General Motors, Stellantis, Toyota e non solo, tutti gli impatti dei dazi di Trump su Messico e Canada

I dazi di Trump su Canada e Messico danneggeranno anche l'industria statunitense dell'automobile, sparsa su tutto il Nordamerica. Quanto alla Cina, invece, il presidente riprende da dove aveva lasciato Biden. Tutti i dettagli (e gli effetti per General Motors, Stellantis, Toyota e non solo)

Feb 3, 2025 - 22:03
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General Motors, Stellantis, Toyota e non solo, tutti gli impatti dei dazi di Trump su Messico e Canada

I dazi di Trump su Canada e Messico danneggeranno anche l’industria statunitense dell’automobile, sparsa su tutto il Nordamerica. Quanto alla Cina, invece, il presidente riprende da dove aveva lasciato Biden. Tutti i dettagli (e gli effetti per General Motors, Stellantis, Toyota e non solo)

Come anticipato, l’1 febbraio il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha imposto dazi sul Canada, sul Messico e sulla Cina, accusando i tre paesi di non fare abbastanza per contrastare il narcotraffico e l’immigrazione irregolare verso il territorio americano. L’aliquota sulle merci cinesi sarà del 10 per cento, mentre quella sulle importazioni messicane e canadesi del 25 per cento: fa eccezione il petrolio canadese, fondamentale per le raffinerie statunitensi, che sarà soggetto a un’imposta del 10 per cento.

I dazi entreranno in vigore martedì e sono rilevanti non solo per la loro entità, ma anche perché Canada, Messico e Cina sono i tre principali soci commerciali degli Stati Uniti; Stati Uniti, Canada e Messico, peraltro, fanno parte di un accordo di libero scambio regionale, l’Usmca, che era stato rinegoziato proprio dalla precedente amministrazione Trump.

L’IMPATTO DEI DAZI SULLE CASE AUTOMOBILISTICHE

Una guerra commerciale con i due partner nordamericani, in particolare, potrebbe rivelarsi dannosa per le imprese e i consumatori negli Stati Uniti: nel 2023 il paese ha importato beni dal Messico per 475 miliardi di dollari e per 418 miliardi dal Canada.

Il settore che accuserà di più l’impatto dei dazi sarà probabilmente quello automobilistico, considerato il profondo grado di integrazione tra l’industria statunitense e quelle messicana e canadese: alcune parti che compongono i veicoli attraversano svariate volte le tre frontiere nordamericane prima di venire assemblate nella loro forma finale. Nel 2018 l’amministrazione Trump, nella rinegoziazione del trattato Usmca (precedentemente noto come Nafta), aveva fatto inserire delle regole di contenuto regionale minimo.

La casa automobilistica maggiormente esposta ai dazi è la statunitense General Motors, che più di ogni altra assembla veicoli in Messico, inclusi modelli popolari come i pick-up Chevrolet Silverado e Gmc Sierra. Il mercato nordamericano è il più redditizio per il gruppo: di tutti i veicoli che ha prodotto in questa regione nel 2024, quasi il 40 per cento provenivano dagli stabilimenti messicani e canadesi, ha scritto il New York Times.

Anche Stellantis – che possiede i marchi americani Chrysler, Jeep, Ram e non solo – possiede delle fabbriche in Messico e in Canada: per esempio a Windsor, nell’Ontario, produce le Chrysler Pacifica e le Dodge Charger; mentre a Saltillo, nel Coahuila, assembla un terzo dei pick-up di Ram (la manifattura degli altri due terzi, però, avviene negli Stati Uniti). Di recente la società ha annunciato la ripresa delle attività nello stabilimento di Belvidere, più altri investimenti a Detroit, nell’Ohio e in Indiana.

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Anche la giapponese Toyota, come già General Motors e Stellantis, produce quasi il 40 per cento dei suoi veicoli nordamericani in Canada e in Messico. L’azienda meno esposta ai dazi è invece Ford che, pur avendo degli impianti nei due paesi, assembla la maggior parte delle sue vetture negli Stati Uniti, inclusi tutti i modelli di pick-up di taglia media e grande, molto redditizi: nel 2024 ha prodotto due milioni e mezzo di veicoli in Nordamerica, di cui l’82 per cento negli Stati Uniti, il 16 per cento in Messico e il 2 per cento in Canada.

Le tariffe commerciali volute da Trump colpiranno pesantemente le economie di Canada e Messico, legatissime a quella statunitense: il 90 per cento circa delle esportazioni automobilistiche dei due paesi si dirige negli Stati Uniti.

TRUMP SULLA SCIA DI BIDEN: I DAZI ALLA CINA

Quanto alla Cina, nel 2023 gli Stati Uniti vi hanno esportato beni per 147,7 miliardi di dollari e ne hanno importati per 426,8 miliardi.

I dazi generali del 10 per cento imposti da Trump fanno seguito a quelli annunciati dal suo predecessore Joe Biden lo scorso maggio (e finalizzati a settembre), che a loro volta riprendevano le tariffe della prima amministrazione Trump. Biden ha messo dazi sui veicoli elettrici cinesi, sulle celle solari, le batterie, i semiconduttori, i minerali critici, l’acciaio, i dispositivi medici, le gru portuali e non solo, colpendo un giro d’affari da circa 18 miliardi di dollari l’anno.

Le aliquote erano variabili: dal 100 per cento di quelle sulle auto elettriche al 50 per cento sui semiconduttori, per esempio; minerali critici, batterie e gru erano sottoposte a un dazio del 25 per cento, mentre le celle solari del 50 per cento. Queste imposte avevano l’obiettivo di stimolare gli investimenti statunitensi nella manifattura delle tecnologie e dei dispositivi considerati critici per la sicurezza nazionale, in particolare nei comparti green e tech, proteggendoli dalla concorrenza cinese.

A luglio, inoltre, l’amministrazione Biden aveva annunciato nuovi dazi sull’acciaio e l’alluminio provenienti dal Messico ma non prodotti nel paese. Si trattava, anche in quel caso, di una mossa pensata per impedire alla Cina di aggirare le tariffe statunitensi – precedentemente alzate dal 7,5 al 24 per cento – attraverso la triangolazione con il Messico, che fa parte del trattato di libero scambio nordamericano.