La nuova frontiera tra Meloni e Trump

Meloni dovrebbe essere redarguita non per aver visto più volte Trump in pochi giorni, ma se interpretasse il suo ruolo istituzionale in chiave di sovranismo anti-americano. Il taccuino di Guiglia.

Feb 2, 2025 - 13:17
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La nuova frontiera tra Meloni e Trump

Meloni dovrebbe essere redarguita non per aver visto più volte Trump in pochi giorni, ma se interpretasse il suo ruolo istituzionale in chiave di sovranismo anti-americano. Il taccuino di Guiglia

Dopo la Germania e prima della Francia, gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato al mondo per il “made in Italy”. L’anno scorso le esportazioni italiane in America hanno toccato i 67,2 miliardi di euro. E poiché l’interscambio commerciale vale più di 92 miliardi, significa che esportiamo molto più di quanto importiamo.

Dopo l’America latina e prima dell’Europa, l’America del Nord rappresenta la più potente forza del destino per la storica emigrazione italiana.

Gli americani-italiani sono oggi oltre 20 milioni di cittadini. Costituiscono una comunità ben radicata e fiorente. I suoi fieri esponenti delle due bandiere -quella a stella e strisce e quella dei tre colori- si fanno valere ovunque. Sono persino saliti ai vertici della più importante Corte Costituzionale del pianeta: l’italo-americano Antonin Scalia è stato a lungo giudice della Corte Suprema. Dal pensiero conservatore, è considerato tra i maggiori giuristi che abbiano influenzato il nostro tempo.

Dunque, quando un presidente del Consiglio della Repubblica italiana va a tu per tu con il presidente degli Stati Uniti d’America, non è un incontro qualunque o per caso. Anche tralasciando il peso della prima potenza del globo e alleato numero uno dell’Unione europea qual è l’America (a prescindere dal transeunte inquilino alla Casa Bianca), il rapporto Roma-Washington è un preminente interesse nazionale a livello internazionale.

Perciò Giorgia Meloni dovrebbe essere redarguita non già per aver visto due volte il repubblicano Donald Trump in pochi giorni (dopo aver instaurato un rapporto speciale anche col predecessore democratico Joe Biden), ma se interpretasse il suo ruolo istituzionale in chiave di sovranismo anti-yankee. Dare oggi a Trump dell’“amerikano” come facevano, con la k di odio scritta sui muri, gli antiamericani di ieri, risulterebbe persino popolare, vista la posizione anti-europea di Donald, che vuole introdurre dazi punitivi per l’economia del nostro continente. E che sollecita gli europei a più che raddoppiare il contributo economico (dal 2 al 5%), per la difesa comune nell’alleanza della Nato.

Lui incarna al meglio il peggio dello stereotipo del cowboy, a cui proprio la cinematografia americana ci ha affezionati. Ma gli stereotipi, attenzione, sono “un’opinione precostituita su persone o gruppi, che prescinde dalla valutazione del singolo caso ed è frutto di un antecedente processo d’ipergeneralizzazione e ipersemplificazione, ovvero risultato di una falsa operazione deduttiva” (così la Treccani).

Invece interloquire con gli Stati Uniti non è scelta giusta o sbagliata: è una scelta naturale. Purché lo si faccia senza piaggerie né sottomissioni.

Tuttavia, nella storia italiana più recente è capitato soprattutto ai politici che un tempo guardavano a Mosca di soccombere al fascino di Washington. C’è pure il riscontro oggettivo all’incontrario: con i fatti di Sigonella (1985) l’allora presidente del Consiglio, Bettino Craxi, dimostrò di non avere alcuna sudditanza nei confronti dello zio Sam.

Ma Craxi era socialista, amante di Garibaldi e del Tricolore, che fece sventolare su tutte le pubbliche istituzioni. Ed era anticomunista: non aveva nulla da farsi perdonare nell’America delle libertà. Non aveva cioè bisogno di imitare quei progressisti del Pci dell’epoca, i quali si professavano kennediani con molta disinvoltura e parecchia faccia tosta.

L’America non è soltanto la prosecuzione dell’Europa dall’altra parte dell’Oceano con tutte le differenze che comportano la separazione geografica e il mondo che cambia. Nella scacchiera delle grandi potenze e dei Paesi emergenti, l’America è l’alternativa occidentale e liberale alla Cina, alla Russia, all’India. Impossibile e impensabile fare a meno della nazione-guida con cui condividiamo molto più di quanto ci divida.

Da europei e da italiani siamo tutti americani (senza la cappa). Il sogno americano è il nostro sogno. Se non per ragioni politiche ed economiche, storiche e culturali, almeno romantiche, visto che si deve al fiorentino e straordinario navigatore ed esploratore del Rinascimento, Amerigo Vespucci, il nome di quel continente grandioso, da Nord a Sud, a cui gli Stati Uniti hanno rubato il nome: l’America. E a cui, continente e Stati Uniti, siamo legati per sempre con spirito critico, indipendenza politica e amore per la libertà. Che è la nostra nuova frontiera.

(Pubblicato sul quotidiano Alto Adige)
www.federicoguiglia.com