Made in Italy, calo di 3 miliardi già colpiti il cibo e la moda
Confcooperative: “Le esportazioni possono crollare del 15-30%”. Le aziende vinicole: “Mercato sotto pressione per l’inflazione”. Federlegno: “C’è anche il rischio che l’offerta cinese si sposti da noi” Almeno 3 miliardi di perdite con i dazi al 10%. Dai 6 ai 10 se gli Usa imporranno all’Unione Europea tariffe doganali del 20%: il calo delle esportazioni […] L'articolo Made in Italy, calo di 3 miliardi già colpiti il cibo e la moda proviene da Iusletter.
Confcooperative: “Le esportazioni possono crollare del 15-30%”. Le aziende vinicole: “Mercato sotto pressione per l’inflazione”. Federlegno: “C’è anche il rischio che l’offerta cinese si sposti da noi”
Almeno 3 miliardi di perdite con i dazi al 10%. Dai 6 ai 10 se gli Usa imporranno all’Unione Europea tariffe doganali del 20%: il calo delle esportazioni potrebbe sfiorare il 17%. Le previsioni degli analisti, dall’Ocse a Confartigianato, Prometeia, Svimez e il National Board of Trade svedese sono decisamente pessimistiche. Il mercato statunitense vale circa 67 miliardi di euro di export per l’Italia, e per 43 prodotti, stima Confartigianato, è il primo mercato di sbocco all’estero. Gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato dopo la Germania per valore del nostro export, con un aumento del 58,6% tra il 2018 e il 2023. Nel 2024 gli aumenti maggiore di export italiano si sono registrati per i prodotti farmaceutici (+19,5%), alimentari, bevande e tabacchi (+18%), apparecchi elettrici (+12,1%), macchinari (+3,7%), gomma, plastica, ceramica e vetro (+3,2%), legno, stampa e carta (+2,4%).
Gli imprenditori italiani stanno seguendo con grande preoccupazione negli ultimi giorni gli interventi del presidente Usa Donald Trump: «Il nostro Centro Studi – afferma il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini – stima che l’introduzione di dazi doganali sul made in Italy comporterebbe un immediato aumento dei prezzi dei prodotti italiani sul mercato Usa, con una probabile riduzione delle esportazioni stimabile tra il 15-30%, che potrebbe tradursi in una perdita di fatturato per il settore di circa 1,5-2 miliardi di euro annui». Grande preoccupazione anche per i produttori di vino, conferma Paolo Castelletti, segretario generale dell’Unione Italiana Vini: «I dazi andrebbe a impattare su un mercato di sbocco che assorbe il24% dell’export di vini italiani, per il valore di un miliardo e 900 milioni. Un mercato in cui siamo sovraesposti, e dove, a causa dell’inflazione che ha già messo in difficoltà le famiglie americane, non sarà possibile scaricare i maggiori costi sui consumatori, che si collocano nella fascia di prezzo compresa tra i 10 e i 20 euro a bottiglia».
In allarme anche il comparto della moda: «Nel 2024 il valore dell’export moda negli Stati Uniti è stato di 5,6 miliardi di euro. – spiega Moreno Vignolini, presidente di Confartigianato Tessile –. Per le imprese del settore è il 18,7% dell’export, le piccole imprese sono anche più esposte, con il 31%. E quindi l’impatto sarà pesante ». Altrettanta preoccupazione per i mobili: «Da parte nostra – rileva il presidente di Federlegno-Arredo Claudio Feltrin – un dazio del 10% verso l’America sarebbe sicuramente un danno importante perché è l’unico mercato, dei primi 10, che ha fatto il segno ‘più’ nel 2024». E c’è anche il timore di un effetto indiretto, aggiunge Feltrin, «legato al fatto che la chiusura dell’America alla Cina possa spingere i cinesi alla ricerca di mercati alternativi, sbarcando in Europa, senza delle regole adeguate. Lanciamo un appello alla Ue, perché tenga alta la guardia».
Un po’ più tranquilli invece i produttori di macchinari: «In prima battuta ci sarà una tensione commerciale, e le vendite caleranno – ragiona Enrico Turoni, presidente di Cermac, consorzio di produttori di macchine per l’agricoltura – ma con l’andare del tempo l’impatto peggiore sarà per i consumatori americani. La politica di Trump sui migranti ha privato gli agricoltori di braccianti a basso costo. Per mantenere la produttività dovranno riprendere ad acquistare i nostri macchinari, che sono particolarmente performanti dal punto di vista tecnico, scaricando i maggiori costi sui consumatori».
Secondo il report di Confartigianato le regioni maggiormente esposte sul mercato americano sono la Toscana con un valore dell’export pari al 2,3% del Pil regionale, il Veneto con l’1,9% del Pil, l’Umbria con l’1,3% del Pil, il Friuli-Venezia Giulia con l’1,2%, le Marche con l’1,1% e la Lombardia con l’1,0% del Pil.
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