Revoca cautelare dell’amministratore e onere della prova

L’azione di responsabilità sociale proponibile contro l’amministratore di una società di capitali ha natura contrattuale e incombe, pertanto, sull’attore l’onere di provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità, mentre sull’amministratore convenuto quello di fornire prova liberatoria.

In tal senso si è pronunciato il Tribunale di Venezia, con un’ordinanza emessa il 12 luglio scorso, a definizione di un procedimento ex art. 700 c.p.c. introdotto da un socio di una società a responsabilità limitata nei confronti dell’amministratore unico della stessa al fine di chiederne la revoca cautelare per presunte ed asserite gravi irregolarità gestionali.

Il socio ricorrente adduceva, infatti, che l’amministratore unico avesse tenuto plurime condotte di mala gestio, denunciando, in particolare, gravi irregolarità relative alla gestione e contabilizzazione di taluni finanziamenti eseguiti dai soci a favore della società, nonché, più in generale, inerenti la tenuta della documentazione sociale.

Sul punto, l’art. 2476 c.c. prevede la responsabilità dell’amministratore di una società a responsabilità limitata nei confronti della medesima per i danni provocati dall’inosservanza dei doveri relativi all’amministrazione della società, ad esso imposti dalla legge e dall’atto costitutivo.

Per quanto qui rileva, il 3° comma del suddetto articolo prevede, altresì, la possibilità di ottenere la pronuncia un provvedimento cautelare di revoca dell’amministratore, nel caso in cui si ravvisassero gravi irregolarità nella gestione della società commesse proprio dall’amministratore.

A tale riguardo, il Tribunale ricordava – data la natura contrattuale dell’azione sociale di responsabilità proponibile nei confronti dell’amministratore – che ricade sull’attore l’onere di provare la sussistenza delle violazioni contestate ed il nesso di causalità tra queste ed il danno subito dalla società, mentre incombe sull’amministratore convenuto l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, dando prova di aver osservato i doveri ed adempiuto gli obblighi sullo stesso gravanti.

In particolare, il Tribunale precisava che nel caso di azione di revoca cautelare dell’amministratore al quale venga contestato il compimento di atti patrimoniali distrattivi, “è onere della parte attrice allegare il compimento delle gravi irregolarità gestorie, idonee a pregiudicare o danneggiare il patrimonio sociale, essendo invece onere dell’amministratore quello di provare di avere diligentemente operato” e ciò in ragione del fatto che l’amministratore ha l’obbligo giuridico di poter dimostrare la provenienza e la destinazione dei beni presenti nel patrimonio sociale, “con la conseguenza che dalla mancata dimostrazione può essere legittimamente desunta la prova della loro distrazione o occultamento”.

Nel caso in commento, tenuto conto delle allegazioni del socio ricorrente, che denunciava l’impossibilità di verificare e ricostruire la provenienza dei finanziamenti, in mancanza di idonea documentazione a supporto – nonché dell’incompletezza di quanto prodotto dall’amministratore a seguito dell’ordine di esibizione pronunciato dal Giudice – il Tribunale accertava l’effettiva irregolarità nella tenuta della documentazione sociale e concludeva ritenendo che una siffatta circostanza rappresenta “un addebito grave … che già da solo avrebbe giustificato la revoca dell’amministratore”.

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