I dazi di Trump scuotono i mercati e le economie globali
Trump ha mandato in tilt i mercati globali dopo aver dato seguito alla sua minaccia di imporre tariffe sulle importazioni ai maggiori partner commerciali degli Stati Uniti, ovvero Messico, Canda e Cina che naturalmente non sono rimasti a guardare ma hanno ripagato gli Usa con la stessa moneta. Ed anche se ora il tycoon ha sospeso le tariffe per 30 giorni a Messico e Canada, i rapporti sono molto tesi con la Cina che ha già presentato una causa presso l’Organizzazione mondiale del commercio. Il presidente Trump ha a lungo accusato alcuni dei maggiori partner commerciali americani di sfruttare gli Stati Uniti, citando ampi e persistenti deficit commerciali. Trump vede i dazi come un modo per ristabilire l’equilibrio, sostenendo che la politica aumenterà i posti di lavoro e la crescita negli Stati Uniti. I critici avvertono che le imposte danneggeranno anche i cittadini statunitensi, poiché i costi vengono trasferiti ai consumatori. L’UE è considerata la prossima sulla lista tariffaria di Trump, dato che è il blocco più grande a intrattenere scambi commerciali con gli Stati Uniti ed è stata spesso criticata per il suo persistente surplus commerciale con gli Stati. I dati della Commissione europea mostrano che l’UE ha avuto un surplus commerciale di 155,8 miliardi di euro (159,6 miliardi di $) con gli Stati Uniti per le merci nel 2023, ma ha registrato un deficit di 104 miliardi di euro sui servizi. Di questo abbiamo parlato con Gabriel Debach, market analyst di eToro. Trump ha annunciato dazi contro l’Ue. Cosa rischia l’Europa se ciò dovesse realmente verificarsi? Quali sono i settori più a rischio? «Domenica scorsa il presidente Trump è tornato a far oscillare la scure dei dazi sull’Unione Europea, lamentando l’ampiezza del deficit commerciale degli Stati Uniti. Tuttavia, il perimetro e i dettagli di questa minaccia non sono chiari. Stando alle dichiarazioni del neo-presidente sappiamo solo che saranno “molto presto”. Osservando i dati storici (2016-2023) riguardanti gli scambi commerciali tra UE e Stati Uniti, si nota un saldo commerciale in crescita, nonostante i dazi e le tensioni. Alcuni settori hanno risentito della situazione, ma il commercio complessivo non è stato drasticamente penalizzato come molti temevano. In generale, l’implementazione dei dazi annunciati potrebbe comportare una riduzione della competitività dei prodotti europei negli Stati Uniti, con conseguenti effetti negativi su occupazione e crescita economica all’interno dell’UE. Se gli effetti immediati spesso si traducono in volatilità e riallocazioni settoriali, la loro portata a lungo termine dipende dall’intensità e dalla durata delle tensioni commerciali. Nel frattempo, i leader europei stanno vagliando diverse strategie per mitigare l’impatto di una potenziale guerra commerciale o addirittura dissuadere l’amministrazione Trump dall’imporre ulteriori tariffe. Tra le proposte, vi è l’aumento degli acquisti di prodotti statunitensi, come armi e gas. Analizzando i singoli settori, uno dei più esposti è quello automobilistico, che già si trova ad affrontare le sfide legate all’elettrificazione, alle pressioni sulla catena di fornitura e all’aumento dei costi. Ad essere particolarmente colpite sarebbero le case automobilistiche tedesche, seguite da quelle italiane e francesi. Nel 2023, infatti, l’UE ha esportato negli Stati Uniti veicoli per un valore di oltre 40 miliardi di euro, rendendoli uno dei maggiori mercati esterni per le case automobilistiche europee. La Germania da sola rappresenta la maggior parte di queste esportazioni, con aziende come BMW, Mercedes-Benz e Volkswagen che hanno vendite consistenti negli Stati Uniti. Un altro settore particolarmente sensibile al tema dei dazi è quello del lusso, considerando l’aumento del peso delle vendite negli Stati Uniti nei bilanci di molti brand. Anche l’industria degli alcolici non è immune ai rischi. Campari, ad esempio, realizza il 28% del suo fatturato negli Stati Uniti e, secondo Citi, il 27% delle sue vendite nel Paese dipende da importazioni da Messico e Canada». Le dichiarazioni di simpatia di Trump nei confronti di Giorgia Meloni salveranno l’Italia o anche il nostro Paese sarà colpito? E a quanto ammonterebbe il costo dei dazi per l’Italia? «Nonostante gli apprezzamenti verso il capo del governo, Giorgia Meloni, l’Italia non è esente dal rischio dazi. Secondo un’analisi di Prometeia, l’imposizione di dazi del 10% potrebbe comportare per l’Italia una perdita nelle esportazioni compresa tra 4 e 7 miliardi di euro, a seconda dei settori coinvolti». I dazi decisi da Trump scatenano le ritorsioni di Canada e Messico. I due Paesi sono a rischio recessione? «Le economie di Canada e Messico sono fortemente dipendenti dal traffico commerciale con gli Stati Uniti, cosa che le rende vulnerabili all’imposizione di dazi. Dobbiamo ricordare, inoltre, che sono dazi in aggiunta a quelli già esistenti. Per il Messico, quasi un terzo del PIL è legato alle esportazioni verso gli USA, mentre per il
Trump ha mandato in tilt i mercati globali dopo aver dato seguito alla sua minaccia di imporre tariffe sulle importazioni ai maggiori partner commerciali degli Stati Uniti, ovvero Messico, Canda e Cina che naturalmente non sono rimasti a guardare ma hanno ripagato gli Usa con la stessa moneta. Ed anche se ora il tycoon ha sospeso le tariffe per 30 giorni a Messico e Canada, i rapporti sono molto tesi con la Cina che ha già presentato una causa presso l’Organizzazione mondiale del commercio.
Il presidente Trump ha a lungo accusato alcuni dei maggiori partner commerciali americani di sfruttare gli Stati Uniti, citando ampi e persistenti deficit commerciali. Trump vede i dazi come un modo per ristabilire l’equilibrio, sostenendo che la politica aumenterà i posti di lavoro e la crescita negli Stati Uniti. I critici avvertono che le imposte danneggeranno anche i cittadini statunitensi, poiché i costi vengono trasferiti ai consumatori.
L’UE è considerata la prossima sulla lista tariffaria di Trump, dato che è il blocco più grande a intrattenere scambi commerciali con gli Stati Uniti ed è stata spesso criticata per il suo persistente surplus commerciale con gli Stati. I dati della Commissione europea mostrano che l’UE ha avuto un surplus commerciale di 155,8 miliardi di euro (159,6 miliardi di $) con gli Stati Uniti per le merci nel 2023, ma ha registrato un deficit di 104 miliardi di euro sui servizi.
Di questo abbiamo parlato con Gabriel Debach, market analyst di eToro.
Trump ha annunciato dazi contro l’Ue. Cosa rischia l’Europa se ciò dovesse realmente verificarsi? Quali sono i settori più a rischio?
«Domenica scorsa il presidente Trump è tornato a far oscillare la scure dei dazi sull’Unione Europea, lamentando l’ampiezza del deficit commerciale degli Stati Uniti. Tuttavia, il perimetro e i dettagli di questa minaccia non sono chiari. Stando alle dichiarazioni del neo-presidente sappiamo solo che saranno “molto presto”. Osservando i dati storici (2016-2023) riguardanti gli scambi commerciali tra UE e Stati Uniti, si nota un saldo commerciale in crescita, nonostante i dazi e le tensioni. Alcuni settori hanno risentito della situazione, ma il commercio complessivo non è stato drasticamente penalizzato come molti temevano. In generale, l’implementazione dei dazi annunciati potrebbe comportare una riduzione della competitività dei prodotti europei negli Stati Uniti, con conseguenti effetti negativi su occupazione e crescita economica all’interno dell’UE. Se gli effetti immediati spesso si traducono in volatilità e riallocazioni settoriali, la loro portata a lungo termine dipende dall’intensità e dalla durata delle tensioni commerciali. Nel frattempo, i leader europei stanno vagliando diverse strategie per mitigare l’impatto di una potenziale guerra commerciale o addirittura dissuadere l’amministrazione Trump dall’imporre ulteriori tariffe. Tra le proposte, vi è l’aumento degli acquisti di prodotti statunitensi, come armi e gas. Analizzando i singoli settori, uno dei più esposti è quello automobilistico, che già si trova ad affrontare le sfide legate all’elettrificazione, alle pressioni sulla catena di fornitura e all’aumento dei costi. Ad essere particolarmente colpite sarebbero le case automobilistiche tedesche, seguite da quelle italiane e francesi. Nel 2023, infatti, l’UE ha esportato negli Stati Uniti veicoli per un valore di oltre 40 miliardi di euro, rendendoli uno dei maggiori mercati esterni per le case automobilistiche europee. La Germania da sola rappresenta la maggior parte di queste esportazioni, con aziende come BMW, Mercedes-Benz e Volkswagen che hanno vendite consistenti negli Stati Uniti. Un altro settore particolarmente sensibile al tema dei dazi è quello del lusso, considerando l’aumento del peso delle vendite negli Stati Uniti nei bilanci di molti brand. Anche l’industria degli alcolici non è immune ai rischi. Campari, ad esempio, realizza il 28% del suo fatturato negli Stati Uniti e, secondo Citi, il 27% delle sue vendite nel Paese dipende da importazioni da Messico e Canada».
Le dichiarazioni di simpatia di Trump nei confronti di Giorgia Meloni salveranno l’Italia o anche il nostro Paese sarà colpito? E a quanto ammonterebbe il costo dei dazi per l’Italia?
«Nonostante gli apprezzamenti verso il capo del governo, Giorgia Meloni, l’Italia non è esente dal rischio dazi. Secondo un’analisi di Prometeia, l’imposizione di dazi del 10% potrebbe comportare per l’Italia una perdita nelle esportazioni compresa tra 4 e 7 miliardi di euro, a seconda dei settori coinvolti».
I dazi decisi da Trump scatenano le ritorsioni di Canada e Messico. I due Paesi sono a rischio recessione?
«Le economie di Canada e Messico sono fortemente dipendenti dal traffico commerciale con gli Stati Uniti, cosa che le rende vulnerabili all’imposizione di dazi. Dobbiamo ricordare, inoltre, che sono dazi in aggiunta a quelli già esistenti. Per il Messico, quasi un terzo del PIL è legato alle esportazioni verso gli USA, mentre per il Canada la quota si attesta intorno al 22%. Secondo le stime degli economisti, la possibilità che il persistere di uno scontro commerciale porti le due economie alla recessione è concreta. Il Canada ha annunciato un piano di ritorsione contro i dazi del 25% imposti dal Presidente Donald Trump sulla maggior parte dei beni importati negli Stati Uniti. Le stime degli economisti calcolano che questa decisione, che avrà effetto su 155 miliardi di dollari canadesi (105 miliardi di dollari) di prodotti americani, potrebbe avere un impatto sul Pil reale di 2-4 punti percentuali, ben oltre il tasso di crescita dell’1,8% previsto per il Canada per il 2025. Questo porterebbe l’economia canadese a un tasso di crescita negativo per la prima volta in 16 anni, fatto salvo quanto accaduto con la pandemia».
La Cina ha denunciato i dazi di fronte all’Organizzazione mondiale del commercio. Cosa significa questo? Quali scenari si paventano?
«Quella di cui intende avvalersi la Cina è la procedura di risoluzione delle controversie dell’OMC, che prevede consultazioni iniziali tra le parti coinvolte. Se la ricerca di una soluzione pacifica non ottiene risultati, il caso verrà analizzato e, successivamente, l’OMC dovrebbe emettere una decisione vincolante. Ci possono essere vari scenari all’orizzonte. Se le consultazioni bilaterali dovessero essere efficaci, Cina e Stati Uniti potrebbero evitare un’escalation del conflitto commerciale. Al contrario, l’OMC potrebbe arrivare a deporre a sfavore degli Stati Uniti e, nel caso questi non adempissero alle raccomandazioni, Pechino sarebbe autorizzata a ulteriori contromisure, innescando una vera e propria spirale al rialzo che non sarebbe positiva per le relazioni economiche internazionali. Non si tratta, comunque, di uno scenario imminente. Le procedure dell’OMC possono essere lunghe e complesse, e l’esito finale è incerto. Nel frattempo, entrambe le nazioni potrebbero adottare misure temporanee per proteggere i propri interessi economici».
Trump ha dichiarato di non essere preoccupato dalla reazione del mercato di fronte ai suoi dazi ma i prezzi delle materie prime sono in aumento, mentre le cripto stanno perdendo valore. Come si comporteranno gli investitori se Trump continuerà su questa linea?
«Gli investitori stanno alleggerendo le posizioni dopo la corsa degli ultimi mesi. Prese di profitto, non panico. Anzi, il recupero dai gap odierni indica che il mercato mantiene il controllo della situazione. L’imposizione di dazi persino sul petrolio canadese conferma la determinazione di Trump a ottenere ciò che vuole, anche a costo di alimentare tensioni con partner storici. La Casa Bianca lascia aperta la porta a una futura rimozione delle tariffe, ma con un criterio vago: resteranno ‘finché la crisi non sarà alleviata’, una formula che lascia ampio margine di discrezionalità. Resta un punto cruciale: Trump spinge per tassi più bassi, ma fino a che punto può permettersi di creare un clima di incertezza inflazionaria senza andare contro il suo stesso obiettivo? I mercati potrebbero presto iniziare a cercare una risposta».
In generale prevedete una guerra commerciale?
«La definizione di guerra commerciale è sfumata, ma un’escalation di dazi e ritorsioni potrebbe impattare i mercati nel breve termine, ampliandosi progressivamente anche verso alleati storici, Europa in primis».
Alla fine, conclude Debach, le economie più esposte potrebbero cedere alle richieste americane per attenuare la pressione, ed è probabile che sia proprio questo l’obiettivo di Trump: usare la leva commerciale per ottenere concessioni prima che la situazione sfugga di mano.
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