Investimenti, Usa vs UE: l’importanza della gestione contrarian

Come nella boxe, anche nei mercati le dinamiche psicologiche possono cambiare in maniera sorprendente. Da un lato del ring, gli Stati Uniti, con una crescita a prova di bomba, consumi ancora effervescenti, un’aspettativa elettorale ormai alle spalle e una politica che, per quanto incerta, sarà tesa innanzitutto a preservare gli interessi nazionali. Dall’altro, l’Europa, con... Leggi tutto

Jan 23, 2025 - 09:48
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Investimenti, Usa vs UE: l’importanza della gestione contrarian

Come nella boxe, anche nei mercati le dinamiche psicologiche possono cambiare in maniera sorprendente. Da un lato del ring, gli Stati Uniti, con una crescita a prova di bomba, consumi ancora effervescenti, un’aspettativa elettorale ormai alle spalle e una politica che, per quanto incerta, sarà tesa innanzitutto a preservare gli interessi nazionali. Dall’altro, l’Europa, con una crescita asfittica, famiglie inclini più a risparmiare che a consumare e un contesto politico agitato, tra l’instabilità della Francia e le future elezioni in Germania. Sulla carta l’incontro sembra decisamente squilibrato, visto anche il risultato senza appello del primo “round”: nel 2024, per un investitore in euro, lo S&P 500 ha guadagnato ben il 33,6% contro il 9,6% dello Stoxx Europe 600.

Questo bilancio, unito all’enorme divario tra le due aree in termini di contesto economico, incita naturalmente molti attori del mercato a prevedere un ulteriore e incontrastato dominio degli Stati Uniti. Eppure, per quanto riguarda il Nuovo Mondo, il cammino si annuncia irto di insidie. La più evidente si chiama Donald Trump. Se da un lato i provvedimenti preannunciati dal neopresidente sono destinati ad accrescere ulteriormente la potenza degli Stati Uniti, dall’altro gli effetti collaterali di misure quali l’aumento dei dazi, l’espulsione massiccia di lavoratori immigrati e i tagli drastici alla spesa pubblica potrebbero inceppare il ben oliato meccanismo dell’economia americana, di per sé non esente da fragilità. In primo luogo il mercato del lavoro, che continua a deteriorarsi. Da alcuni mesi l’aumento della disoccupazione è sempre più ascrivibile a una perdita netta di posti di lavoro. Bisognerà vedere se questa tendenza proseguirà, visto che la solidità dei consumi americani è finora dipesa in larga misura dal mantenimento dei redditi da lavoro. La salute del mercato del lavoro è cruciale anche perché, visti i livelli decisamente elevati delle valutazioni e il posizionamento molto ottimistico degli investitori, i mercati azionari anticipano uno scenario economico perfetto. L’asimmetria è quindi poco attrattiva dal lato degli Stati Uniti: anche se oggi la situazione economica è solida, non si prospettano molte sorprese positive e il minimo intoppo potrebbe provocare una decisa contrazione dei multipli di borsa.

In Europa la situazione è esattamente all’opposto. Sullo sfondo di una dinamica economica modesta e dell’instabilità politica, il pessimismo nei confronti degli asset del Vecchio Continente è ai massimi, come testimonia il differenziale record di valutazione tra azioni europee e americane. Con una crescita rarefatta per il 2025 e il rischio di nuovi dazi USA, le prospettive non sono palesemente rosee. Tuttavia, proprio perché in fondo al tunnel c’è pochissima luce, qualsiasi sorpresa positiva potrebbe avere un impatto significativo. Fine del conflitto russo-ucraino, stimoli fiscali ambiziosi in Germania, recupero della stabilità politica in Francia, accelerazione dei tagli dei tassi da parte della Banca centrale europea, ripartenza della Cina… le ipotesi più o meno improbabili ma non impossibili non mancano. L’asimmetria è quindi più favorevole per l’Europa che per gli Stati Uniti: con un’economia stagnante, le sorprese negative dovrebbero essere poche, mentre la minima buona notizia potrebbe comportare un notevole miglioramento del sentiment e un sensibile rimbalzo dei mercati azionari.

Naturalmente l’investitore non deve sognare ingenuamente un miracoloso cambio di leadership, ma piuttosto ridare credito al riflesso che è alla base della gestione contrarian, in pausa da due anni: osare prese di profitti laddove tutti comprano e diversificare laddove nessuno osa più investire.

A cura di Michel Saugné, CIO, ed Enguerrand Artaz, gestore, de La Financière de l’Échiquier 

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