Cosa si aspettano gli ambientalisti dal Clean Industrial Deal

Il prossimo 26 febbraio la Commissione europea dovrebbe presentare il “Clean Industrial Deal”, un piano pluriennale per dare impulso alle industrie europee ad alta intensità energetica (come acciaio, alluminio e cemento) e ai settori emergenti delle tecnologie pulite. Una sorta di prosecuzione del Green Deal, inteso però in maniera più pratica e specifica. Se per […] The post Cosa si aspettano gli ambientalisti dal Clean Industrial Deal first appeared on QualEnergia.it.

Feb 6, 2025 - 17:03
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Cosa si aspettano gli ambientalisti dal Clean Industrial Deal

Il prossimo 26 febbraio la Commissione europea dovrebbe presentare il “Clean Industrial Deal”, un piano pluriennale per dare impulso alle industrie europee ad alta intensità energetica (come acciaio, alluminio e cemento) e ai settori emergenti delle tecnologie pulite.

Una sorta di prosecuzione del Green Deal, inteso però in maniera più pratica e specifica. Se per i dettagli bisognerà attendere la fine del mese, appare chiaro che la sfida principale sarà semplificare un quadro normativo molto complesso, facilitando gli investimenti senza compromettere gli standard ambientali.

Se si considera che all’obiettivo di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 si è aggiunto il più ambizioso traguardo del 90% entro il 2040, lo scenario si complica e necessita di risposte immediate.

Di fronte a segnali di domanda poco chiari e a un mercato europeo frammentato, il business case per i prodotti innovativi e decarbonizzati rimane troppo debole e volatile. Le grandi industrie sono a loro volta in crisi di competitività e spesso non sono in grado di sbloccare gli investimenti necessari. Il risultato è una carenza sistemica di capitale privato per le tecnologie pulite, una lacuna che i limitati bilanci pubblici nazionali non possono colmare.

Problemi strutturali che un gruppo di 16 think tank, organizzazioni della società civile, associazioni di ricerca e industriali si augura possano essere risolti con il Clean Industrial Deal. In una lettera indirizzata alle principali istituzioni europee (link in basso), le associazioni, tra le quali T&E, Eurec, Climate Strategy e I4CE, affermano che il provvedimento dovrà affrontare con forza “questo contesto di mercato incerto”.

Mentre Stati Uniti e Cina hanno allineato le politiche industriali, commerciali e finanziarie per creare aziende leader a livello mondiale e attirare o imporre livelli di investimento senza precedenti, in Europa, per l’industria manifatturiera cleantech, c’è un mosaico di politiche che non spinge a sufficienza il mercato per la decarbonizzazione.

A tal fine, il Clean Industrial Deal dovrebbe “incentivare le industrie a integrare le tecnologie pulite nei loro processi e a passare a un modello aziendale decarbonizzato, circolare e innovativo”. Questa dovrebbe essere una condizione indispensabile per ricevere qualsiasi finanziamento pubblico, assicurando che le industrie che adottano le tecnologie pulite siano sovvenzionate, mentre quelle che non raggiungono gli obiettivi di sostenibilità e riduzione delle emissioni siano incentivate ad accelerare la loro transizione.

Il gruppo esorta la Commissione a realizzare un Clean Industrial Deal basato sostanzialmente su tre pilastri:

  • l’accesso a un’energia domestica pulita, abbondante, economica e resiliente e alle sue infrastrutture di fornitura;
  • una strategia europea per le tecnologie pulite e l’industria che favorisca la decarbonizzazione settoriale e la competitività, promuovendo un mercato europeo “vivace” per le tecnologie pulite, la loro produzione e le loro catene del valore;
  • lo sblocco di investimenti privati attraverso un piano che preveda chiari incentivi finanziari e meccanismi di de-risking, per creare mercati solidi che possano guidare l’ampia adozione delle tecnologie pulite in Europa.

Il piano d’azione per garantire prezzi energetici accessibili dovrebbe passare per la generazione di energia distribuita, tra cui fotovoltaico sui tetti, comunità energetiche, condivisione dell’energia e autoconsumo.

Per quanto riguarda l’elettrificazione, andrebbero invece fissati obiettivi indicativi di diffusione delle tecnologie di elettrificazione industriale, insieme a date precise per l’eliminazione del gas fossile nelle applicazioni termiche a bassa e media temperatura.

Per spingere la domanda di prodotti meno ambientalmente impattanti nell’Ue si chiede inoltre di creare i cosiddetti “Lead Markets”, mercati guidati – anche attraverso appalti pubblici – che assorbano l’offerta di materiali puliti nei settori chiave, come il cemento, l’acciaio, i trasporti e l’industria pesante.

Anche il quadro degli aiuti di Stato dell’Ue andrebbe riformato. Dovrebbe privilegiare “la semplicità, la prevedibilità, la trasparenza, la rapidità e il sostegno alle spese sia di capitale che operative”, garantendo al contempo “l’integrità del mercato unico”. Dovrebbe inoltre favorire i progetti con un valore aggiunto europeo, come ad esempio l’approvvigionamento locale.

Dal punto di vista finanziario la richiesta è dare priorità ai meccanismi di de-risking che facciano da ponte verso la bancabilità delle tecnologie pulite. Le garanzie pubbliche sono viste come una delle chiavi per una rapida scalata commerciale delle tecnologie emergenti.

Lo strumento di controgaranzia da 5 miliardi di euro per il settore eolico annunciato dalla Bei alla fine del 2023 è visto come un modello da estendere ad altri settori come le batterie, gli elettrolizzatori e i sistemi di stoccaggio dell’energia a lunga durata, la geotermia, i veicoli elettrici e tutti gli altri settori in cui l’Ue ha un vantaggio tecnologico ma è frenata nella corsa alla scalabilità.

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