Deepseek e la paura di perdere il controllo sui codici: uno scenario che ci riguarda da vicino
Deepseek, la nuova intelligenza artificiale made in China, ha rotto gli equilibri: costa meno, è opensource e offre prestazioni d’eccellenza. È come se la Silicon Valley fosse stata spogliata all’improvviso del suo vantaggio competitivo, mentre Donald Trump agita lo spettro di un nemico da arginare a colpi di faraonici investimenti (il progetto Stargate ne è […] L'articolo Deepseek e la paura di perdere il controllo sui codici: uno scenario che ci riguarda da vicino proviene da Il Fatto Quotidiano.
Deepseek, la nuova intelligenza artificiale made in China, ha rotto gli equilibri: costa meno, è opensource e offre prestazioni d’eccellenza. È come se la Silicon Valley fosse stata spogliata all’improvviso del suo vantaggio competitivo, mentre Donald Trump agita lo spettro di un nemico da arginare a colpi di faraonici investimenti (il progetto Stargate ne è un esempio).
La posta in gioco non è solo economica. È geopolitica. Con Deepseek, la Cina afferma di poter competere ad armi pari nel settore chiave del futuro, mettendo in discussione la leadership tecnologica degli Stati Uniti. I mercati finanziari reagiscono con nervosismo, il presidente Usa agita la minaccia dei “cinesi” per spaventare l’opinione pubblica. Ma forse la paura è un’altra: che l’open source sottragga al potere centrale il controllo sui codici, distribuendo alla comunità globale.
Questo scenario ci riguarda più di quanto crediamo. Quando i nostri dati, i nostri pensieri e le nostre abitudini sono custoditi in server oltreoceano, entriamo in una zona d’ombra digitale dove sono altri a scegliere cosa mostrare o nascondere. E se l’Europa avesse la forza di seguire l’esempio di Deepseek, con server e infrastrutture proprie, costruendo un modello di IA che protegga i cittadini e valorizzi l’intelligenza collettiva?
Certo, la tecnologia non basta. Serve una formazione che integri il fattore umano e i principi costituzionali. Scuole e università dovrebbero rendere l’AI un’opportunità di crescita condivisa, non un salto nel buio.
La grande lacuna sta proprio nel non aver ancora definito regole e programmi di formazione che responsabilizza chi userà – e svilupperà – questi strumenti. Se deleghiamo tutto ai colossi tech o alle potenze straniere, rischiamo di trovarci a subire decisioni su cui non avremo voce in capitolo.
L’alternativa c’è. Approcci come Deepseek o altre soluzioni aperte possono creare un ecosistema più democratico. Possiamo appoggiare progetti di alfabetizzazione digitale, sostenere chi promuove server e software in Europa, favorire la collaborazione tra enti pubblici e comunità di sviluppatori.
Agire ora vuol dire scegliere: vogliamo un’AI centralizzata, che risponde a pochi e sostituisce il pensiero umano, o un’AI partecipata, strumento per potenziare creatività e consapevolezza? La differenza sta nelle nostre azioni quotidiane. Se non ci muoviamo, qualcun altro deciderà per noi. E allora l’AI diventerà un’ennesima conquista, l’ennesimo dominio. Meglio impegnarsi adesso, e costruire insieme un futuro davvero condiviso.
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