Giù il sipario sull’era Platek. Quattro anni di gestione fra luci e qualche ombra
L’arrivo nel Golfo nel 2021 con un progetto basato su "lavoro e umiltà". Alla città resta uno stadio bellissimo realizzato con un forte investimento.
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Si è chiusa ieri l’era Platek nello Spezia Calcio, dopo quattro anni di gestione. Tanto è passato da quell’11 febbraio 2021 quando il magnate statunitense Robert Platek acquistò il cento per cento delle quote societarie dello Spezia dalla Orlean Invest di Gabriele Volpi. All’atto del loro insediamento i neo proprietari americani dichiararono: "Siamo felici per l’acquisizione dello Spezia. La Serie A è l’elite, lo Spezia incorpora i valori in cui crede la nostra famiglia: il lavoro e l’umiltà".
Il 15 maggio 2021, prima del match Spezia-Torino (4-1) che decretò la salvezza matematica delle Aquile di Italiano, vi fu la prima e unica conferenza stampa del patron Robert Platek, con a corredo i tifosi ad acclamarlo: "La nostra scelta è ricaduta sullo Spezia perché, oltre a piacerci la città, siamo rimasti colpiti in positivo dal management e dal team - disse il patron -. Il ‘Picco’ è nel nostro focus, dovrà essere modernizzato. Il mio sogno è lo stesso di queste persone che cantano qui fuori: rimanere a lungo in Serie A. Se dovessi pensare allo Spezia fra 5 anni vedo una società con una squadra competitiva, che gioca in un bello stadio e che scende in campo con grande passione".
Un programma, nei fatti, realizzato solo a metà: i Platek saranno, infatti, ricordati per aver dotato la città di uno stadio splendido, costato 15 milioni di euro, undici dei quali di provenienza della famiglia americana, ma anche per l’amarissima retrocessione in Serie B del 2023 che determinò la rottura con una parte della tifoseria. Da una parte la lungimiranza negli investimenti infrastrutturali sullo stadio, di cui ora si godono i risultati, dall’altro i colpi a vuoto nei progetti sportivi, a cominciare dal siluramento del ds Mauro Meluso, ovvero di colui che in soli 19 giorni, con tre milioni di budget, riuscì a coniare la squadra che conquistò una salvezza storica in Serie A con ben 39 punti, con in organico giocatori del calibro di Provedel, Verde, Ismajli, Zoet, Agudelo, Estevez, Saponara, Leo Sena, Nzola, Pobega, Gyasi, Bastoni e Maggiore.
A seguire, l’anno successivo, la mancata conferma del tecnico Thiago Motta, protagonista con la sua truppa di un’altra salvezza miracolosa in A con 36 punti, pur a fronte della disponibilità dell’attuale tecnico della Juventus a restare, provabile da una email fatta pervenire al management della società. Nel mezzo le gestioni tecniche di Riccardo Pecini, Eduardo Macia, fino a quella attuale di Stefano Melissano, con tanti giocatori arrivati e con quattro plusvalenze significative: quella di Kiwior all’Arsenal per 25 milioni di euro, di Holm al Bologna per 7 milioni di euro (metà al Sonderjyske, altra società dei Platek, da cui proveniva), di Nzola alla Fiorentina per 12,6 milioni di euro e di Kouda al Parma per 4,5 milioni di euro.
Consistenti gli investimenti su giocatori che non hanno però lasciato traccia: Sher, Kornvig, Sanca, Beck, Bozhanaj, Podgoreanu, Zovko, Nguiamba, Stijepovic, Mraz, Strelec, Moutinho, Cipot, Krollis, Muhl. E, non di meno, tante le risorse economiche investite per atleti che hanno avuto un rendimento altalenante o al di sotto delle attese: Ekdal, Bourabia, Dragowski, Kovalenko, Shomurudov, Caldara, Zurkowski, Antonucci. Scelte non propriamente azzeccate che hanno determinato perdite economiche, peraltro appesantite ulteriormente dalla retrocessione in B. Resta qualche buon investimento che si sta materializzando nell’attualità: Salvatore Esposito, Wisniewski, Hristov, Sarr, Mateju, Nagy, Cassata, Kouda, Bandinelli, Soleri, Di Serio, Chichizola, Lapadula.