Nasce un polo europeo con risparmi in gestione per 2 mila miliardi

L’integrazione Generali- Natixis, che ha avuto una prima approvazione dal cda triestino ieri, può creare uno dei pochi poli europei del “risparmio globale”, con masse gestite per quasi 2.000 miliardi di euro e bandierine di raccolta e impiego in diversi Paesi: dall’Italia alla Francia, senza trascurare gli Stati Uniti e parte dell’Asia. Ma le critiche e le divergenze, nei lavori del consiglio che riflettono l’orientamento di alcuni importanti azionisti del Leone, confermano quanto sia difficile conciliare l’esigenza industriale delle grande dimensioni – con quella sistemica, di mantenere la facoltà di scelta sui 650 miliardi di euro raccolti dai clienti di Generali, che rappresentano oltre un decimo del risparmio degli italiani, e che per 37 miliardi di euro sono puntati sui Btp.

L’ambito è uno dei più globalizzati della finanza: quindi le dimensioni contano. La competizione è sempre più accanita tra i gestori, gli investimenti in tecnologia e IA sempre più ingenti, per migliorare i servizi e cogliere le economie di scala tagliando le commissioni ai clienti. L’asticella delle masse da gestire, per quella manciata di gestori che vogliano dirsi davvero “globali”, sta salendo veloce: almeno 2.000 miliardi di euro (o dollari, pari sono), meglio se 3.000, in una rincorsa al titano Blackrock, che negli Usa ha appena annunciato il record di 11.550 miliardi di dollari di masse gestite 2024.E Trieste è piccola, perfino se si comprendono i 100 miliardi della controllata Banca Generali. Anzi: l’avere snobbato il business del risparmio, negli anni, è tra le cause che hanno fatto perdere all’assicuratore triestino il primato europeo, a scapito dei rivali di sempre francesi (Axa) e tedeschi (Allianz), vent’anni fa appaiati al Leone ma che ormai capitalizzano da due a tre volte, grazie proprio all’apporto di grandi gestioni.

L’accordo

L’asse con Natixis, che aggiungerebbe 1.200 miliardi alle masse Generali in una piattaforma comune da quasi 2.000 miliardi, farebbe entrare il polo nel ristretto club. Ma ampliare dimensioni e geografie rischia di allontanare il luogo delle scelte sul risparmio tricolore. Solo studiando i dettagli dell’accordo definitivo si potrà verificare il grado di autonomia che il cda di Generali manterrà sulle masse italiane, rispetto al mandato di esecuzione degli investimenti assegnato alla holding paritetica italo-francese. Generali si limiterà a richiedere un’allocazione per quote percentuali, divisa tra azioni, bond e altro, o andrà più in dettaglio, per esempio su quanti titoli del Tesoro detenere? E sui dossier delicati, ci saranno input da Trieste – magari meno sfrontati di quello che l’allora presidente Antoine Bernheim raccontò all’assemblea 2007, spiegando che Generali aveva investito in Telecom Italia dopo la telefonata del ministro del Tesoro – o varranno le logiche di mercato? Oggi le scelte le fa Generali Investment Holding, guidata da Francesco Martorana e soggetta alla vigilanza IvassGli investimenti in Italia

Anche se la legge sul golden power offre poteri ampi, la mano pubblica non potrà intervenire così a fondo: nemmeno se il risparmio è un bene strategico, e tutelato dalla Costituzione. Da anni i dati dicono che i fondi italiani investono, in media, meno del 10% delle masse a Piazza Affari. Perché il denaro va a cercarsi i rendimenti più alti, altrove.

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