Così Elon Musk vuole mettere le mani anche sui dati sul clima
Il nuovo dipartimento per l’Efficienza Governativa (Doge), affidato da Donald Trump a Elon Musk, potrebbe permettere all’uomo più ricco del mondo di mettere le mani anche sui dati raccolti sul clima dalla principale agenzia di studi meteorologici degli Stati Uniti. Il 5 febbraio scorso, come riportato per la prima volta dal portale statunitense Axios, i collaboratori del Doge si sono […]
Il nuovo dipartimento per l’Efficienza Governativa (Doge), affidato da Donald Trump a Elon Musk, potrebbe permettere all’uomo più ricco del mondo di mettere le mani anche sui dati raccolti sul clima dalla principale agenzia di studi meteorologici degli Stati Uniti.
Il 5 febbraio scorso, come riportato per la prima volta dal portale statunitense Axios, i collaboratori del Doge si sono presentati presso gli uffici di Silver Spring, nello stato del Maryland, della National Oceanic & Atmospheric Administration (Noaa), l’agenzia americana che raccoglie dati meteorologici, marini e atmosferici allo scopo di formulare previsioni meteo e studiare il clima.
All’interno del complesso c’è anche la sede centrale del National Weather Service, l’agenzia statunitense che si occupa delle previsioni meteo, da cui proviene il nuovo direttore del Noaa nominato da Trump, il meteorologo Neil Jacobs, che già aveva guidato l’agenzia durante il primo mandato del tycoon alla Casa bianca, finendo al centro di uno scandalo.
Ma torniamo a quel 5 febbraio. Quella mattina la squadra di Musk, composta da un gruppo di sei ingegneri di età compresa tra i 19 e i 24 anni, supera la sicurezza e, secondo le testimonianze raccolte dal portale The Verge, chiede di accedere al sistema informatico ai dipendenti del Noaa, che non possono opporsi.
Da settimane infatti i ragazzi del Doge sono impegnati in irruzioni simili in varie agenzie ed enti federali, compreso il dipartimento del Tesoro, dove hanno avuto accesso persino ai dati della previdenza sociale dei cittadini americani. L’ultima operazione però era avvenuta proprio qualche giorno prima dell’arrivo dei collaboratori di Musk al Noaa, quando la squadra del Doge provò fare lo stesso presso gli uffici di Washington DC dell’agenzia statunitense per lo Sviluppo Internazionale (USAID).
Allora i dirigenti che si rifiutarono di consegnare i server dell’ente federale ai collaboratori dell’uomo più ricco del mondo furono sospesi dal servizio su ordine di Trump e del suo segretario di Stato, Marco Rubio, dal cui dipartimento dipende l’agenzia. Così i dipendenti del Noaa non poterono far altro che consegnare quanto richiesto agli uomini di Musk.
Ufficialmente il Doge ha il compito di analizzare la spesa governativa e proporre soluzioni “tecniche” per ridurre gli sprechi, tagliando miliardi di dollari di inefficienze dell’amministrazione federale statunitense. Ma il nuovo dipartimento di Musk si è anche fatto carico di far rispettare l’ordine esecutivo di Trump che ha cancellato le politiche volute da Biden a tutela della diversità, dell’equità e dell’inclusione.
Per questo motivo, prima dell’arrivo del Doge, ai dipendenti del Noaa erano state date istruzioni di rimuovere qualsiasi materiale relativo a queste politiche, anche online. Quindi, una volta arrivati negli uffici di Silver Spring, i collaboratori di Musk avrebbero preteso l’accesso ai siti-web dell’agenzia e degli enti da essa controllati e persino agli account di posta elettronica dei dipendenti. Per farlo però dovevano prendere il controllo dei server.
“Sono entrati nel sistema di raccolta dati, ma nessuno sa davvero cosa ci fanno lì. Chi lo sa cosa si portano via quando accedono a questi sistemi? Abbiamo lavorato sulla sicurezza informatica per quanti decenni? E loro la stanno semplicemente ignorando” ha denunciato nella sua newsletter personale su SciLight il biologo marino ed ex dirigente del Noaa, Andrew Rosenberg, che citando alcuni ex colleghi ha rivelato come l’obiettivo del Doge sia dimezzare la forza lavoro e ridurre di almeno il 30 per cento il bilancio dell’agenzia.
Come altri enti infatti, quali l’agenzia per la protezione ambientale (EPA), anche il Noaa, che raccoglie dati sui cambiamenti climatici, è finito nel mirino dell’amministrazione Trump, che ha già annunciato l’uscita dagli Accordi di Parigi sul clima, revocato le concessioni agli impianti eolici offshore, tagliato i fondi per l’ambiente e annullato 4 miliardi di dollari di contributi al Green Climate Fund. Guarda caso, da quel 5 febbraio e per le successive 24 ore, è andato offline proprio il sito del Noaa che pubblica i dati sul monitoraggio dei valori di CO2 a livello globale.
Intanto, a capo dell’ente, Trump ha messo il suo fedelissimo Neil Jacobs che, nel 2019, quando era direttore ad interim del Noaa, finì al centro del famigerato scandalo “Sharpiegate”. Allora fu accusato di aver permesso al presidente di alterare erroneamente una mappa del National Hurricane Center che raffigurava il percorso previsto dell’uragano Dorian, motivo per cui ricevette una reprimenda dall’ispettorato generale del dipartimento del Commercio, a cui risponde il Noaa.
Negli ultimi anni poi, forse in attesa del ritorno di Trump alla Casa bianca, il fedelissimo del tycoon ha lavorato per l’Earth Prediction Innovation Center (EPIC) per sviluppare modelli meteorologici che possano essere utilizzati da enti governativi, anche coadiuvati dall’intelligenza artificiale. Chissà che Musk non l’aiuti.