenuto che, sebbene non sussistesse un vincolo matrimoniale tra B.B. e A.A., vi fosse comunque un dovere di rispetto reciproco, il quale imponeva alla A.A. di informare preventivamente il compagno della sua intenzione di porre fine alla loro relazione. La circostanza che tale volontà sia stata comunicata solo due giorni dopo la donazione ha messo in evidenza una condotta che denota una mancanza di rispetto nei confronti della dignità del donante.
In aggiunta, la Corte ha evidenziato che la convenuta, a breve distanza dalla rottura della relazione con B.B., si era fatta fotografare da una rivista nazionale insieme al nuovo compagno, rilasciando dichiarazioni inopportune riguardo al maggiore appagamento derivante dal nuovo rapporto, comportamento che è stato considerato come una grave ingiuria nei confronti di B.B.
Revocazione di una donazione immobiliare per “ingratitudine”: il parere della Cassazione
La Cassazione, con l’ordinanza 32682/2024, ha confermato la decisione della Corte d’Appello.
Gli Ermellini in primo luogo hanno affermato che, sebbene la convivenza di fatto non sia caratterizzata dai doveri e obblighi tipici del matrimonio, essa impone comunque obblighi morali e sociali, la cui violazione, specialmente se avviene in modi tali da ledere gravemente la dignità del convivente, può configurare l’ingiuria grave prevista dall’art. 801 c.c.
I doveri di solidarietà reciproca, che derivano dalla convivenza, pur essendo privi di coercibilità e caratterizzati da una minore vincolatività rispetto a quelli discendenti dal matrimonio, sono comunque ineludibili.
A tal proposito, la giurisprudenza di legittimità, a più riprese, ha chiarito che l’ingiuria grave richiesta dall’articolo 801 c.c. come presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur richiamando elementi del diritto penale riguardanti l’offesa all’onore e al decoro, si distingue per la sua manifestazione esteriorizzata. Ciò significa che il comportamento del donatario deve rendere palese a terzi un durevole sentimento di disistima e irrispettosità verso il donante, contraddicendo il senso di riconoscenza che dovrebbe caratterizzare tali rapporti, in linea con le evoluzioni sociali.
La giurisprudenza ha, pertanto, ravvisato l’ingratitudine non solo nella relazione extraconiugale intrattenuta dal donatario, ma nella sua ostentazione, anche all’interno dell’abitazione coniugale, in presenza di terzi e talvolta dello stesso coniuge.
Le conclusioni dei giudici
Applicando questi principi alla fattispecie in esame, pur riconoscendo che l’assenza di un vincolo matrimoniale attenua il dovere di fedeltà tra conviventi, è essenziale effettuare una valutazione complessiva della condotta del convivente che intraprende una nuova relazione, soprattutto con riferimento alle modalità con cui la nuova relazione è stata portata alla luce. È cruciale considerare anche eventuali comportamenti che possano denotare un atteggiamento irrispettoso nei confronti del donante, contrastante con il sentimento di rispetto che dovrebbe contraddistinguere il rapporto tra donante e donatario. La Cassazione afferma che “Non è quindi la nuova relazione in sé ad essere stata reputata offensiva della dignità del B.B., ma le modalità con le quali la stessa è stata resa palese, sebbene già intrapresa in epoca anteriore alla donazione, ed essendo stata poi esternata con modalità evidentemente irriguardose nei confronti dell’ex compagno.”
La Suprema Corte ha quindi rigettato il ricorso e confermato la decisione dei giudici di secondo grado. La donna dovrà pertanto restituire l’immobile donato.
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