Pirateria online, lo streaming illegale con un giro d’affari da miliardi di euro
La pirateria online è un fenomeno che accompagna il mercato dei contenuti digitali fin dalla nascita di Internet e che rappresenta un elemento dannoso per questa industria. L’evoluzione tecnologica e quella dei modelli di business, però, ne hanno significativamente rivisto le modalità e ridimensionato l’impatto. Per pirateria online si intendono tutte quelle attività realizzate attraverso gli strumenti informatici che consentono un utilizzo e/o una divulgazione illecita di contenuti software e audiovisivi riservati e tutelati dalla legge sul diritto d’autore. Dagli albori di Internet fino a qualche anno fa, la pirateria consisteva sostanzialmente nella pratica del download illecito di contenuti digitali, dai brani musicali ai film, dai libri ai giochi. Il meccanismo fraudolento si basava sul file sharing in logica peer to peer grazie ad applicativi scaricabili gratuitamente dall’utente. Inizialmente, grazie a limiti tecnologici di connettività che non permettevano uno scambio rapido di file di grandi dimensioni, la pirateria si era diffusa principalmente nei settori della musica e dell’editoria. Successivamente, con l’ADSL e la fibra ottica, si è agevolmente allargata al mondo dei contenuti cinematografici e del gaming. Lo streaming “antidoto” contro la pirateria E così il fenomeno ha assunto, nonostante leggi e sanzioni contro l’utente pirata, dimensioni molto rilevanti che ha portato le autorità internazionali a intervenire cercando di frenare il problema alla radice con il blocco delle più importanti piattaforme di scambio. Famosissimi i casi di Napster, chiuso nel 2001 dopo due anni di attività, e di Megaupload, con il pirotecnico arresto nel 2012 di Kim Schmitz, in arte Kim Dotcom. Nel corso degli anni la condivisione illegale di contenuti digitali è proseguita su altre piattaforme. Ma il fenomeno si è recentemente ridimensionato grazie alla tecnologia streaming e al nascere di nuovi modelli di business Video su di essa basati. Con lo streaming infatti sono nate società (ad esempio Netflix, Spotify, DAZN, …) che consentono la fruizione, tipicamente in abbonamento, dei contenuti digitali a un prezzo e a un servizio tale da convincere gran parte dell’utenza a non rivolgersi più al mercato illegale. L’ultima ricerca condotta dall’Unione Europea (EUIPO) sulla violazione del diritto d’autore, infatti, ha rilevato per il 2018 un calo di oltre il 15% dell’accesso a contenuti piratati. Mediamente, un utente europeo fruisce di contenuti illeciti per quasi 10 volte al mese, e per il 60% delle volte si tratta di programmi televisivi (causa in primis per lo sviluppo delle IPTV). E l’incidenza di fruizione diversa dallo streaming è calata al 25% degli accessi totali. I rischi della competizione allargata Attenzione, però: lo streaming e il modello ad abbonamento non sono la panacea a tutti i mali! Potrebbe trattarsi infatti di una situazione temporanea. L’aumento della concorrenza e la competizione sui contenuti proprietari potrebbe portare l’utente a dover sottoscrivere abbonamenti a troppe piattaforme – a un prezzo probabilmente che aumenterà nel tempo – per poter aver accesso a tutti i contenuti d’interesse. Ciò significa che si supererà la capacità di spesa dell’utente, rischiando di “invogliarlo” – di fatto – ad un ritorno alla fruizione illecita. Pirateria online: Indagine FAPAV/IPSOS 2023 Pirateria audiovisiva nel 2023: calano lievemente sia la platea dei pirati sia il numero totale degli atti illeciti ma il danno economico potenziale per le industrie dei contenuti e per il Sistema Paese rimane grave. È quanto emerge dall’indagine sulla pirateria audiovisiva in Italia, condotta dalla società Ipsos per conto di FAPAV – Federazione per la Tutela delle Industrie dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali. Economia 30 Giugno 2024 Pirateria audiovisiva, il 39% degli italiani ha commesso almeno un atto illegale nel 2023 Si stima una perdita di fatturato per l'economia italiana pari a circa 2 miliardi di euro 30 Giugno 2024 pirateria audiovisiva 39% italiani ha commesso almeno un atto illegale nel 2023 indagine ipsos fapav 319 mln atti di pirateria 2023 pirateria perdita fatturato economia italiana 2 mld euro perdita pil 821 mln euro
La pirateria online è un fenomeno che accompagna il mercato dei contenuti digitali fin dalla nascita di Internet e che rappresenta un elemento dannoso per questa industria. L’evoluzione tecnologica e quella dei modelli di business, però, ne hanno significativamente rivisto le modalità e ridimensionato l’impatto.
Per pirateria online si intendono tutte quelle attività realizzate attraverso gli strumenti informatici che consentono un utilizzo e/o una divulgazione illecita di contenuti software e audiovisivi riservati e tutelati dalla legge sul diritto d’autore.
Dagli albori di Internet fino a qualche anno fa, la pirateria consisteva sostanzialmente nella pratica del download illecito di contenuti digitali, dai brani musicali ai film, dai libri ai giochi. Il meccanismo fraudolento si basava sul file sharing in logica peer to peer grazie ad applicativi scaricabili gratuitamente dall’utente.
Inizialmente, grazie a limiti tecnologici di connettività che non permettevano uno scambio rapido di file di grandi dimensioni, la pirateria si era diffusa principalmente nei settori della musica e dell’editoria. Successivamente, con l’ADSL e la fibra ottica, si è agevolmente allargata al mondo dei contenuti cinematografici e del gaming.
Lo streaming “antidoto” contro la pirateria
E così il fenomeno ha assunto, nonostante leggi e sanzioni contro l’utente pirata, dimensioni molto rilevanti che ha portato le autorità internazionali a intervenire cercando di frenare il problema alla radice con il blocco delle più importanti piattaforme di scambio. Famosissimi i casi di Napster, chiuso nel 2001 dopo due anni di attività, e di Megaupload, con il pirotecnico arresto nel 2012 di Kim Schmitz, in arte Kim Dotcom.
Nel corso degli anni la condivisione illegale di contenuti digitali è proseguita su altre piattaforme. Ma il fenomeno si è recentemente ridimensionato grazie alla tecnologia streaming e al nascere di nuovi modelli di business Video su di essa basati. Con lo streaming infatti sono nate società (ad esempio Netflix, Spotify, DAZN, …) che consentono la fruizione, tipicamente in abbonamento, dei contenuti digitali a un prezzo e a un servizio tale da convincere gran parte dell’utenza a non rivolgersi più al mercato illegale.
L’ultima ricerca condotta dall’Unione Europea (EUIPO) sulla violazione del diritto d’autore, infatti, ha rilevato per il 2018 un calo di oltre il 15% dell’accesso a contenuti piratati. Mediamente, un utente europeo fruisce di contenuti illeciti per quasi 10 volte al mese, e per il 60% delle volte si tratta di programmi televisivi (causa in primis per lo sviluppo delle IPTV). E l’incidenza di fruizione diversa dallo streaming è calata al 25% degli accessi totali.
I rischi della competizione allargata
Attenzione, però: lo streaming e il modello ad abbonamento non sono la panacea a tutti i mali! Potrebbe trattarsi infatti di una situazione temporanea.
L’aumento della concorrenza e la competizione sui contenuti proprietari potrebbe portare l’utente a dover sottoscrivere abbonamenti a troppe piattaforme – a un prezzo probabilmente che aumenterà nel tempo – per poter aver accesso a tutti i contenuti d’interesse. Ciò significa che si supererà la capacità di spesa dell’utente, rischiando di “invogliarlo” – di fatto – ad un ritorno alla fruizione illecita.
Pirateria online: Indagine FAPAV/IPSOS 2023
Pirateria audiovisiva nel 2023: calano lievemente sia la platea dei pirati sia il numero totale degli atti illeciti ma il danno economico potenziale per le industrie dei contenuti e per il Sistema Paese rimane grave.
È quanto emerge dall’indagine sulla pirateria audiovisiva in Italia, condotta dalla società Ipsos per conto di FAPAV – Federazione per la Tutela delle Industrie dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali.
Il 39% degli adulti italiani, secondo i dati Ipsos, ha commesso nel 2023 almeno un atto di pirateria fruendo illecitamente di film, serie/fiction, programmi o sport live: 3 punti percentuali in meno rispetto all’anno precedente. In totale si stimano circa 319 milioni di atti di pirateria contro i 345 milioni del 2022.
Un trend in leggera decrescita ma non è sufficiente per analizzare il fenomeno con cauto ottimismo: 4 italiani adulti su 10 hanno infatti compiuto nel 2023 almeno un atto di pirateria. Tra i contenuti più piratati ci sono i film. In calo la visione illecita di serie tv/fiction con un -14% rispetto al 2022.
Tra le diverse tipologie è la pirateria digitale la principale modalità di fruizione dei contenuti piratati (37%) ma, rispetto al 2022, è l’unica che scende leggermente (era 40% nel 2021 e 39% nel 2022). Pirateria indiretta e pirateria fisica restano stabili rispettivamente al 12% e al 9%.
Foto: Shutterstock
Le IPTV illecite rappresentano una delle forme preferite da circa 11,8 milioni di italiani per accedere almeno una volta ai contenuti pirata, seguono lo streaming con il 18% e il download con il 15%.
Identikit del pirata dell’audiovisivo
I pirati di contenuti audiovisivi sono più concentrati tra gli under 35, sono prevalentemente occupati, possiedono un livello di istruzione più alto rispetto alla popolazione italiana (22% di laureati), sono geograficamente più concentrati nel sud del paese e nelle isole e vi è leggera prevalenza degli uomini rispetto alle donne.
Tra gli adolescenti cala l’incidenza della pirateria (45% contro il 47% del 2022 e il 51% del 2021) e diminuiscono anche gli atti complessivi di pirateria (20,7 milioni) segnando un -14% rispetto al 2022. Tra i contenuti resistono i film (34%) scende invece tra i più giovani l’interesse a piratare contenuti legati allo sport live e alle serie tv e fiction.
Danno economico e settori maggiormente coinvolti
La stima del danno economico potenziale per le industrie dei contenuti audiovisivi ammonta a circa 767 milioni di euro (+14% rispetto al 2021, anno dell’ultima rilevazione complessiva).
Pirateria sportiva: per quanto riguarda lo sport live, a fronte di un’incidenza della pirateria stabile, gli atti crescono rispetto al 2021, ma diminuiscono rispetto al 2022, superando i 36 milioni. Nel 2023 sono state stimate 11,4 milioni di fruizione perse (+0,4 mln rispetto al 2021) con un danno economico complessivo di circa 285 milioni di euro.
Ipsos ha stimato una perdita di fatturato per l’economia italiana pari a circa 2 miliardi di euro a causa della pirateria, il che implica una perdita di PIL di circa 821 milioni di euro e una contrazione dei posti di lavoro pari a circa 11.200 unità.
La pirateria audiovisiva è un reato, consapevolezza degli italiani
Il 79% dei pirati ha chiaro che si tratti di una pratica illecita, ovvero che rappresenti un reato. In particolare, il 47% degli italiani non è perfettamente consapevole della gravità del fenomeno e degli impatti che questa pratica provoca ad esempio sul mercato del lavoro o sul depauperamento della creatività e del talento, linfa vitale per l’industria audiovisiva e culturale italiana.
Contrasto alla pirateria, la nuova Legge
Negli ultimi anni, in parallelo con il progresso tecnologico, la pirateria si è evoluta affinando i propri strumenti nel tentativo di eludere le misure di contrasto esistenti. Di conseguenza, il legislatore è dovuto ulteriormente intervenire in via decisa per proteggere il diritto d’autore nel mondo digitale.
Le recenti modifiche alla Legge n. 633/1941 (“Legge sul diritto d’Autore”) e alla Legge n. 93/2023 (“Legge antipirateria”) segnano, in questo senso, un importante passo in avanti, con nuove disposizioni che mirano a colpire duramente chi infrange le norme sul copyright. Osserviamo dunque più da vicino le principali novità.
La tecnologia dei pirati
Dal punto di vista tecnico, le trasmissioni online “pirata” di eventi dal vivo presentano ovviamente delle caratteristiche specifiche. Il punto di partenza è l’intercettazione del segnale pre-trasmissione o di trasmissione da parte degli emittenti legittimi.
Questo segnale viene successivamente veicolato attraverso diversi intermediari, per poi raggiungere gli utenti finali tramite diverse piattaforme, come siti web, applicazioni o IPTV.
In tale percorso, si ineriscono altri servizi per migliorare “l’efficienza” e, soprattutto, evitare di essere tracciati, utilizzando reti di distribuzione dei contenuti (“CDN”) o sistemi di reverse proxy.
A valle di questa catena si trovano i fornitori di accesso a Internet, i cosiddetti “Internet Service Providers” (“ISP”), che garantiscono la connessione a Internet agli utenti finali.
È chiaro, quindi, che l’attività dei pirati è resa possibile da diversi intermediari, che si collocano tra i fornitori del servizio illecito e i suoi destinatari.
In questo contesto, con l’entrata in vigore della legge antipirateria è stata creata la piattaforma “Piracy Shield”, strumento informatico di proprietà di AGCOM, che ormai da molti mesi consente a titolari dei diritti, AGCOM, ISP ed eventuali altri prestatori di servizi, di gestire le segnalazioni e adottare provvedimenti di blocco. Ad oggi, Piracy Shield ha infatti consentito la disabilitazione di oltre 25.000 nomi a dominio e 7.000 indirizzi IP.
Le novità su Piracy Shield
Alcune delle più rilevanti novità sono state introdotte all’art. 2 della Legge antipirateria, proprio con riferimento a Piracy Shield. Prima della recente riforma, infatti, era previsto che l’AGCOM potesse bloccare la risoluzione DNS dei nomi di dominio e l’instradamento del traffico di rete verso gli indirizzi IP univocamente destinati ad attività illecite.
Con la nuova formulazione, invece, tali blocchi potranno avvenire verso gli indirizzi prevalentemente destinati a scopi illeciti.
Questo nuovo criterio della “prevalenza”, evidentemente più ampio di quello della univocità, si presta obiettivamente a maggiori complessità interpretative, rispetto alle quali si attendono peraltro indicazioni da parte dell’AGCOM.
Altre novità riguardano il funzionamento della Piattaforma. Infatti, è stabilito che, per il primo anno di attività della stessa, l’AGCOM, al fine di aumentarne l’efficienza e rendere più efficace l’esecuzione degli ordini di inibizione, fissi un limite massimo agli indirizzi IP e ai nomi di dominio che possano essere bloccati contemporaneamente. Trascorso il primo anno, ossia dal 31.1.2025, verrà rimosso ogni limite quantitativo.
Gestori di motori di ricerca: il nuovo termine di 30 minuti
La legge antipirateria prevede inoltre l’obbligo, per i gestori dei motori di ricerca (quali per esempio Google e Bing), di adottare tutte le misure tecniche necessarie a impedire la visibilità dei contenuti, tra cui, in ogni caso, la deindicizzazione dei nomi a dominio oggetto degli ordini di blocco.
Con l’ultima riforma, viene ora chiaramente previsto il termine di 30 minuti dalla notificazione del provvedimento di disabilitazione per adottare tali misure. Così, gli obblighi già gravanti in capo ai gestori dei motori di ricerca vengono ulteriormente definiti, anche dal punto di vista temporale.
Gli obblighi di segnalazione di condotte penalmente rilevanti e le nuove sanzioni
Alcune modifiche sono state poi apportate alla Legge sul diritto d’autore in tema di “difese e sanzioni penali”. In particolare, è stato introdotto l’art. 174-sexies, che impone agli ISP la massima collaborazione nel caso in cui vengano a conoscenza di condotte penalmente rilevanti, compiute o tentate ai sensi dell’art. 615-ter c.p. (accesso abusivo a un sistema informatico) o dell’art. 640-ter c.p. (frode informatica) o della stessa Legge n. 633/1941, dovendo segnalare immediatamente all’autorità giudiziaria tali fatti e fornendo tutte le informazioni in loro possesso.
Tale previsione, da alcune parti criticata come troppo esigente verso gli ISP, è in realtà linea con la disciplina che era già prevista dall’art. 15 della Direttiva 2000/31/CE (cd. “Direttiva e-commerce”), ai sensi della quale gli Stati membri potevano imporre agli ISP di informare le autorità competenti in ordine a presunte “attività illecite”. Tale disciplina, peraltro, è stata oggi parzialmente trasposta nell’art. 18 del Regolamento UE 2022/2065 (“Digital Services Act”), dedicato all’obbligo di notifica di sospetti reati.
Gli ISP, peraltro, dovranno anche comunicare all’AGCOM un cd. “punto di contatto”, in modo da avere un collegamento diretto con l’Autorità stessa; tale coordinamento dovrà avvenire anche con quei soggetti non stabiliti nell’Unione Europea, ma comunque attivi in Italia.
In caso di mancata segnalazione e comunicazione, le omissioni verranno punite con la reclusione fino ad un anno, in base a quanto previsto dall’art. 24-bis del D. Lgs. n. 231/2001, in tema di responsabilità amministrativa delle società e delitti informatici.
Da ultimo, è stato anche chiaramente affermato il potere dell’AGCOM di ordinare la disabilitazione dell’accesso ai contenuti illeciti anche ai fornitori di servizi di VPN e di DNS pubblicamente disponibili.
L’intervento legislativo, pertanto, intervenendo a più livelli in materia di ulteriori obblighi, termini e in particolare sul funzionamento della piattaforma Piracy Shield, sulla base del lavoro giù implementato ad oggi, mira a ottenere la massima collaborazione possibile degli ISP, correttamente inquadrati come perno centrale per un efficace contrasto alla pirateria del nostro tempo.
L’impatto sul fenomeno della nuova legge antipirateria
Tra le possibili forme di deterrenza e contrasto quelle che si pensa possano essere più efficaci sono legate all’oscuramento del sito con contenuti non autorizzati dai titolari dei diritti, che in molti casi induce il pirata ad abbandonare la fruizione illegale a favore di alternative legali a pagamento (45%), alla sanzione amministrativa e alla denuncia penale.
Rispetto alla nuova legge antipirateria, entrata in vigore nell’agosto del 2023, c’è ancora una conoscenza approssimativa dei contenuti e degli effetti, tuttavia al crescere della consapevolezza cresce la responsabilità individuale.
Infatti, il 37% dei pirati ha dichiarato che, a seguito dell’entrata in vigore della nuova normativa, non scaricherà o fruirà più di contenuti audiovisivi in forma illecita.
Maxi operazione contro pirateria online, smantellata la più grande rete in Europa
Una maxi operazione coordinata dalla Procura di Catania ha smantellato la più vasta rete di streaming illegale mai scoperta in Europa, con ramificazioni oltre all’Italia, dal Regno Unito alla Romania, dalla Svezia alla Croazia.
L’organizzazione criminale, che serviva illegalmente oltre 22 milioni di utenti, è stata sgominata grazie all’intervento di oltre 270 agenti della polizia postale italiana e delle forze dell’ordine di sei paesi europei.
L’operazione “Taken down”, scattata nelle prime ore di mercoledì 27 novembre, ha visto gli investigatori impegnati in un’imponente serie di perquisizioni: 89 solo in Italia, distribuite in quindici regioni, alle quali si sono aggiunte 14 perquisizioni internazionali.
L’organizzazione aveva messo in piedi una complessa infrastruttura informatica per la distribuzione illegale di contenuti protetti da copyright, dalle partite di calcio alle serie tv, dai film di prima visione ai programmi pay-per-view.
L’indagine e la rete criminale
Il blitz è il risultato di mesi di indagini serrate, partite dalla polizia postale di Catania e progressivamente estese a mezza Europa. Gli investigatori hanno monitorato costantemente le piattaforme di streaming illegale, mappando una rete criminale che aveva assunto dimensioni industriali.
Secondo quanto emerge dalle fonti investigative, l’organizzazione aveva sviluppato un sistema sofisticato per la distribuzione dei contenuti piratati, con server dislocati in diversi paesi per sfuggire ai controlli.
La complessità dell’operazione ha richiesto un coordinamento senza precedenti tra le forze dell’ordine europee. Le perquisizioni hanno interessato contemporaneamente abitazioni private, società di comodo e centrali operative in Regno Unito, Olanda, Svezia, Svizzera, Romania e Croazia, oltre all’Italia.
L’organizzazione stava pianificando di espandere ulteriormente il proprio raggio d’azione. Un piano sventato dal tempismo dell’intervento coordinato delle forze dell’ordine, che hanno colto di sorpresa l’intera rete criminale prima che potesse disperdere prove e risorse.
Il business illegale e i danni all’industria
Il giro d’affari della pirateria audiovisiva ha assunto proporzioni allarmanti. Secondo gli esperti del settore, il danno economico provocato dallo streaming illegale ammonta a miliardi di euro all’anno, con ripercussioni devastanti sull’intera filiera dell’industria dell’intrattenimento.
La vastità dell’utenza coinvolta – oltre 22 milioni di utilizzatori finali – evidenzia la penetrazione capillare raggiunta da queste organizzazioni criminali nel tessuto sociale europeo.
Un fenomeno che non si limita più a circuiti ristretti di appassionati di tecnologia, ma che ha conquistato fette sempre più ampie di pubblico, attratte dalla possibilità di accedere a contenuti premium senza pagare o a basso costo.
La rete smantellata, infatti, aveva creato un vero e proprio servizio parallelo a quelli legali, con tanto di assistenza clienti e pacchetti in abbonamento. Un business illegale che sottraeva risorse significative non solo ai produttori di contenuti, ma anche all’erario dei vari paesi coinvolti, configurandosi come una forma sofisticata di evasione fiscale su scala internazionale.
Pirateria online, l’Italia è il Paese Ue più virtuoso con meno accessi a contenuti illegali
La pirateria online in Italia è meno diffusa di quel che si pensi. Facendo una media, nel 2023 ogni utente di internet in Europa ha visitato in media dieci volte al mese siti che distribuiscono pirateria online. Un po’ a sorpresa, l’Italia, con 7,3 accessi mensili, registra il numero più basso di visite nell’Unione europea, seguita da Germania (7,7) e Romania (7,9). Anche Austria (8,9), Spagna (8,5) e Polonia (8,3) si mantengono sotto la media continentale. In testa alla classifica Lettonia ed Estonia, dove gli accessi superano quota 24 al mese.
È la fotografia scattata dall’ultima analisi dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (Euipo), che ha monitorato sei anni di pirateria online in Europa.
I metodi della pirateria digitale
La pirateria online si fa sempre più sofisticata. Il report segnala un aumento del 10% nel 2023 riguardante i servizi Iptv non autorizzati. Si tratta di abbonamenti pirata – noti in Italia anche come “pezzotto” – che per pochi euro al mese danno accesso illegale a migliaia di canali televisivi a pagamento, eventi sportivi in diretta e contenuti on demand, sfruttando la normale connessione internet domestica.
Lo studio dell’Euipo stima che fino all’1% degli utenti internet dell’Unione potrebbe essersi abbonato a servizi Iptv illegali in soli due anni, senza contare chi utilizzava questi sistemi già prima del 2022.
Un fenomeno che si è evoluto tecnicamente: gli operatori illegali utilizzano infrastrutture sempre più complesse, sfruttando server legittimi per mascherare le proprie attività e aggirare i controlli.
Il modo di accedere ai contenuti pirata cambia a seconda del tipo di materiale cercato. Se per la televisione e i film domina ancora lo streaming (che rappresenta il 74% degli accessi illegali), per la musica il metodo più diffuso è il “ripping”, ovvero la registrazione e il download dei contenuti in streaming.
Le pubblicazioni vengono invece scaricate principalmente attraverso il download diretto, soprattutto su dispositivi mobili.
Cosa cercano gli europei nei siti pirata
La televisione domina la classifica dei contenuti più piratati: la metà di tutti gli accessi illegali riguarda contenuti tv, con una media di cinque visite mensili per utente. Seguono le pubblicazioni con 2,7 accessi mensili, con i manga rappresentano la categoria più scaricata, soprattutto da dispositivi mobili.
Il cinema registra 0,71 accessi per utente, principalmente attraverso lo streaming. Un dato che secondo l’Euipo è influenzato dal Pil: nei paesi più ricchi si piratano meno film. La musica, nonostante la diffusione di piattaforme di streaming legali, ha visto un leggero aumento arrivando a 0,64 accessi mensili. La pirateria di software è cresciuta del 6 %, con i giochi per dispositivi mobili come categoria principale.
Gli eventi sportivi in diretta rappresentano un caso particolare: la pirateria è cresciuta costantemente tra il 2021 e il 2023, raggiungendo 0,56 accessi per utente alla fine dello scorso anno.
Un fenomeno che richiede contromisure specifiche per la sua natura in tempo reale. Infatti, a differenza di film o serie tv, che mantengono il loro valore nel tempo, una partita di calcio o un gran premio di Formula 1 perdono interesse già pochi minuti dopo la diretta.
Per questo i siti pirata si sono specializzati nella ritrasmissione istantanea degli eventi sportivi, costringendo le autorità a sviluppare sistemi di blocco immediato dei flussi illegali. Spesso con effetti controproducenti, come in Italia, dove il sistema adottato, Piracy Shield, ha bloccato siti innocui e persino Google.
Come si combatte il fenomeno
Lo studio dell’Euipo evidenzia che dove crescono le disparità economiche, aumentano anche gli accessi a contenuti illegali. Al contrario, un Pil pro capite più alto e una maggiore conoscenza delle offerte legali si traducono in tassi di pirateria più bassi.
Un dato che ha spinto la Commissione europea a lanciare due iniziative nel 2023: una raccomandazione specifica per proteggere gli eventi sportivi in diretta, che ha creato una rete di autorità amministrative nazionali, e una più ampia sulla lotta alla contraffazione. La risposta passa anche attraverso strumenti concreti. L’Euipo ha lanciato Agorateka, una piattaforma che aiuta gli spettatori a trovare contenuti legali online. Ma il nodo resta economico: i dati mostrano che la pirateria cresce dove i contenuti legali hanno prezzi meno accessibili.
I contenuti più piratati
Secondo lo studio, tra i contenuti più piratati il 50% degli accessi riguarda contenuti televisivi, come film, serie tv ed eventi in diretta, con cinque accessi mensili in media per ogni utente. Tra le tendenze per tipologia di contenuti:
- la pirateria cinematografica è scesa a 0,71 accessi per utente, prevalentemente tramite streaming, che rappresenta il 74 % dell’attività;
- la pirateria musicale è aumentata lievemente a 0,64 accessi per utente, con il ripping (o download di contenuti in streaming) che costituisce il metodo principale;
- la pirateria delle pubblicazioni è rimasta stabile a 2,7 accessi per utente. Il download rappresenta il metodo principale, mentre i manga sono la tipologia di contenuti più piratata, soprattutto su dispositivi mobili;
- la pirateria di software è cresciuta del 6 % (con 0,88 accessi per utente al mese) e, nella fattispecie, i giochi per dispositivi mobili costituiscono la categoria principale;
- la pirateria degli eventi sportivi in diretta è cresciuta nel periodo 2021-2023, con 0,56 accessi per utente alla fine dello scorso anno.
Cresce lo streaming illegale
Un aspetto preoccupante emerso dallo studio è l’aumento dell’utilizzo di piattaforme di streaming illegale, un fenomeno fenomeno alimentato sia dalla difficoltà di accesso a contenuti legali a prezzi accessibili, sia dalla scarsa consapevolezza delle conseguenze legali della pirateria.
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Nel 2023, le visite a siti di IPTV pirata sono cresciute del 10%, con un numero sempre maggiore di utenti che si abbonano a servizi di streaming illegali. Lo studio stima che fino all’1% degli utenti web della Ue potrebbe aver sottoscritto un abbonamento a questi servizi in soli due anni, un dato che non tiene conto degli utenti che si sono abbonati prima del 2022.
I fattori alla base della pirateria
Sono diversi i fattori che influenzano i tassi di pirateria. Tra questi, le disuguaglianze economiche, la disoccupazione giovanile e la percentuale di giovani tra la popolazione sono correlati a livelli più elevati di pirateria. Al contrario, paesi con un Pil pro capite più elevato e una maggiore conoscenza delle offerte legali hanno tassi di pirateria più bassi e un maggiore ricorso all’offerta legale di contenuti online.
In particolare, i giovani e le persone con un basso reddito sono più inclini ad accedere a contenuti illegali, e questo si riflette anche nel tipo di dispositivi utilizzati. Ad esempio, per accedere a contenuti televisivi piratati, gli utenti tendono a usare un computer fisso, mentre per musica e pubblicazioni piratate si ricorre maggiormente a dispositivi mobili.
Pirateria online, accordo tra Meta e la Lega di Serie A
La Lega di Serie A ha stretto un accordo con Meta, la società madre di Facebook e Instagram, per bloccare la condivisione dello streaming illecito delle partite sulle sue piattaforme. Un accordo che dà un segnale forte nel settore.
Accordo Meta-Serie A: cosa prevede
Ma in cosa consiste l’accordo tra la Lega Serie A e il colosso dei social network? In pratica, l’organizzazione calcistica potrà accedere al Rights Manager di Meta, un hub per la tutela dei diritti d’autore sulle piattaforme del gruppo. La Lega potrà caricare le partite sul sistema, che è in grado di identificare immediatamente i doppioni illeciti dei match e rimuoverli dalla piattaforma in questione.
Si tratta di un segnale di distensione. Lo scontro tra i social network e la Lega ha assunto toni a volte duri.
D’altra parte, l’obiettivo della Lega è quello di riuscire a limitare quanto più possibile la diffusione di contenuti illeciti in Rete, mentre quello dei social – al contrario – è trattenere gli utenti il più a lungo possibile sulle piattaforme. Spesso chiudendo un occhio.
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