Il nucleare francese è al top… del flop!

Il modello francese è da sempre un argomento di contrapposizione tra sostenitori e detrattori dell’energia nucleare, ma una recente pronuncia della Corte dei Conti d’Oltralpe potrebbe dare degli elementi certi alla discussione. Non una novità per questo ente, che già a luglio 2020 aveva pubblicato una relazione evidenziando “molteplici fallimenti ed errori che spiegano i […] The post Il nucleare francese è al top… del flop! first appeared on QualEnergia.it.

Jan 15, 2025 - 15:37
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Il nucleare francese è al top… del flop!

Il modello francese è da sempre un argomento di contrapposizione tra sostenitori e detrattori dell’energia nucleare, ma una recente pronuncia della Corte dei Conti d’Oltralpe potrebbe dare degli elementi certi alla discussione.

Non una novità per questo ente, che già a luglio 2020 aveva pubblicato una relazione evidenziando “molteplici fallimenti ed errori che spiegano i notevoli ritardi e i costi aggiuntivi dei progetti di reattori nucleari di nuova generazione, noti come Epr, in costruzione o in esercizio”, scrive la Corte.

Da qui la scelta di un nuovo rapporto a gennaio 2025, “per evitare che queste difficoltà si riproducano e compromettano il futuro di questo settore, in un contesto di profonda ristrutturazione a seguito del quasi fallimento del gruppo Areva”.

Venendo ai giorni nostri, “anche se il comparto nucleare francese ha iniziato a organizzarsi per attuare la strategia definita nel 2022 – tra i 6 e i 14 Epr II al 2050 in capo a Edf – è ben lungi dall’essere pronta e deve ancora superare numerose sfide, alcune delle quali preoccupanti”.

Andando nello specifico, nel 2020 la Corte ha raccomandato di calcolare la redditività prevista del reattore Flamanville 3 e del programma Epr 2, ma “Edf non ha comunicato tali informazioni”.

Dunque, i calcoli effettuati dalla Corte stessa “determinano una scarsa redditività per Flamanville 3, inferiore al costo medio ponderato del capitale della società, sulla base di un costo totale di costruzione stimato in circa 23,7 miliardi di euro nel 2023 (inclusi gli interessi provvisori)”.

Per quanto riguarda il programma Epr 2, invece, “alla fine del 2023 la sua maturità tecnica è stata ritenuta ancora insufficiente per prendere in considerazione il passaggio dalla progettazione iniziale a quella di dettaglio”.

Inoltre, “sarebbe opportuno rivedere i costi e le scadenze del programma” poiché “la redditività prevista resta sconosciuta in questa fase” e “le condizioni di finanziamento non sono ancora state definite”. Dunque, considerando anche i tempi dei processi autorizzativi, “l’accumulo di rischi e vincoli potrebbe portare al fallimento del programma”.

Il report ricorda che negli ultimi anni i reattori Epr in funzione in Cina e Finlandia hanno subito numerosi malfunzionamenti tecnici, con notevoli ripercussioni finanziarie e conseguenze dannose per la credibilità del programma Epr 2.

In Gran Bretagna, ad esempio, Edf si trova ad affrontare “un aumento considerevole dei costi” sul cantiere Hinkley Point, “accompagnato da un nuovo ritardo di due anni e da un pesante vincolo di finanziamento causato dal ritiro del coazionista”.

Per quanto riguarda il progetto Epr a Sizewell, “i ritardi si stanno accumulando prima ancora che venga presa la decisione di investimento”. Tutto ciò senza dimenticare che le modalità di progettazione dei reattori Epr, i riferimenti tecnici e le normative hanno subito frequenti modifiche.

Per tutti questi motivi e per vari altri contenuti nel rapporto, la Corte dei Conti francese chiede di “sospendere la decisione finale di investimento per il programma Epr 2, finché il suo finanziamento non sarà garantito e gli studi di progettazione dettagliati non procederanno in linea con una traiettoria precisamente mirata alla posa della prima pietra”.

Il Ddl nucleare del Governo e il dibattito nazionale

Detto della Francia, cosa succede nel nostro Paese? La posizione del Governo è stata espressa più volte e si attende un disegno di legge delega sulla materia, in ritardo rispetto alla scadenza annunciata dal Mase di fine 2024.

Secondo quanto appreso da QualEnergia.it, il Ddl nucleare dovrebbe essere approvato la prossima settimana, per poi essere inviato in Parlamento. Si tratta di un cronoprogramma in linea con quanto dichiarato oggi (15 gennaio) in commissione Ambiente della Camera dal sottosegretario al Mase, Claudio Barbaro. Rispondendo a un’interrogazione, il rappresentante del dicastero ha spiegato che il Ddl sarà “a breve” in Cdm.

Ieri, intanto, la stessa commissione Ambiente ha svolto alcune audizioni sul nucleare, tra cui quella di Katiuscia Eroe, responsabile energia Legambiente. Per l’occasione sono stati ripresi i contenuti del rapporto I costi del nucleare pubblicato dalla coalizione 100% Rinnovabili Network.

“Siamo contrari al nucleare, certamente non per ragioni ideologiche”, spiega Katiuscia Eroe a QualEnergia.it. “A dimostrare il pericolo di questa tecnologia nel mix energetico nazionale sono fatti e numeri. A partire dall’esperienza francese, dove è intervenuta addirittura la Corte dei Conti a fermare le nuove iniziative di Edf, proprio per l’indebitamento accumulato, che ha costretto lo Stato a nazionalizzare l’azienda; ma anche i costi: un MWh di nucleare costa dalle 2 alle 3 volte quello delle fonti rinnovabili”.

Per la rappresentante di Legambiente, quindi, il nucleare è “una tecnologia inutile, se guardiamo al giusto obiettivo del Governo di voler abbassare i costi energetici per le imprese. A questo, senza contare il tema della gestione dei rifiuti e della sicurezza, si aggiungono le questioni relative alle tempistiche. In Francia, per realizzare la centrale di Flamanville, ci sono voluti ben 17 anni, tempi incompatibili con la crisi, i costi e l’emergenza energetica. Dobbiamo invece guardare alla Germania: da quando hanno chiuso le centrali nucleari, nel 2023, le rinnovabili sono aumentate dal 48,9% del 2022 al 62,7% del 2024, mentre il carbone è sceso dal 33% al 24%”.

In Parlamento, però, c’è chi crede fermamente nell’atomo, anche fuori dalle forze di maggioranza. Si tratta, ad esempio di Carlo Calenda, che ieri ha presentato una proposta di legge popolare, supportata da 73.000 firme, che sostiene il ritorno all’energia nucleare in Italia.

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