Due emisferi, la recensione del film drammatico tratto da una storia vera
Bárbara e Andrés sono prossimi a diventare genitori. Ma quando a pochi giorni dall’aspettata nascita le acque si rompono, la donna è preda di un dolore estremo e sviene proprio durante le fasi del parto, con conseguenze traumatiche per il bambino. Lucca infatti è stato vittima della situazione, che gli ha lasciato una cicatrice e […]
Bárbara e Andrés sono prossimi a diventare genitori. Ma quando a pochi giorni dall’aspettata nascita le acque si rompono, la donna è preda di un dolore estremo e sviene proprio durante le fasi del parto, con conseguenze traumatiche per il bambino. Lucca infatti è stato vittima della situazione, che gli ha lasciato una cicatrice e gli effetti della paralisi cerebrale, con la quale dovrà probabilmente convivere per il resto della sua vita.
In Due emisferi la madre è consumata dal senso di colpa e anche dopo aver dato alla luce il secondo figlio non ha definitivamente perso la speranza di trovare una cura per Lucca. Un giorno Bárbara scopre l’esistenza di una potenziale, miracolosa, procedura sperimentale, che sfrutta una rivoluzionaria macchina non ancora testata in Messico ma che viene già usata da diverso tempo in India con risultati incoraggianti. La famiglia decide così di partire, rischiando tutto nel tentativo di dare al piccolo una vita migliore.
Due emisferi, la recensione: per un mondo migliore
Il film è basato sul libro autobiografico The Two Hemispheres of Lucca di Bárbara Anderson, nel quale la stessa diretta protagonista ha raccontato la sua esperienza personale. Un film che per via della sua tematica universale e di quelle emozioni forti che ne caratterizzano il tessuto narrativo ha subito conquistato l’audience di Netflix, dove da alcuni giorni è stabilmente alla prima posizione dei titoli più visti.
I Due emisferi del titolo non sono soltanto quelli del cervello ma anche quelli del pianeta, con il Messico e l’India quali location per quest’incredibile, complessa, odissea medica affrontata dalla famiglia, che ha dovuto far fronte alla precarietà del sistema sanitario nazionale mettendosi in gioco in prima persona pur di fare la cosa giusta, segnando anche una potenziale svolta per altri malati in simili condizioni cliniche.
Un approccio previsto
La regista Mariana Chenillo cerca di conferire alla messa in scena uno stile luminoso, corrispettivo di quella narrazione all’insegna della speranza sempre e comunque, anche quando la famiglia si ritrova davanti ostacoli apparentemente insormontabili. Certo una scritta in sovrimpressione prima dell’inizio del racconto ci informa di come alcuni eventi secondari siano stati parzialmente alterati rispetto agli originali, ma il succo della vicenda è ovviamente rimasto intatto, con tanto di filmati amatoriali dei veri protagonisti a scorrere sui titoli di coda.
Tra corruzione e difficoltà burocratiche, la lotta di questi genitori ostinati – soprattutto la madre, consumata da un segreto nel suo passato pronto a venire alla luce nelle fasi finali – rischia di scadere a tratti in un certo patetismo, che forza la mano in almeno un paio di occasioni alla ricerca di una facile commozione, quanto mai facile da ottenere data la sensibilità del tema al centro della storia.
La convincente interpretazione di Bárbara Mori (curiosa omonimia) nelle vesti di questa madre coraggio riesce comunque a dissipare molti dubbi, per un’ora e mezzo di visione comunque consigliata a un pubblico poco cinefilo che sa già cosa attendersi.
Conclusioni finali
Un film a cui piace vincere facile nell’intercettare i gusti del grande pubblico dello streaming, con un racconto drammatico ispirato a una storia vera che ci accompagna nella lotta di una madre, pronta a tutto pur di trovare una cura per la disabilità del figlio, della quale si sente involontariamente responsabile.
Tra Messico e India, Due emisferi segue le immense fatiche di una famiglia pronta a tutto, tra cure sperimentali e una burocrazia medica che sembra più attenta alle logiche economiche che agli interessi dei pazienti. Un film che ricerca emozioni di petto, a tratti furbo e compiacente nel suo caricarsi di una marcata retorica, ma ad ogni modo ottimamente supportata dalla dolente determinazione di Bárbara Mori nel ruolo principale.