“Bocconi amari – Semifreddo” di Eleonora Danco in Prima nazionale al Vascello
Dal film 'n-Ego' allo spettacolo 'Bocconi amari - Semifreddo', il viaggio di Eleonora Danco tra cinema e teatro L'articolo “Bocconi amari – Semifreddo” di Eleonora Danco in Prima nazionale al Vascello proviene da Globalist.it.
di Alessia de Antoniis
Dal 7 al 16 febbraio 2025 al Teatro Vascello di Roma, Eleonora Danco presenta in Prima nazionale Bocconi amari – Semifreddo. Scritto, diretto e interpretato da Eleonora Danco, vede in scena Orietta Notari, Federico Majorana, Beatrice Bartoni e Lorenzo Ciambrelli.
Regista, drammaturga, performer, attrice, Eleonora Danco ha presentato in concorso al Torino Film Festival 2024 il suo secondo lungometraggio, n-Ego, di prossima uscita, con Filippo Timi ed Elio Germano.
n-Ego è una camminata per Roma, da Trastevere a Viale Bruno Buozzi, al Fontanone, a Tor Bella Monaca, a San Lorenzo, a Fiumicino. C’è un po’ di Ostia, l’Idroscalo, Ponte Milvio, Campo dei Fiori. Ho condensato qui i quartieri dove ho vissuto – dice Eleonora – Tutta Roma è la mia città.
Per tutto il film sembri un manichino di De Chirico, senza volto, ma la sensazione che ho avuto è che tutte le persone che hai intervistato fossero in quel volto che mancava a te. In realtà tutte persone al limite…
Sono persone; è quello che ho raccolto per strada. Rappresentano la vita adulta. Molti mi hanno detto di no. Ci sono anche cose divertenti, come la signora dei Parioli che si vuole fare le gambe come il marito.
Dove li hai trovati?
Ho fatto il cast per strada, aspettando mesi, scegliendo le persone che mi colpivano, anche solo per come camminavano. Ho impiegato due anni. Lei l’ho presa fuori da una scuola dei Parioli: tra le mamme che parlavano, lei stava lì, da sola, in disparte. L’agente di viaggi è sbucato da un angolo di viale Parioli, rideva da solo con dei fogli in mano, sorrideva, non so a cosa pensava: l’ho fermato e mi ha colpito.
Bocconi amari – Semifreddo arriva al Teatro Vascello in prima nazionale. Come è nato?
Il primo atto, Bocconi Amari, l’avevo scritto nel 1999 per il Teatro Stabile di Parma. Mi avevano dato il tema della famiglia nel nuovo millennio e ho scritto solo in qualità di autrice. Era la mia prima commissione ufficiale come drammaturga. Mi piaceva molto e volevo riportarlo in scena, ma era breve. Così, vent’anni dopo, ho scritto il secondo atto, Semifreddo, e ho usato quei vent’anni di attesa anche nella storia. I personaggi si ritrovano vent’anni dopo.
In questa pièce interpreti il padre. In n-Ego pronunci una frase: “Ci sono momenti in cui mio padre si impossessa di me”…
Sono i temi degli adulti in generale, il rapporto con i figli: se li fai, se non li fai…
In un’altra scena di n-Ego dici: Non ti parlo, papà; non ti saluto mamma; però vi cerco. Non voglio figli, non ce la faccio; il ricordo è fresco come la vernice, il rifiuto, l’amore mischiato. E ancora: Non mi hanno risposto al cellulare, non mi hanno salutata. Non mi hanno vista dentro. Non mi hanno fatto dire che anche io mi faccio schifo, anche io non valgo niente…
È una mia poesia… Ma sono tutte quelle cose che fai nella vita, quei piccoli dolori, quelle piccole cattiverie che succedono nella vita, che ci rimani male. Quando non ti salutano, non ti rispondono al cellulare…
Sei amata, sei apprezzata per la tua arte. Perché sei sempre così dura con te? perché non hai mai una parola accogliente per te Eleonora?
Quella è mia madre, è il fantasma di mia madre che aleggia in me. Sono rimandi dell’educazione. Però questo essere dura con me e non perdonarmi niente, mi ha permesso di avere una rivalsa, di stare in scena con me stessa. Noi dobbiamo accettare che viviamo con i fantasmi dell’educazione.
Poi io ho avuto il dono di nascere con una parte artistica molto forte. Sono una ribelle: ho una parte dura, ma anche una parte che dà fuoco a tutto questo e che riutilizza i suoi traumi nell’arte. Lo diceva sempre Fellini, che il bambino è condizionato fin da piccolo dall’educazione, dalla scuola, dalle rigide regole di comportamento; e che l’artista dovrebbe dimenticare tutto e buttarsi nel fuoco dell’arte a costo di bruciarsi. Il mio lato artistico è quello che mi permette di dare fuoco a tutto questo, di riutilizzarlo, perché tanto noi non possiamo toglierci nulla di quello che ci è stato impresso da piccoli, ce lo portiamo dentro sempre.
Sono cresciuta con una madre che era sempre controllo, giudizio, severità. Non lo faceva con cattiveria, era il suo carattere, forse per paura che i figli si perdessero. Ma la mia parte ribelle mi ha permesso di riscattarmi, nel mio lavoro, nella mia creatività, nella mia scrittura. Però non mi domando troppo se mi voglio bene o no. Diciamo che sono sempre in tensione. Sono dura con me stessa, ma anche un’eccentrica esaltata.
Come hai selezionato le storie dei personaggi di n-Ego?
Non sapevo nulla di loro, li fermavo perché mi piaceva la faccia. Del tipo di San Lorenzo, l’ex tossico che è stato in carcere, sapevo la sua storia perché è uno del quartiere. O la tipa di Trastevere: sapevo che era stata in carcere perché era una pusher. Ma quello sotto il ponte che mi dice “ho fatto le rapine”… quando li ho fermati non sapevo nulla di loro. Poi sono venuti al provino e mi hanno raccontato tutto.
Gli adulti stanno tutti così, hanno tutti una tara. Messi sotto una lente di ingrandimento, hanno tutti un conflitto, perché è la vita adulta che è così.
Nel film c’è una scena in cui dici i ricordi buttali nel cesso. Come si concilia con quello che mi hai detto finora?
I ricordi buttali nel cesso nel senso non ti attaccare al passato, non ti punire, non c’è più possibilità, sei un adulto, è andata, i giochi sono fatti. Quando io dico di riutilizzare, intendo riutilizzare i propri demoni. Io l’ho fatto con il film. Mi sono riscattata con il mio lavoro che amo. Mi sono salvata grazie a questo. Altrimenti mi sarei ferita di più, sarei stata più autolesionista. Il mio lavoro mi ha consentito di incanalare la mia energia e trasformarla in creatività.
Che famiglia racconti con Bocconi amari – Semifreddo?
Il primo atto, Bocconi amari, parla di una famiglia che si ritrova per un pranzo. Lo spettacolo è tragicomico e intimo, si svolge tutto intorno a un tavolo. Io interpreto il padre, che ha avuto un malore ed è un negoziante. I figli adulti, sulla quarantina, tornano a casa per festeggiare il compleanno della madre. Come accade in molte famiglie, quando sono in casa regrediscono a comportamenti infantili: si picchiano, si aggrediscono, i fratelli sono in competizione. Tre figli: due maschi litigiosi e una figlia che non esce mai di casa e lancia biscotti contro il muro. Il padre è un despota e la madre è ossessionata dal controllo.
In Semifreddo, come cambiano i personaggi?
La madre è morta e il padre è un ottantenne, l’unico con una pensione. I figli, ormai sessantenni, sono rimasti intrappolati nei loro meccanismi e ancora litigano ogni volta che entrano in casa. La figlia Paola, a cinquant’anni, non è mai uscita di casa ed è diventata un “bacarozzo”. Ma non lo vedono così gli altri personaggi: solo il pubblico.
Ho lavorato con gli scenografi per creare questa atmosfera. I costumi, stupendi, sono di Massimo Cantini Parrini, con cui collaboro per la prima volta. Ha fatto un lavoro incredibile, invecchiandoci e trovando il dettaglio giusto per ognuno. I personaggi invecchiano perdendo intonaco. Mentre scrivevo, mi sono ispirata a un muro che si sgretolava: la vecchiaia è questo, uno sbriciolarsi. I personaggi avranno pezzi di intonaco che cadono dai vestiti. Inoltre, cadono tutti in trance improvvisamente, mostrando squarci della loro anima che solo il pubblico può vedere.
Se il primo atto è più spiazzante e ritmico, il secondo è straziato ma sempre divertente. È uno spettacolo a cui tengo molto e che probabilmente diventerà il mio terzo film.
L'articolo “Bocconi amari – Semifreddo” di Eleonora Danco in Prima nazionale al Vascello proviene da Globalist.it.